67-83 Ammaniti - Infanzia e Adolescenza

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nuità tra le caratteristiche del mondo rappresentazio- nale del genitore e il sistema di cure del bambino co- me fattori di protezione o di rischio per lo sviluppo.
infanzia e adolescenza Vol. 6, n. 2, 2007

Sostegno alla genitorialità nelle madri a rischio: valutazione di un modello di assistenza domiciliare sullo sviluppo della prima infanzia MASSIMO AMMANITI1, ANNA MARIA SPERANZA1, RENATA TAMBELLI1, FLAMINIA ODORISIO1, LAURA VISMARA2 1

Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica, “Sapienza” Università di Roma 2 Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Cagliari

RIASSUNTO: Obiettivo: Obiettivo del lavoro è stato quello di verificare l’efficacia dell’intervento precoce di Home Visiting diretto a rafforzare la qualità della relazione madre-bambino in diadi all’interno delle quali le madri presentano o un rischio depressivo, o un rischio psicosociale, o un rischio sia depressivo che psicosociale. Metodo: Sono state selezionate 38 donne a basso rischio, 39 donne a rischio psicosociale, 37 donne a rischio depressivo e 32 donne a doppio rischio, che sono state assegnate in modo casuale ad un programma di intervento o a un gruppo di controllo. Le donne hanno un’età compresa tra i 20 e i 43 anni. Ad entrambi i gruppi sono state somministrate le seguenti interviste e questionari: l’AAI, l’IRMAG, l’IRMAN, il CES-D e l’SCL-90. Durante il primo anno di vita del bambino sono state effettuate delle videoriprese dell’interazione diadica madre-bambino a 3, 6 e 12 mesi. Risultati e conclusioni: i risultati hanno evidenziato una differente distribuzione delle rappresentazioni materne di sé e del bambino nei quattro gruppi di donne, e l’efficacia dell’intervento precoce di Home Visiting in relazione ad un aumento di comportamenti materni sensibili, a partire dal 6° mese di vita, nel gruppo di donne che hanno ricevuto l’intervento. PAROLE CHIAVE: Gravidanza a rischio, Rappresentazioni materne, Home Visiting. ABSTRACT: Objective: The aim of the work was to test the efficacy of early Home Visiting intervention oriented to enhance the quality of mother-child relationship within dyads in which the mothers were at risk for depression, at psychosocial risk or presented both risks. Method: The sample has been selected as follows: 38 low risk women, 39 at psychosocial risk, 37 women at risk for depression and 32 with double risk, who have been randomly assigned to either the intervention group or the control group. Women were between 20 and 43 years old. AAI, IRMAG, IRMAN, CES-D and SCL-90 have been administered to both groups. During the first year of age of the child the dyadic interaction has been video-taped at 3, 6 and 12 months of the infant. Results and conclusions: Results have shown a different distribution of maternal representations of the self and the child in the four groups and have also shown the efficacy of early Home Visiting intervention with respect to an increase in maternal sensibility within the group of home-visited mothers since the 6th month of the child’s life. KEY WORDS: At-risk pregnancy, Maternal representations, Home Visiting.

prospettiva che integri gli approcci di prevenzione con quelli di promozione, specialmente nell’infanzia, nella fanciullezza e nell’adolescenza (Albee, 1996; Cowen, 2000; Durlak e Wells, 1997; Weissberg e Greenberg, 1998). A tal proposito, negli ultimi anni, si è riscontrata sempre più fortemente la necessità di

■ Introduzione

I risultati delle ricerche più recenti sui programmi di prevenzione hanno messo in luce la necessità di andare al di là di una definizione troppo ristretta di prevenzione, sottolineando l’esigenza di adottare una 67

