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neri e fondi come la notte/ Qui è bello vivere d'amore/ d'amore è ...... Koleda. E.L. James. Cinquanta ... quanta sfumature di grigio, Cinquanta sfumature di nero e.
CULTURANDO

Un pensiero per Endrigo A sette anni dalla morte di Sergio Endrigo, avvenuta il 7 settembre 2005, il suo nome sembra finito nel dimenticatoio: nessun disco, nessuna riedizione, nessun tributo, nessuna apparizione postuma in tv. Sua figlia Claudia, che vive in quella che era la casa del cantautore, sottolinea questo oblio più con amarezza che con rabbia: “La sua vena artistica - spiega - non si era mai esaurita. Ad un certo punto, però, hanno smesso di promuoverlo e di distribuire i suoi lavori. Quindi, ci sono tante cose meravigliose che mio padre aveva realizzato ma che in pochi conoscono perché a quasi nessuno è stata data occasione di scoprirle e di poterle apprezzare. In radio non trasmettono le sue canzoni, non esiste una sua biografia pubblicata da un grande editore, non è possibile acquistare un cofanetto con la sua opera omnia e non c’è alcun premio a lui dedicato”. L’idea di Claudia Endrigo è che gli artisti si mobilino per un omaggio a uno dei più amati cantautori italiani. “Mio padre ha vissuto a Roma per tantissimi anni ma questa città non fa nul-

LA VOCE DEL POPOLO

Il magazzino delle idee

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Fare cultura. A cospetto delle difficoltà del momento

di Carla Rotta

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ulturali (nella denominazione) o meno, sono finite tutte le Estati in giro per la penisola. Quelle che hanno regalato concerti, mostre, esposizioni, tradizioni, folklore, rappresentazioni varie. A dirla tutta, non è più l’estate di una volta. Non ci riferiamo alle condizioni meteo, per quanto anche queste hanno contribuito a rendere diversa la stagione di quest’anno al confronto delle sorelle più grandi, le estati di qualche estate fa. Non è più la stessa estate nemmeno per quel che riguarda i grandi spettacoli che le piazze sapevano proporre. Dignano già dall’anno scorso ha fatto di necessità virtù, proponendo contenuti “locali”, spettacoli allestiti in buona sostanza da associazioni ed enti locali, spesso fruitori dei mezzi di bilancio. In barba alle difficoltà, non propriamente “del momento” come spesso piace dire (forse un po’ scaramanticamente), c’è chi ha visto nella situazione una sfida piuttosto che un ostacolo. Del resto, i sogni sono fatti per rincorrere la loro realizzazione, al di là della congiuntura. Così, nell’Estate (culturale) dignanese si è inserito Germano Fioranti, con la sua galleria “El magazein” (un nome antico per appuntamenti moderni), e con un sogno: aprire le porte del curioso edificio d’angolo tra due vie del cuore storico della località, anche negli altri mesi dell’anno. I

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primi ospiti/visitatori, “El magazein” li ha accolti nell’estate del 2009, e da allora è stato un crescendo. Di contenuti interessanti, innovativi, spesso multimediali, a volte importati, nomi nuovi, nomi noti... mai una serata è stata “già vista”. Sicuramente è sempre stata ben preparata e ben visi-

tata, tanto da fare del “Magazein” un punto d’incontro di artisti, ma anche di amanti dell’arte, sia essa scritta, cantata, fotografata... Incontriamo Germano Fioranti (segue l’intervista a pagina 2, nda) per... incontrare “El magazein”. Un magazzino di idee, colori, contenuti, sogni.

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la per ricordarlo. Mi piacerebbe vedere un grande concerto, a lui dedicato, magari al Circo Massimo. Sono tanti gli artisti che amano il suo repertorio e sarebbe bello se tutti insieme salissero sul palco per un evento i cui proventi potrebbero essere destinati, ad esempio, agli enti che si occupano di animali abbandonati”. Solo Simone Cristicchi proprio venerdì 7 ha ricordato Endrigo con un recital al Belvedere inferiore della Cascata delle Marmore di Terni. Già negli ultimi anni di vita e di carriera il cantautore istriano aveva dovuto fare i conti con due grandi ostacoli: da una parte le case discografiche che non investivano più, in termini di promozione e distribuzione, sui suoi lavori e dall’altra i problemi di udito che compromettevano la sua intonazione. I trionfi al festival di Sanremo, la conquista del mercato discografico sudamericano, i palazzetti brasiliani con ventimila spettatori a concerto, le interpretazioni dei testi di Ungaretti, Pasolini e Vinicious de Moraes sembravano ormai lontani anni luce. Endrigo ne soffriva. Tra le carte rimaste alla figlia Claudia c’è un suo brano mai pubblicato, che è lo specchio dell’entusiasmo, dell’energia creativa e della voglia di rimettersi in gioco che ha accompagnato l’ultima fase artistica del cantautore. S’intitola Le ragazze di Napoli e nel ritornello recita: “Le ragazze hanno sempre gli occhi neri/ neri e fondi come la notte/ Qui è bello vivere d’amore/ d’amore è stupido morire”. Endrigo ne scrisse il testo facendosi aiutare, in alcune parti in lingua napoletana, da Gerry Mottola. La musica la compose a quattro mani con Vincenzo Incenzo, già coautore di Altre emozioni. ”Dipingevano Sergio come un artista difficile, un cantautore malinconico - racconta Vincenzo Incenzo - ma era una persona simpatica, umile e piena di ironia. La prima volta che lo incontrai, in un bar di piazza Mazzini, era entusiasta come un ragazzo alla sua prima canzone. Tirò fuori dalla giacca un appunto scritto tutto in minuscolo a macchina e mi parlò del suo testo con un amore infinito”. Erano i versi di Altre emozioni, la prima canzone scritta insieme e anche l’ultima che ha cantato. E noi come possiamo ricordarlo? Ci sono tanti modi. L’importante è farlo. (dpr)

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Sabato, 15 settembre 2012

INTERVISTA Chiacchierata con Germano Fioranti, gallerista e odontotecnico. Due p

El Magazein, un luogo d’arte. di Carla Rotta

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on Germano Fioranti è facile parlare di tutto. Ti sorprende con citazioni dall’ultimo libro letto, con un “mi dispiace, sono impegnato: sarò al concerto di Morricone”, con un “ho trovato un vecchio documento”, o tiene su la compagnia con qualche barzelletta o eleganti stoccatine. Lo incontriamo per parlare della sua attività di gallerista, che ha affiancato alla professione di odontotecnico e che porta avanti con successo. Chiacchieriamo davanti ad una tazza di squisito tè con i profumi del Libano (“me l’ha regalato la direttrice del museo di...”, e siamo subito in Medio Oriente). Due attività diametrali, quelle di odontotecnico e gallerista. Considerato che l’arte è arrivata dopo, perché occuparsi di arte? Anzi, perché la voglia di fare il gallerista? Io apprezzo l’arte in ogni sua forma. Eppoi, accanto a questo ho avuto la fortuna di avere ereditato un immobile che si poteva prestare a sviluppare un discorso in direzione dell’arte e del gallerismo. Inizialmente avevo pensato di dare contenuti turistici: hai presente quegli alberghetti a conduzione famigliare... però non mi ci vedevo. E a conti fatti, per realizzare un progetto così bisognava investire un mare di soldi e in definitiva sarebbe anche stato necessario cambiare professione. Io la professione l’ho scelta per passione e non la cambierei per niente al mondo. Poi, una seconda variante prevedeva al pianoterra un club di scherma (e non ho ancora completamente rinunciato all’idea), al primo piano la galleria e un teatrino. Questo quello che avevo messo su carta, poi, al lato pratico è andata diversamente. Forse anche perché per tutti questi contenuti gli spazi non sarebbero bastati. Allora ho dato vita al segmento del progetto che prevedeva la galleria. Così, occupandomi di gallerismo, ho messo in funzione un edificio che necessita di investimenti, ma che anche così, da finire, può

Germano Fioranti ben funzionare. Anzi, dà un tocco, un’atmosfera un po’ particolare. Perché “El magazein”, il magazzino? Ma così lo chiamavano i miei. L’edificio all’inizio era una cantina, e probabilmente avrà avuto anche un mulino, tanto che nel pavimento si vedono le tracce del percorso dei cavalli che facevano girare la macina. Quando i miei acquistarono l’edificio, aveva solo il piano terra, e poi con i sassi di una cava che la famiglia aveva in proprietà tirarono su i muri ed arrivarono ad un secondo piano, diciamo, mansardato. Nel ‘29 la famiglia acquistò un altro immobile a Dignano, per cui lasciò perdere “el magazein”, che è rimasto così, incompiuto. Lo usarono come stalla, essiccatoio per i fichi, magazzino... Mi è sembrato doveroso omaggiare gli avi mantenendo il nome dell’edificio. Storia curiosa, però, questa. Sì, forse ricaverò anche uno spazio espositivo, mettendo in evidenza alcune caratteristiche architettoniche dell’edificio ed esponendo documenti e oggetti, i più interessanti, ovviamente, che mi sono passati per mano quando ho pulito l’ambiente per metterlo in funzione. Da quest’anno la galleria si è ampliata anche all’estivo Sì, praticamente il cortile, ma chiamarlo estivo è più interessante. Bisognerà investire anche in questi spazi, ma già quest’anno si è vista l’utilità di uno spazio all’aperto. Quando nasce “El magazein” come galleria? Tre anni fa, nell’estate del 2009.

Maria Consuelo Vargas de Speiss

E nasce con... Con una mostra di Janez Suhadolc, professore universitario, ha insegnato disegno a mano libera all’università di Architettura di Lubiana. Io l’ho conosciuto ad una sua mostra ad Isola, abbiamo discusso della mostra. Esponeva le sue conosciutissime sedie, che poi ha esibito anche qui, a Dignano. E una parola tira l’altra, l’ho invitato a vedere lo spazio del Magazein, sperando anche in qualche suggerimento. È venuto a Dignano, ha visto l’ambiente e mi ha detto, più o meno “mio padre, anche lui architetto, avrebbe detto ‘piramidale!’” Mi ha suggerito di lasciare lo spazio libero, di non chiudere i piani, di mantenere quest’apertura. Io l’ho ascoltato: in fondo si tratta di giudizi autorevoli”. “El magazein” nasce per dare spazio a che cosa? ”Inizialmente credevo solamente alle arti figurative, poi, invece, ho spaziato anche in altro. Dopo Suhadolc, subito nel 2009, c’è stata l’esposizione di Alija Rešić e successivamente dei disegni di Pietro Lucano, che firma l’affresco sul Palazzo municipale di Dignano. Poi si suoi disegni sono stati esposti anche nello stesso municipio l’anno dopo, per S. Biagio, patrono della località. E nella primavera del 2010 c’era stata anche la mostra “Opus graphica”, di Eros Čakić. (E qui va fatto un appunto: per parlare delle esposizioni Germano tira fuori una specie di catalogo personale con invito, manifesto

e media report di ogni singolo avvenimento: quando si dice deformazione professionale! Più precisione di così!) Solitamente la galleria apre in estate. Sì, con progetti che rientrano nel contenitore dell’Estate dignanese. Si potrebbe aprire anche in inverno, ma per fare ciò bisognerà risolvere il problema del riscaldamento. Comunque, nell’estate del 2010 ho inaugurato la stagione con la personale di Martin Bizjak, importanti grandi formati. Poi Bizjak ha esposto anche successivamente una serie di “Sassofoni”. Ed è ritornato Suhadolc con “Nonsolosedie”, perché è un personaggio poliedrico che si occupa di un’infinità di cose. Quali altri appuntamenti hai ospitato, e organizzato, naturalmente. Sì, siamo già al 2011. Assieme alla Famiglia dignanese e alla locale CI la galleria ha proposto la mostra “Dignano e la sua gente”, con 70 opere di artisti di casa, per la precisione 36 sculture e 34 quadri. Mi piace ricordare la personale di Maria Consuelo Vargas de Speiss, che ha messo in mostra quadri di particolare impegno sociale, oltre che artistico, “Refugiados”, accompagnata da un appuntamento anche poetico, essendo Maria Consuelo anche delicata e attenta poeta”. Oltre alla serata con Maria Consuelo, ricordo la curiosa esposizione Rolling stars.. ”Sì, “Rolling stars and planets”. Una mostra iniziata in piazza e rotolata fino alla galleria. È stato possibile realizzarla grazie alla collaborazione con l’Associazione degli artisti di Vienna. In effetti è stata una mostra curiosa: 25 sfere di pilates dipinte, fatte roto-

lare per le strade e appese in galleria come pianeti. E l’esposizione era stata accompagnata da una lezione di Korado Korlević. Giusto. Un intervento interessante e istruttivo. Poi un’altra cosa un po’ diversa era stato l’appuntamento con la street art e il prof. Storelli dell’università di Bologna. Gli artisti sono intervenuti su alcuni edifici cambiandone la fisionomia, dando colore a due case... tristi. Se non sbaglio la galleria ha organizzato anche lezioni. È vero. All’inizio di quest’anno, sempre con l’apprezzata partecipazione di Korado Korlević e di Giulia Codacci Terlević, del MAI di Pola, ho organizzato una giornata di studio e promozione per gli studenti del corso di Cultura e turismo dell’università “Juraj Dobrila”. Hanno avuto modo di conoscere le peculiarità del territorio. Korlevic ha parlato di arecheoastronomia, Giulia di reperti dell’età del bronzo. Poi abbiamo fatto una bella e istruttiva passeggiata per le strade di Dignano. La stagione estiva di quest’anno è stata intensa. Sì, decisamente. Abbiamo inaugurato con Andrija Jakelić e la personale “Omaggio alle pietre”, carboncino su carta di paesaggi mediterranei; poi Tomislav Divic con “Tele e sculture”, Fulvio Juričić con “Dialoghi”, Zlatko Kauzlarić Atač e Stjepan Gračan con “Eros e Tanatos” e la partecipazione di Rade Šerbedžija. C’è stata poi la seconda edizione di street art con “Fuga di cervelli”, sempre con la partecipazione del prof. Storelli. Mi fa piacere esser riuscito ad organizzare anche un “Concerto veneziano”, con il M.o