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pianificare interventi che includano anche la promozione della salute e il miglioramento delle competenze, al fine di ridurre i fattori di rischio e di aumentare quelli di protezione (Cassibba e van IJzendoorn, 2005; Lyons-Ruth e Easterbrooks, 2006; Olds, 2006; Zeanah, Laurrieu, Boris e Nagle, 2006). Nell’ambito degli interventi preventivi rivolti alla famiglia, infatti, la maggior efficacia sembra essere garantita proprio dal sostegno alla relazione genitorebambino (Greenberg, Weissberg, O’Brien, Zins, Fredericks, Resnik e Elias, 2003), non solo prendendo in considerazione il contesto relazionale attuale, ma anche altri aspetti, tra i quali l’impatto delle relazioni passate del genitore con i propri genitori (Fraiberg, 1980), così come studiati dalla teoria e dalla ricerca sull’attaccamento (Emde, Korfmacher e Kubicek, 2000; Fonagy, Steele, Moran, Steele e Higgitt, 1993). Quindi un intervento precoce basato sulla relazione caregiver-bambino può ridurre lo stress e il conflitto, rafforzare il processo di sviluppo dell’interazione, ed attivare e sostenere i processi di sviluppo salienti del bambino. Al contrario, un conflitto o un fallimento nell’interazione fra il bambino e il caregiver può causare stress e generare emozioni negative. Di conseguenza, scambi interattivi meno adattivi, caratterizzati da modalità di cura incoerenti, instabili o scarsamente sensibili, possono avere conseguenze negative per lo sviluppo, come accade nel caso in cui il caregiver soffre di depressione (Field, 1995; Tronick e Field, 1986) o se la famiglia vive in condizione di povertà sociale (Halpern, 1993; Norton, 1990). A tale proposito, gli studi condotti sulla maternità a rischio si sono focalizzati principalmente nell’analizzare il ruolo della depressione e la sua interferenza sull’interazione con il bambino e sullo sviluppo psicologico di quest’ultimo. Sono stati proposti differenti percorsi per spiegare l’influenza della depressione materna sul bambino. Alcuni autori sostengono che i fattori genetici possono avere degli effetti sui bambini più vulnerabili (Zuckerman e Beardsley, 1987), ma anche fattori sociopsicologici come l’incompetenza materna, conflitti genitoriali, scarso supporto sociale e stress socioeconomico (Downey e Coyne, 1990) possono interferire sull’interazione madre-bambino (Campos, Barrett, Lamb, Goldsmith e Stenberg, 1983; Field, 1987). Dunque, sebbene esistano diversi percorsi che possono condurre al rischio infantile, la ricerca ha particolarmente sottolineato l’importanza dello scambio affettivo fra la madre e il bambino. Nel caso di madri depresse, è stato suggerito che un fallimento nella “regolazione reciproca” (Weinberg e Tronick, 1997)

può provocare nel bambino esperienze emotive negative e difficoltà nella relazione con gli altri (Downey e Coyne, 1990). Infatti, in questi bambini è piuttosto frequente riscontrare un profondo nucleo affettivo negativo, caratterizzato principalmente da rabbia e tristezza, da un’attitudine difensiva e da scarsa fiducia. Comunque i risultati ottenuti nei bambini sono abbastanza eterogenei, e vanno da una disfunzione nella regolazione affettiva a difficoltà di interazione, a deficit cognitivi e stili di attaccamento insicuro (Weinberg e Tronick, 1997), tutte difficoltà che tendono a persistere nel seguire degli anni (Downey e Coyne, 1990). Gli studi sull’influenza del contesto familiare a rischio hanno inoltre messo in luce (Garmezy, 1983; Pianta, Egeland e Sroufe, 1990) che in particolare lo stress materno può interferire con il comportamento genitoriale e avere effetti sullo sviluppo del bambino. Sono stati studiati sia gli eventi di vita come indici di stress contestuale, ma anche gli effetti dei singoli stressor. Indubbiamente, la ricerca sugli eventi di vita ha sollevato seri problemi metodologici, come la necessità di andare oltre la valutazione del numero di stressor al fine di esplorare la loro risonanza soggettiva. Rispetto all’interazione fra i diversi stressor familiari, Pianta e collaboratori (1990) hanno trovato solo una correlazione moderata a conferma della necessità di approfondire l’effetto cumulativo degli eventi stressanti e la loro interazione (Rutter, 1979). La prospettiva transazionale si focalizza sulla quantificazione generale delle situazioni di rischio piuttosto che definire la specificità di ciascun rischio (Sameroff, Seifer, Barocas, Zax e Greenspan, 1987). Inoltre nelle famiglie a rischio, è stata dimostrata un’elevata presenza di modelli di attaccamento disorganizzato (LyonsRuth, Repacholi, McLeod e Silva, 1992) con percentuali comprese fra il 28% e il 51%, mentre nelle famiglie a basso rischio le percentuali sono comprese fra il 12% (Main e Solomon, 1990) e il 33% (Ainsworth e Eichberg, 1991). Tale evidenza rende chiaro il legame fra le esperienze traumatiche infantili e il successivo sviluppo emotivo e cognitivo, specialmente per quanto riguarda i casi di abuso fisico o sessuale (Lyons-Ruth e Block, 1993). Inoltre diverse ricerche che si sono occupate in modo preventivo del disturbo infantile e della psicopatologia genitoriale hanno messo in luce una continuità tra le caratteristiche del mondo rappresentazionale del genitore e il sistema di cure del bambino come fattori di protezione o di rischio per lo sviluppo infantile (Ammaniti, Speranza, Tambelli, Muscetta, Lucarelli, Vismara, Odorisio e Cimino, 2006; Ammaniti, 68

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Tambelli, Odorisio, D’Isidori, Vismara e Mancone, 2002; Bosquet e Egeland, 2001; Cohen e Slade, 2000; Downey e Coyne, 1990; Lyons-Ruth, 1999; Olds, 2006; Stern, 2006; Weinberg e Tronick, 1997). A tale proposito numerosi studi (Ammaniti, Candelori, Pola e Tambelli, 1995; Cohen e Slade, 2000; Di Vita e Giannone, 2002; Fava Viziello, Antonioli, Cocci e Invernizzi, 1993) hanno dimostrato l’importanza delle rappresentazioni genitoriali in gravidanza, quali modelli interiorizzati dell’esperienza relazionale passata, per studiare la qualità delle relazioni precoci genitore-bambino. In particolare, durante la gravidanza si verificano sostanziali modificazioni del mondo rappresentazionale materno, in quanto la genitorialità implica nuove dimensioni del sé, e una revisione delle rappresentazioni riconducibili alle prime esperienze di attaccamento (Benoit, Parker e Zeanah, 1997; Manzano, Palacio Espasa e Zilkha, 1999; Priel e Besser, 2001; Slade e Cohen, 1996; Slade e Haft, 1999; Stern, 1995) ed il contenuto e la struttura di queste rappresentazioni costituiscono degli indici dell’adattamento alla gravidanza e al futuro ruolo genitoriale (Ammaniti et al., 2002).

■ La

4. Gli stili di rappresentazione materna possono cambiare dopo la nascita del bambino in relazione alle situazioni a rischio e non a rischio; 5. Esistono delle differenze nell’interazione madrebambino a 3, 6 e 12 mesi nelle donne a rischio e non a rischio che ricevono un intervento di Home Visiting rispetto a quelle che non lo ricevono.

■ Metodologia

Reclutamento e misure di screening Durante la fase di screening, le madri sono state contattate intorno al 5°/6° mese di gravidanza presso alcuni Consultori Familiari dei Servizi Materno Infantili di alcune ASL del Comune di Roma, durante i Corsi di Preparazione alla Nascita. In questa fase preliminare di selezione del campione, ad ogni gestante è stato somministrato il questionario CES-D (Radloff, 1977) per la valutazione della presenza di possibili sintomi depressivi, seguito da un’intervista per la rilevazione e la valutazione dell’esposizione a fattori di rischio psicosociale. Il CES-D: è un questionario self-report costituito da 20 item che fanno riferimento a possibili sintomi depressivi. Il punteggio varia tra 0 e 60. Un punteggio superiore a 16 identifica alti livelli di sintomatologia depressiva, differenziando le popolazioni clinicamente depresse da quelle non depresse. Nel nostro studio, seguendo i punteggi della validazione italiana (Pierfederici, Fava, Munari, Rossi, Badaro, Pasquali Evangelisti, Grandi, Bernardi e Zecchino, 1982), le donne che ottenevano un punteggio superiore al cut-off di 20 sono state considerate a rischio depressivo. L’Intervista sul rischio psicosociale: il rischio psicosociale è stato valutato attraverso la compilazione, al termine di ogni colloquio individuale con la gestante, di una scheda di rischio, in cui venivano identificate e segnalate le seguenti variabili di rischio: assenza del partner, numerosità della prole, assenza del supporto sociale e familiare, storia psichiatrica (della gestante, del partner, dei genitori, dei fratelli e/o sorelle), uso di psicofarmaci, comportamenti devianti e/o antisociali (della gestante e/o del partner), eventi stressanti subiti dalla gestante in precedenza e nell’ultimo anno di vita (aborto, IVG, difficoltà di concepimento, fecondazione assistita, patologie gravidiche, conflittualità con il partner, esperienze precoci di separazione dai genitori, grave conflittualità con la famiglia d’origine, lutti, gravi incidenti, ospedalizzazioni prolungate della ge-