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professioni portate avanti con passione e successo. E i risultati non sono mancati

E di ricordi di famiglia Rolling stars and planets

Serata con Arnaldo Spallacci, sociologo, autore del saggio “Maschi”

Essere uomo oggi. Tra falsi miti e mutevoli realtà

Claudio Gasparoni e il primo violino della “Fenice”. Questo, devo dire, è stato un ottimo test dell’acustica della galleria. Promossa? Promossa. E c’è stato il fuori programma, a stagione conclusa, di un’esposizione grafica. Sì, una sorta di promozione giovani, con la mostra di Raoul Marini “Un altro paio di occhi”. Mi è piaciuto aprire alla corrente e all’espressione più giovane. Arte visiva, musica, poesia e anche saggistica. Sì, c’è stata anche una serata di dibattito, per la presentazione del libro “Maschi” del sociologo Arnaldo Spallacci. Un momento di riflessione, di confronto, di pensiero. A conti fatti, che cosa vuole essere “El magazein”? “El magazein” vuole essere tutto quello che è stato in questi tre anni e anche qualcosa in più. Perché ci sono sempre idee e proposte nuove, che io sono ben felice di accettare e realizzare. Hai portato anche nomi non facili da, diciamo, reperire, contenuti insoliti e inusuali. Come hai fatto? Mah, guarda, un po’ girando per mostre, un po’ incontrando gente (anche per lavoro), un po’ su suggerimento e proposte di chi è stato ospite della galleria. Sai, il classico “conosco qualcuno che... non so se interessa”. Hai fatto tutto da solo? Ho avuto una bella collaborazione con la storica dell’arte Gorka Ostojić Cvajner, la piacevole disponibilità, oltre che bravura, del duo Alba&Leo. La cultura non paga: come si fa a fare cultura in tempi di magra?

Non è facile. Rientrando nel programma dell’Estate dignanese ho un supporto della Città, una parvenza (e anche quella più che timida) di sostegno della Comunità turistica, ma al 75 p.c. le spese sono a mio carico. Ci rimetto in soldi ci guadagno in soddisfazione. C’è l’impegno di pensare ai contenuti, trovare gli artisti, preparare l’evento. So che sei già proiettato al domani: ci anticipi qualcosa? Sì, una serata con Nevia Gregorovich e poesie di Roberto Stanich, una conferenza di Suhadolc. Sai, hanno depennato il corso di disegno a mano libera all’università di Lubiana. Un po’ Suhadolc se ne è risentito, ed ha fatto anche una sorta di conferenza lezione sul tema. Ha alzato un po’ di polvere. Ha detto ai nuovi corsisti di Architettura: “Compratevi un bell’abito che vi faccia fare una bella impressione, i progetti li potete fare anche al computer. Non farete danno alcuno, tanto le più belle case sono già state progettate.” Credo sarà una conferenza da non perdere. Poi una mostra di Bruno Paladin, poi una mostra di opere di Silvio Pleticos, che vive in Brasile. Ho in questo l’appoggio dell’ambasciata del Brasile in Croazia ed altro. Qual è il pubblico del “Magazein”? Credo sia un pubblico che ormai diciamo appartiene alla galleria. Un pubblico che esiste. C’è chi viaggia per venire proprio al Magazein. Ecco, è diventato un punto di ritrovo per molta gente che porta altra gente. E come ha risposto la gente di Dignano all’iniziativa? Ha risposto in modo tale da lasciarmi senza fiato. Davvero.

Serata di analisi e riflessione, alla Galleria ‘El magazein’, con Arnaldo Spallacci, sociologo e membro del Comitato organizzativo del Centro studi sul genere e l’educazione, presso il Dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Università di Bologna, per il quale ha condotto ricerche sulla costruzione dell’identità di genere nei giovani. L’incontro è servito a presentare “Maschi”, saggio di Spallacci pubblicato da “Il Mulino”, ma poi ha aperto alla discussione sull’universo maschile. Se in passato il maschile come polo dominante del mondo era definito generalmente in termini di prevaricazione e violenza, oggi nel discorso sugli uomini coesistono immagini contrastanti: padri teneri, compagni premurosi e responsabili, ma anche narcisi ossessionati dalla cura di sé, esseri smarriti e depotenziati, in ansia per una virilità fattasi incerta. Che ne è allora dell’identità degli uomini? Il libro spezza il silenzio sul tema e fa il punto sulle trasformazioni dell’esperienza maschile nei suoi diversi aspetti, al di là degli stereotipi, vecchi e nuovi. L’autore affronta innanzitutto il tema del genere, trattando concetti e parole chiave (sesso e corpo, genere e corpo, il genere fa complicità e differenza, l’agenda di genere) per avviare quindi il discorso del maschio fra mito e realtà, il patriarcato, la crisi maschile, la violenza, uomini e padri, il potere, l’omosocialità... in definitiva un discorso a tutto campo, stratificato sugli uomini. E di converso, o di riflesso, sulle donne, perché a conti fatti i comportamenti dell’uno spesso sono o causa o effetto del comportamento dell’altro. Al di là dello sguardo retrospettivo sull’uomo-maschio, interessa l’essere uomo oggi, con le sfide che ciò comporta. Come è cambiato l’uomo? Qual è l’immagine che crea di sé e l’immagine che la società ne riceve? Quanto c’è di atavico nei suoi comportamenti? Quanto pesano le sue paure? Da che cosa deriva la sua crisi? È alla ricerca di sé stesso o si è trovato? Eppoi, quanto in queste sue metamorfosi, in questi adeguamenti, in questi venirsi incontro reciproci siamo a... rischio un po’ tutti? Perché ormai è quasi un dato di fatto: noi donne abbiamo tirato fuori un po’ del maschile che c’è in noi, mentre i maschi un po’ del lato femminile che c’è in loro, e assieme stiamo marciando verso una fluidità che ci porterà ad andarci incontro, a sfiorarci senza però incontrarci. Cambia il rapporto dell’uomo verso sé stesso, quindi, verso la donna, verso i figli. Qual è oggi il rapporto padrefiglio? Stando ad Elisabetta Ruspini si va dai padri tradizionali (quelli che esauriscono il ruolo con l’assicurare il benessere economico alla famiglia e una qua-

Arnaldo Spallacci si disattenzione affettiva nei confronti dei figli), a quelli in trasformazione (e che quindi tengono al rapporto con i figli oltre a quello puramente materiale) ed infine i padri post trasformazione (più che presenti sul piano affettivo). La percezione comunque è quella che i padri di oggi vogliano essere più amici che padri, delegando, per così dire, il ruolo dell’autorità alla generazione precedente, ai propri padri. Ma che qualcosa vada cambiato anche nel rapporto padri – figli, lo dimostra il fatto che spesso in quasi tutte le geografie i padri si organizzino in veri e propri “movimenti dei padri”, intenzionati a riprendersi o a ricucirsi un ruolo più marcato. Va letto con attenzione il rapporto con la donna, anche alla luce dei grandi mutamenti che hanno investito la donna: non ha più paura di volare. Vola. Diventa cacciatrice. Conquista spazi che prima erano stati esclusivamente maschili. Le donne hanno iniziato a cambiare negli anni ‘70, poi negli anni ‘90 hanno dovuto farlo (per adeguarsi?) anche gli uomini. Forse, questa donna in carriera, che non vive più all’ombra ma la proietta, forse fa un po’ paura. In effetti, il cambiamento non è stato dettato dall’amore quanto dal dolore (dice Silvia Vegetti Finzi): diventano più attenti ai gesti, alle parole ai pensieri. L’uomo è diventato preda della pubblicità e della grossa e famelica industria dell’estetica. È della pubblicità soggetto e oggetto. E se per lunghi tempi le automobili le vendevano sinuose donne possibilmente bionde e formose distese sul cofano dell’auto in questione, ora è anche l’uomo a dover essere così o cosà per lanciare il messaggio, ma anche per capire che è indirizzato a lui. Personalmente non posso non compiacermi per il fatto che se per usare un certo tipo di assorbenti bisognava essere campionesse di salto in alto, salto in lungo, lanciarsi col paracadute e simili inezie, mi fa piacere - dicevo che un uomo, per bersi un goccio di un ben identificato amaro

che non diremo, deve per forza avere due amici rimasti in panne con l’aereo in mezzo al deserto proprio mentre sull’immensità di sabbia sta per abbattersi un tempesta biblica. Amici da salvare. Con il reperto archeologico importantissimo e rarissimo che a fare tardi si rischia di perdere. Letta così, la pubblicità, la bottiglia di amaro prenderà la polvere. Ma tant’è. Considerazioni personali sul maschio che cambia e la pubblicità che l’ha capito. Come del resto è cambiata l’immagine dell’uomo al cinema: da John Wayne, che si radeva con in pugnale e che per dopobarba usava il whisky si arriva a Brad Pitt, attentissimo ad ogni più piccolo dettaglio. Passando per lo sguardo di Clark Gable, l’eleganza di Gary Cooper, l’insicurezza di James Dean e via filmando. Davvero, che ne è dell’uomo? Del maschio? Spallacci non dà una risposta. Del resto non era nemmeno nelle sue intenzioni. Offre, partendo da lontano, una spiegazione su quello che è stato il cammino dell’uomo, segnalando quelle che sono state le svolte, constatando quelle che sono state le risposte. Anche alla sua violenza. Resta, la violenza, una vicenda a marchio maschile, ma spesso è anche la donna a ricorrere alle maniere forti. Un esempio su tutti: vi ricordate di Lorena Bobbitt? Beh, era stata forte e tagliente. Il primo grande caso di risposta alla violenza. Da lì in poi, le risposte sono state spesso immediate. Laddove non è stata abbastanza pressante anche la prima battuta. Intesa proprio in senso di violenza. Il viaggio che Spallacci offre nel mondo maschile certamente può aiutare a capire il maschio. Aiuterà a comprenderne i comportamenti, forse anche a guardare con indulgenza (in virtù delle spiegazioni) a questi stessi comportamenti, o forse anche a voler perdonare un po’ meno. Certamente un titolo da leggere. Duecento pagine per “il Mulino”. Con nove cappelli diversi in copertina. Come diversi sono gli uomini. (CRO)

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Sabato, 15 settembre 2012

SCIENZA Smiljan, nella casa natale di uno scienziato prima dimenticato e poi conteso

Tesla: l’uomo che ha inventato il Nikola Tesla

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di Nataša Stuper

l 2012 è stato dichiarato dalle Nazioni Unite “Anno Internazionale dell’Energia Sostenibile”, iniziativa con la quale si è voluto sensibilizzare le persone sul tema dell’accesso all’energia, risorsa che manca ancora in molte parti della Terra. Energia disponibile e accessibile a tutti entro il 2030: è questo uno degli scopi prefissati dalle Nazioni Unite. Raggiungere questo obiettivo coinciderebbe, tra l’altro, con la realizzazione di un sogno vecchio quasi due secoli: infatti, l’energia gratis per tutti (free energy) era già presente nella mente visionaria di Nikola Tesla (1856 – 1943). Il grande scienziato è stato il primo a interessarsi alle energie rinnovabili, che lui definiva “di facile estrazione”. La convinzione di Tesla era che “la trasmissione economica dell’energia senza fili è d’importanza fondamentale per l’uomo. Essa gli permetterà infatti di dominare incontrastato l’aria, il mare e i deserti. L’uomo sarà libero dalla necessità di estrarre minerali o petrolio, trasportare e bruciare combustibili, abolendo così molteplici cause di inquinamento. Il glorioso Sole diventerà il nostro servo ubbidiente. Pace e armonia si diffonderanno sulla Terra”. Tutti noi oggi utilizziamo le sue invenzioni ogni volta che premiamo l’interruttore della luce, accendiamo

e intuizioni di Nikola Tesla. Ciononostante questo grande scienziato viene troppo spesso lasciato nell’oblio e i suoi meriti vengono colpevolmente trascurati. Tesla ottenne circa 300 brevetti in tutto il mondo, alcuni tra cui non sono menzionati mentre altri sono nascosti negli archivi. Si contano comunque circa 272 brevetti assegnati a Tesla in 25 paesi. Grazie al museo a lui dedicato a Smiljan, sua cittadina natale, situata nella bassa Lika, a sei chilometri da Gospić, anche in Croazia ora si possono conoscere meglio la vita e le scoperte di Tesla; prima di questo progetto museale Tesla si poteva conoscere più da vicino nei musei di Belgrado o negli Stati Uniti. All’interno del Centro Memoriale “Nikola Tesla” di Smiljan si ripercorrono la vita e l’opera di questo eccezionale inventore. Promosso dal Ministero della Cultura croato e inaugurato il 10 luglio 2006, in occasione del 150. esimo anniversario della nascita di Tesla, il centro multidisciplinare è immerso in una bellissima zona verdeggiante in cui si possono, già all’entrata, ammirare alcune tra le sue più importanti invenzioni: un modello della turbina senza palette, un prototipo della prima nave radiocomandata (oggi diremmo telecomandata) al mondo e una versione ridotta della sua stazio-

La convinzione di Tesla era che “la trasmissione economica dell’energia senza fili è d’importanza fondamentale per l’uomo. Essa gli permetterà infatti di dominare incontrastato l’aria, il mare e i deserti. L’uomo sarà libero dalla necessità di estrarre minerali o petrolio, trasportare e bruciare combustibili, abolendo così molteplici cause di inquinamento. Il glorioso Sole diventerà nostro servo ubbidiente. Pace e armonia si diffonderanno sulla Terra”

Il secondo piano del museo interamente dedicato alle invenzioni di Tesla

il ventilatore, facciamo partire la lavastoviglie, ma anche quando accediamo alla rete wireless dal nostro telefonino o computer, ascoltiamo la radio o guardiamo la tv. Si può affermare che tutte le più importanti invenzioni degli ultimi due secoli di uso quotidiano si devono alle preliminari invenzioni

Il personaggio viene raccontato in un memorabile film di Krsto Papić

Una biografia carica di risvolti drammatici Sulla vita di Tesla sono stati girati alcuni film. Uno di questi è di produzione croata, ovvero “Il segreto di Nikola Tesla” (Tajna Nikole Tesle) del 1980, di Krsto Papić. Arrivato a New York nel 1884, Tesla si reca da Thomas Alva Edison, con il quale nascerà subito una forte rivalità che si rivelerà il tema predominante nel film. Rifiutati i progetti di Tesla sulla corrente alternata, Edison gli offre un lavoro nella sua azienda, che Tesla accetterà ma abbandonerà presto, infastidito dall’ostilità di Edison. Il successivo incontro con l’imprenditore americano George Westinghouse gli permetterà di realizzare finalmente i suoi progetti. Anche i finanziamenti che giungeranno più tari da parte del noto banchiere John Pierpont Morgan, Tesla inizia a progettare la “Torre di Wardenclyffe” che avrebbe dovuto dimostrare la possibilità dell’uso della corrente alternata nella comu-

nicazione senza fili. Il tutto avrebbe suscitato la rabbia e l’invidia di Edison. L’approccio scelto da Krsto Papić, celebre per i suoi film - verità, è quello di affrontare non solo l’ascesa al successo, seppure breve, di Nikola Tesla, condizionata molto dal rapporto di rivalità tra lui ed Edison, ma anche quello di far emergere la personalità drammatica che si celava dentro lo scienziato. Per fare questo, Papić ha scavato nella sua vita, visitando i luoghi in cui era vissuto e aveva lavorato, dando così una visione estremamente dettagliata della vita di Tesla. Continui flashback riportano Tesla al luogo dove è nato, in Croazia, dove ci ritorna al momento della morte della madre a cui era molto legato. Papić è riuscito a ricostruire perfettamente il difficile personaggio di Tesla, interpretato dall’attore serbo Petar Božović, mettendo in luce l’immagine di un uomo per certi versi

ancora oggi incomprensibile. Un uomo estremamente generoso e ingenuo, tormentato dalla convinzione che l’uomo tenda all’autodistruzione. Un grande visionario, come lo definirono in tanti, anche se lui si è sempre autodefinito “grande inventore”. Krsto Papić non si esime dall’affrontare il delicato tema delle allucinazioni di Tesla nelle quali molti vedevano segnali di pazzia, al contrario dello scienziato che in esse vedeva ispirazioni per le sue invenzioni. A rendere ulteriormente eccezionale questo film è la presenza dell’attore americano Orson Welles, nei panni del ricco americano J.P. Morgan, personaggio che, dopo averli sostenuti finanziariamente, più tardi ha di fatto sotterrato tutti i grandi sogni di Tesla, preferendo alla sua idea programmatica “energia pulita” gratuita e illimitata l’appena scoperta “energia distruttiva” dell’atomo.

ne sperimentale, costruita nel 1899 a Colorado Springs. Quest’ultima è un trasmettitore d’amplificazione usato per condurre esperimenti fondamentali nella trasmissione di energia elettrica senza fili ed energia ad alta frequenza. Questi esperimenti confermano la paternità di Tesla dell’invenzione della radio nonostante questa continui ad essere attribuita a Guglielmo Marconi, che al quale invece va il merito non dell’invenzione in se ma invece quello di averne implementato gli sviluppi applicativi. La guida fa entrare i visitatori in una stanza, disponendoli a semicerchio attorno alla cosiddetta bobina di Tesla, un dispositivo elettrico in grado di generare veri e propri “fulmini”. A luci spente i visitatori tengono in mano un tubo fluorescente. Pochi istanti dopo inizia a diffondersi un ronzio e dalla cima della bobina viene rilasciata una serie di scariche elettriche a filamenti. I tubi iniziano a illuminarsi. Cosa succede? Una delle particolarità della bobina inventata da Tesla è quella di riuscire ad accendere i tubi fluorescenti senza che questi siano collegati ad un impianto elettrico: grazie al campo elettromagnetico che si genera è sufficiente solo avvicinare il tubo alla bobina perché esso si accenda. La visita continua con una mostra permanente - su due piani - allestita all’interno della casa natale dello scienzia-

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Sabato, 15 settembre 2012

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o le cui scoperte scandiscono la nostra quotidianità

l ventesimo secolo

to. Al piano terra si ripercorre la sua vita e viene svelata la sua bizzarra personalità. Tesla e le sue opere vengono collocati nel loro contesto storico e sociale e raccontati attraverso frasi dello scienziato e mostrate in numerose immagini e documenti dell’epoca. La luce e i suoni sono costantemente presenti durante la visita, come lo erano nella vita di Tesla, e aiutano il visitatore a capire meglio l’ambiente in cui visse l’inventore. Il piano superiore è interamente dedicato alle sue invenzioni: si tratta di numerosi prototipi che si accendono e spengono quando il visitatore si avvicina e che possono venir attivati a piacere per capire la loro funzionalità. Tutte le sue invenzioni si basavano unicamente su schemi mentali, senza ricorrere a disegni, progetti o esperimenti. Tantomeno correzioni. Tesla sapeva sfruttare la scienza come Mozart lo fece con la musica. Un’enorme scatola nera cela dei pannelli sui quali sono state stampate alcune tra le frasi più celebri di Tesla: la sua genialità/follia, le sue amicizie (tra cui quella con Mark Twain), le sue visioni. Ed è proprio la sua “geniale follia” che emerge chiara in questo stimolante museo. Fin dall’infanzia Tesla raccontava di vedere lampi di luce che interferivano con la sua vista e che lo facevano spesso estraniare dalla realtà e lo facevano soffrire di allucinazioni. Simili sintomi si ritrovano in quella che oggi viene chiamata sinestesia, un fenomeno psichico che altera la percezione dei sensi (i malati possono percepire per esempio i suoni come colori). Ma lo scienziato sapeva assumere anche comportamenti maniaco-compulsivi e contradditori: ne sono prova la sua ossessione per l’igiene che conviveva con la sua passione per i piccioni, la sua bravura nel dimostrare i suoi esperimenti in pubblico alla quale facevano da contraltare comportamenti per niente sociali quali la sua misantropia con le donne, talmente forte da condannarlo alla castità fino alla morte. Non è questa la sede per ripercorrere in dettaglio la ricchissima vicenda di scopritore e inventore di questo grande uomo; quel che è importante è notare che con l’istituzione di questo museo - e specialmente con l’impianto concettuale di impronta scientifica e attenta alle opportunità espositive che giungono dalla multimedialità – è stato fatto un necessario passo in avanti che finalmente colma almeno parzialmente le grosse lacune finora registra-

Prototipo in scala ridotta della bobina di Tesla, in grado di generare scariche elettriche

te nella promozione e giusta valutazione dell’opera di questo scienziato. Uno scienziato che era guidato dalla ricerca del bene comune dell’umanità (a differenza del suo storico avversario Thomas Alva Edison), molto più che del bene personale in quanto

come disse egli stesso “Il denaro non ha tutto quel valore che gli uomini gli hanno attribuito. Tutto il mio denaro è stato investito in esperimenti, permettendomi di giungere a scoperte che hanno contribuito a migliorare la vita dell’uomo”.

Fin dall’infanzia Tesla raccontava di vedere lampi di luce che interferivano con la sua vista e che lo facevano spesso estraniare dalla realtà e lo facevano soffrire di allucinazioni. Simili sintomi si ritrovano in quella che oggi viene chiamata sinestesia, un fenomeno psichico che altera la percezione dei sensi

Il centro memoriale Nikola Tesla ospitato a Smiljan nella Lika

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VIDEO Ritratti veneti: Andrea Zanzotto

Dietro la cinepresa di Giovanna Pastega di Mario Simonovich

F

ra i tanti, un ricordo d’infanzia, un Andrea piccolissimo impegnato ad assistere il parroco del suo paese alacremente intento a “visionare in anteprima” i film previsti per la proiezione nel cinema parrocchiale e quindi ad aiutarlo ad effettuare i “dovuti tagli” nei tratti delle pellicole con scene di baci troppo ‘spinte’ per l’epoca (eloquente, in tal senso, il film ‘Nuovo Cinema Paradiso’). Un ricordo che costituisce forse uno degli episodi più vividi nel video su Andrea Zanzotto realizzato e diretto dalla giornalista Giovanna Pastega, poco prima della scomparsa di Zanzotto avvenuta il 18 ottobre 2011 a Conegliano, solo otto giorni dopo il novantesimo compleanno (era nato infatti a Pieve di Soligo il 10 ottobre 1921). Sul filo delle domande che gli vengono poste, il poeta rivive la sua lunga esistenza personale e poetica. Vengono così progressivamente alla luce i ricordi di famiglia. Si staglia la figura del padre pittore e decoratore che, fedele all’idea di una fiera contrapposizione al fascismo, porta la famiglia a vivere sui monti del bellunese in modo da poter disegnare e dipingere senza rischiare d’essere perseguitato. Ecco, al suo fianco, la nonna e la zia, donne colte, che gli aprono le porte del mondo delle lettura. Progressivamente la scena si allarga agli eventi che più lo colpiscono, in testa la morte di una sorella, e quindi l’amore per la natura, in

Giovanna Pastega specie quelle colline trevigiane di cui poi non potrà fare a meno. Di pari passo il suo rapporto con la poesia, palesatasi nel 1936 con i primi versi che, con la complicità della nonna e delle zie, era riuscito a pubblicare su un’antologia per la quale aveva versato un piccolo contributo, diventa sempre più intenso. Anche il rapporto con i grandi maesti del-

Andrea Zanzotto la letteratura diviene più stretto, favorito soprattutto dall’iscrizione alla Facoltà di lettere di Padova dove si laurea nel 1942, mentre l’Italia è in guerra, con una tesi su Grazia Deledda. La guerra, ricorda, gli impone anche di “seppellire” nel giardino di casa i suoi versi per salvarli dagli incendi appiccati dai nazisti. Altro episodio di rilievo è l’incontro con Fellini (1970) alla presentazione dei film ‘I clowns’, che si rivelerà molto fruttuoso: sei anni dopo inizierà a collaborare al Casanova e un quadriennio più tardi, nel 1980, scriverà alcuni dialoghi e stralci di sceneggiatura de ‘La città delle donne’. Ripetuti i suoi incontri nel Veneto con il regista e la moglie, Giulietta Masina, diverrà la madrina del Premio Comisso di Treviso. Nel 1983 scrive i Cori per il film ‘E la nave va’ poi pubblicati da Longanesi. L’intervista è arricchita da contributi filmici in cui compaiono la sua casa, i suoi libri, i testi poetici, la famiglia, i momenti cruciali della guerra, l’incontro con i grandi maestri della poesia, documenti e letture di brani tratti dalle sue liriche. È doveroso aggiungere che Zanzotto dà prova di un atteggiamento sociale ben preciso. Interpellato sui riflessi della crisi presente tuttora a livello mondiale specie in campo finanziario, dice trattarsi di una “modernità cannibale” che lo ossessiona: “la stoltezza che circola si palpa come un vento”. E ancora: “La mia cultura è soprattutto letteraria. Per questo mi trovo a inseguire delle realtà con il dubbio di non raggiungere nessuna e benché minima formulazione di un quadro attendibile. C’è qualcosa di azzardato e di friabile in questo nostro presente che sento di non poter controllare”. Ribadito che la distruzione del paesaggio era per lui “un lutto terribile”, rilevava: “Bisogna indignarsi e fermare lo scempio che vede ogni area verde rimasta

come un’area da edificare”. Infine, la presa di posizione politica: “La Padania non esiste, il popolo padano neppure. Questa è una storia più che ventennale di equivoci e spettri”. Il video di Giovanna Pastega fa parte di una serie di dodici, intitolati “Ritratti veneti” in cui ogni volta si propone un viaggio ideale nella vita e nella casa di un personaggio di prestigio, per svelarne il carattere ed il pensiero in una sorta di accurata intervista-confessione in grado di far emergere dagli sguardi e dai piccoli gesti, dalle parole come dai silenzi, l’”anima” dell’interlocutore. Fra gli altri, sono stati “ritratti” Massimo Cacciari, Giancarlo Galan, Pierre Cardin, Marina Salamon, Fabio Testi, Gigliola Cinquetti e Daniele Scarpa. Ogni ritratto è diviso in capitoli e corredato da foto, filmati, documenti inediti. Oltre all’ideazione, l’autrice ha curato la regia, la direzione e la postproduzione. La pellicola è stata proiettata fuori concorso il 22 agosto ad Asolo alla 31.esima edizione di “AsoloArtFilmFestival”. Laureata in Lettere a Venezia, giornalista professionista, Giovanna Pastega inizia ad occuparsi di radio e Tv fin dal 1991, quando conduce il programma radiofonico “Femminile plurale”. Collaboratrice de “Il Giornale”, diviene quindi direttore responsabile della testata giornalistica dell’emittente TV Antenna Tre Nord Est. Oltre ad ideare nuovi format per le emittenti del gruppo, è presente su Radio Venezia e scrive sulla pagina culturale de “Il Piccolo” di Trieste. Ha inoltre scritto e diretto diverse opere teatrali e interpretato un notevole numero di performance. In collaborazione con la Commissione nazionale italiana per l’Unesco dal 2005 partecipa attivamente alla “Giornata mondiale della poesia”, la cui edizione più recente si è svolta al Museo Palazzo Mocenigo di Venezia lo scorso 21 marzo.

VIAGGI Il mio Centroamerica: Pa

Nel paese in di Dino Geromella

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erso il lavoro in Spagna causa crisi, mi rendo conto che non è un momento facile per cercarne un altro. Decido, allora, di partire da solo alla scoperta di posti nuovi. Da soli è più difficile soprattutto in caso di problemi, ma si ha anche la flessibilità di decidere il proprio itinerario in completa autonomia. La mia prima destinazione sarà Panama, con intenzione di proseguire verso Nord, forse fino alla penisola dello Yucatan, ma deciderò on the road, fermandomi di più nei posti in cui mi sento bene. E, alla fine, lo Yucatan lo vedrò solo dall’aereo… L’arrivo a Panama è segnato da una serie di elementi che saranno comuni per tutti i paesi che visiterò in seguito: il proliferare di nuove religioni filocristiane, gli scuolabus americani trasformati autobus locali, l’orgoglio e la convinzione di essere i produttori del miglior caffè del mondo, un proliferare di popolazioni indigene che mantengono la propria lingua e cultura, i sorrisi dei bambini (anche se non hanno mai visto una Playstation nella loro vita). In tutto il Centroamerica, inoltre, i trasporti pubblici sono pieni di messaggi rivolti a Dio affinché porti i passeggeri felicemente a destinazione. Il personaggio ricorrente del mio viaggio sarà Cristoforo Colombo. In passato il mio primo impatto con questo grande personaggio della storia lo ho avuto visitando le isole Canarie. Sembra che il grande esploratore durante i suoi viaggi si sia fermato su numerose isole, mettendo su casa e facendo tanti figli (su ogni isola, con una donna diversa). Anche stavolta Cristobàl Colòn mi ha preceduto, scoprendo quasi tutti i posti che visiterò, dall’arcipelago di Bocas del Toro alla costa honduregna. Bastimentos

Panama è una città cantiere, dove i grattacieli spuntano come funghi, ma la sensazione è che questi non vengano costruiti per la popolazione locale. A farla da padrone è l’Ocean Trump Center, l’edificio più alto dell’America Latina, a forma di vela come la torre di Dubai, un albergo esclusivo, proprietà del magnate Donald Trump, con un coctail bar caratterizzato da piscine a terrazzo, una visita da non perdere. A sbarcare in città proprio in questi mesi è l’architetto Frank Ghery, che sta costruendo un bioparco accanto al mare. In contrasto con i grattacieli che padroneggiano sull’Oceano Pacifico è il casco antico della città. Ed è proprio in queste piccole case in degrado abitate da gente locale che si può assaporare l’anima della città. La buona notizia è che il governo sta investendo molto per dare dignità al centro storico, rinnovando poco a poco tutti gli edifici. Cerco di fotografare una macchina della polizia senza una ruota, e rischio di farmi arrestare. È Carnevale, tutto il mondo si riversa sul lungomare, per quattro giorni di festa senza interruzione. In una città considerata molto pericolosa mi sento sicuro: a causa del Carnevale sul lungomare ci sono più forze dell’ordine che visitatori. Prelibatezza gastronomica del Paese sono i patacones, una specie di chips di banana. Fonte di profitti di Panama è senza dubbio il Canale: i pedaggi vanno dai 1500 dollari per una barca di 5 metri ai 400 mila dollari per un mercantile con 7000 containers. Il Canale permette di passare da un oceano all’altro in 8 ore, e di risparmiare 25 giorni di viaggio per circumnavigare lo Stretto di Magellano. L’influenza degli Stati Uniti è visibile ad ogni passo e non è difficile capirne il motivo: dal 1914 sono venuti qui migliaia di gringos per la costruzione del Canale, che poi hanno gestito per 85 anni. Tant’è vero che la moneta locale, il Balboa, ha lo stesso valore del dol-

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anama, tra le popolazioni indigene che hanno mantenuto la propria lingua

cui i bambini sorridono felici Bocas del Toro

Scuola bus trasformato in linea urbana laro, ed è proprio il dollaro la moneta più usata nel Paese. Pochi metri prima del Canale si attraversa un fiume, dove è possibile vedere coccodrilli. Il coccodrillo, mi spiegherà più avanti Keanu, un bambino guatemalteco di sei anni, ha paura dell’uomo e non si fa vedere molto. Quello che fa impressione nella zona antecedente il canale è un immenso cimitero, costruito decenni fa per sotterrare tutti i francesi impiegati nella costruzione del Canale e che sono morti a causa della febbre gialla. A mezz’ora dalla città si trova Panama Viejo, un insieme di rovine che in Europa siamo abituati a vedere da ogni parte, e la visito senza grande entusiasmo. Mi soffermo su un’icona della Madonna, incorporata di recente tra le rovine, dalle espressioni tristi in volto. Mi chiedo se sarà per gli escrementi di piccioni che ricoprono il suo volto… Voglio visitare l’arcipelago di San Blas, a sei ore da Panama, considerato il secondo posto più vergine al mondo, abitato dagli indigeni Kuna. Causa Carnevale, è impossibile arrivarci. Parto, dunque, in aereo dal piccolo aeroporto di Albrook per Bocas del Toro, altro arcipelago paradisiaco panamense. Neanche a Bocas c’è un posto dove dormire, ma trovo un posto al villaggio di Old Bank nella non lontana isola di Bastimentos. Prima di prendere una barca per Bastimentos, voglio vivere il carnevale bocatoregno. Sulla strada principale di Bocas sfilano diavoli rossi e neri

che frustano i bambini. Non vedo allegria, ma paura, e decido di partire per Bastimentos. Nel frattempo sull’arcipelago sono rimasti senza acqua e corrente elettrica. Jenny, olandese trasferita qui da una vita e proprietaria dell’agenzia Panama’s Paradise, mi spiega che è un evento comune. Un viaggio al buio in una barchetta nel Mar dei Caraibi mi fa paura, ma la luce del plancton al movimento della barca lo fa diventare un’esperienza unica. A Bastimentos il turismo non è ancora arrivato. Dormo in una delle case di Jenny, che vive su un’altra isola, e per mangiare qualco-

sa mi aggrego a una famiglia del posto, sul terrazzo di casa loro, lasciandogli qualche dollaro. La vita qui è lenta, si vive di pesca e si sta tranquilli. L’esatto contrario di Almirante, tappa necessaria in terraferma per raggiungere la Costa Rica: un villaggio decadente dove dominano tristezza e povertà. (1 e continua)

Panama

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Dmitry Glukhovsky Metro 2033 Založba Sanje Amos Oz Zgodba o ljubezni in temnini Mladinska knjiga

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Maja Debelak Iz uma v srce Osobna

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Julie Garwood Odrešitev Mladinska knjiga

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Ian Kershaw Hitler Cankarjeva založba

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Nenad Stipanić Izbacivači Majke Božje Algoritam Mani Gotovac Fališ mi: druga knjiga Profil

German – Hoch Živeti zakon privlačnosti Mladinska knjiga James Patterson Jaz, Alex Cross Mladinska Knjiga Peter Čeferin Moje odvetniško življenje Cankarjeva založba Jo Nesbo Brezskrbno Didakta

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Dušan Mlacović Plemstvo i otok Leykam

Suzanne Collins Kruto maščevanje Koleda

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Ray Cooder Priče iz Los Angeles Šareni Dućan

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Françoise Héritier Il sale della vita Bompiani

Strahimir Primorac Linija razdvajanja Naklada Ljevak

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E.L. James Cinquanta sfumature di grigio Mondadori

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Enrico Deaglio Il vile agguato Feltrinelli

Howard Phillips Lovecraft Kroz dveri snova Zagrebačka naklada

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Andrea Camilleri Una lama di luce Sellerio editore

Mehmet C. Vi mršavite VBZ

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Gianluigi Nuzzi Vaticano Spa Chiarelettere

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Mauro Corona La casa dei sette ponti Feltrinelli

S. Forenbaher, L. Černicki Starim cestama do mora Libricon Jelena Popović Volarić Tatine curice Profil

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Marco Travaglio BerlusMonti Garzanti

Darija Žilić Omara Biakova

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Andrea Scanzi Ve lo do io Beppe Grillo Mondadori E.L. James Cinquanta sfumature di nero Mondadori

IN SLOVENIA P

Jo Nesbø Lo spettro Einaudi

IN CROAZIA P

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I LIBRI PIÙ VENDUTI IN ITALIA

NOVITÀ IN LIBRERIA Le sfumature di una casalinga britannica La trilogia della scrittrice EL James - composta da Cinquanta sfumature di grigio, Cinquanta sfumature di nero e Cinquanta sfumature di rosso (Mondadori) - in questi mesi ha scalato i vertici delle classifiche in Italia e nei vari paesi dove è stata pubblicata e rappresenta un successo mondiale senza precedenti diventando in poco tempo un vero e proprio cult. Erika Leonard è il vero nome di EL James, la quarantottenne britannica autrice della trilogia dedicata alle cinquanta sfumature (di grigio, di nero e infine di rosso): la più discussa storia d’amore e di erotismo del momento che nel mondo ha venduto 20 milioni di copie in 10 settimane ed è stato tradotta in 37 paesi è subito schizzata in vetta alle classifiche anche se la critica l’ha stroncata definendo i libri “una specie di romanzi Harmony, post moderni e più piccanti”. Soprannominata “porn mummy”, Erika rimane una placida casalinga di mezz’età con la doppia vita da scrittrice di libri erotici che stanno facendo genere. Praticamente una semplice storia d’amore con un pizzico di pepe in più. La storia nasce come fan fiction ispirata a Twilight, la nota saga di vampiri, licantropi e… con protagonista una ragazza contesa tra due spasimanti. La storia delle Cinquanta sfumature ha una trama simile: un bello e impossibile, una ragazza bella impacciata ed inammorata, delle complicazioni, dei pretendenti e il dramma delle scelte. Ma il dramma delle scelte, qui, affronta temi ben diversi del vampirismo: parla di dominazione, sadismo e una ricchezza sfrenata. Perciò quante possono essere le sfumature di una persona? Dieci, venti, cinquanta. Tutte con colori diversi, ma quelle di Chris sono grigie, il protagonista del primo libro, un 28,enne straricco, amministratore delegato di un impero che si è costruito con la sua abilità strategica, bellissimo, affascinante e misterioso. Anastasia Steel è una laureanda appassionata di letteratura, bella ma non appariscente, timida e intelligente.

Il loro fortuito incontro per un’intervista scatena l’interesse di Christian Grey che decide di conquistare l’impacciata Ana. Inizia il corteggiamento e con esso si svelano alcuni segreti di Chris: in realtà lui è un Dominatore, un amante del sadismo, fissato con il comando e il controllo. Stipula con le sue Sottomesse un contratto che prevedere regole da seguire e vorrebbe che la sua sedicesima Sottomessa fosse Anastasia Steel. Ma la giovane Ana nonostante sia già innamorata del giovane, non è così propensa a firmare il contratto senza decidere alcune condizioni. La storia si fa avvincente. Sesso (molto), sottomissione, possesso, ma anche il passato triste di Chris, la voglia di indipendenza di Ana, l’amore che arriva pian piano, la diffidenza della ragazza verso certe pratiche estreme che diminuisce, la ricchezza sfrenata che comanda tutto. Ben presto il lettore affonda nella lettura, viene travolto, tifa per uno o per l’altra, o forse per entrambi, meditando anche sulla decisione da prendere davanti a quel contratto, condivide talune scelte e si sente ferito per alcuni atteggiamenti. Fino ad un finale emozionante ed atteso, inaspettato e un po’ triste: dopo aver provato il vero dolore nella Stanza dei Giochi, Ana lascia Chris. Ha paura di dove possa arrivare. Con il Nero si ritrova Ana profondamente turbata dagli oscuri segreti del giovane e inquieto imprenditore Christian Grey. Ha messo fine alla loro relazione e ha deciso di inizia-

Anno VIII / n. 65 del 15 settembre 2012

“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ, supplementi a cura di Errol Superina / Progetto editoriale di Silvio Forza Art director: Daria Vlahov Horvat / edizione: CULTURA Redattori esecutivi: Silvio Forza e Diana Pirjavec Rameša Impaginazione: Annamaria Picco Collaboratori: Carla Rotta, Nataša Stuper, Mario Simonovich, Dino Geromella e Viviana Car La redazione del presente inserto ha consultato i siti: www.knjiga.hr, www.kulturaplus.com, www.sveznazdor.com www.svetknjige.si, www.emka.si, www.librerie.it, www.italialibri.net, e la rivista “Arte” (Giorgio Mondadori Editore)

re un nuovo lavoro in una casa editrice. Ma l’irresistibile attrazione per Grey domina ancora ogni suo pensiero e quando lui le propone di rivedersi, lei non riesce a dire di no. Pur di non perderla, Christian è disposto a ridefinire i termini del loro accordo e a svelarle qualcosa in più di sé, rendendo così il loro rapporto ancora più profondo e coinvolgente. Quando finalmente tutto sembra andare per il meglio, i fantasmi del passato si materializzano prepotentemente e Ana si trova a dover fare i conti con due donne che hanno avuto un ruolo importante nella vita di Christian. Di nuovo, il loro rapporto è minacciato e a questo punto Ana deve affrontare la decisione più importante della sua vita, e può prenderla soltanto lei... Ana nel Rosso ha sempre saputo che amarlo non sarebbe stato facile e stare insieme li sottopone a sfide che nessuno dei due aveva previsto. Lei deve imparare a condividere lo stile di vita di Grey senza sacrificare la sua integrità e indipendenza, lui deve superare la sua ossessione per il controllo lasciandosi alle spalle i tormenti che continuano a perseguitarlo. Le cose tra di loro evolvono rapidamente: Ana diventa sempre più sicura di sé e Christian inizia lentamente ad affidarsi a lei, fino a non poterne più fare a meno. In un crescendo di erotismo, passione e sentimento, tutto sembra davvero andare per il meglio. Ma i conti con il passato non sono ancora chiusi. Questo è il terzo e conclusivo volume della trilogia “Cinquanta sfumature”. Nelle librerie croate la trilogia è di prossima uscita per i tipi della Profil. Viviana Car