ricerca

Obiettivi e ipotesi In accordo con le premesse teoriche sin qui esposte l’obiettivo principale del nostro studio è stato quello di analizzare l’efficacia dell’intervento precoce di Home Visiting diretto a rafforzare la qualità della relazione madre-bambino in diadi all’interno delle quali le madri presentano un rischio depressivo, un rischio psicosociale, o un rischio sia depressivo che psicosociale. Queste due fattori di rischio sono stati considerati separatamente e nel loro effetto congiunto per esaminarne i possibili e i diversi esiti sull’interazione madre-bambino e sullo sviluppo di quest’ultimo.

Ipotesi operative 1. I modelli di attaccamento materni si distribuiscono diversamente in gravidanze non a rischio e in gravidanze a rischio; 2. Gli stili di rappresentazione materna si distribuiscono diversamente in gravidanze non a rischio e in gravidanze a rischio; 3. Esiste una relazione tra i modelli di attaccamento e le rappresentazioni materne; 69

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stante, perdita del lavoro, maltrattamento/abuso assistito, maltrattamento/abuso subito), ed eventi stressanti del partner. Tutte le variabili sono state considerate equivalenti e dicotomiche (si/no) nel concorrere a definire lo stato di rischio. In presenza di almeno tre o più di tre variabili la donna è stata considerata esposta ad un elevato rischio psicosociale. Sulla base dei risultati ottenuti dall’intervista sul rischio psicosociale e dal CES-D, sono stati selezionati quattro gruppi di donne:

tano sia un rischio depressivo che fattori di rischio psicosociale (gruppo a doppio rischio) e 38 gestanti che non presentano né fattori di rischio depressivo né fattori di rischio psicosociale (gruppo a basso rischio)1. Le madri dei quattro gruppi sono state equamente distribuite in due sottogruppi, quello con intervento domiciliare (gruppo sperimentale) e quello senza intervento domiciliare (gruppo di controllo). Il gruppo sperimentale e quello di controllo non differiscono per i punteggi di depressione e per le variabili di rischio psicosociale (Tabella 1). L’età delle madri va dai 20 ai 43 anni con un età media di 32 anni (M=32.3, ds=4.35), la maggior parte appartiene ad un ceto sociale medio (64%) e ha frequentato le scuole superiori (66.2%). I bambini sono 70 femmine e 76 maschi. Tutte le donne dello studio sono state contattate durante i colloqui di accesso ai corsi di preparazione alla nascita.

1. Un gruppo di donne a rischio depressivo con uno o nessun fattore di rischio psicosociale (CES-D > 20, Variabili di rischio psicosociale =0-1). 2. Un gruppo di donne a rischio psicosociale che hanno riportato livelli molto bassi di sintomi depressivi (CES-D < 10, Variabili di rischio psicosociale > 3). 3. Un gruppo di donne a doppio rischio che hanno riportato livelli molto elevati di sintomi depressivi e la presenza di almeno tre fattori di rischio psicosociale (CES-D > 20; Variabili di rischio psicosociale > 3). 4. Un gruppo di donne a basso rischio, che hanno presentato uno o nessun fattore di rischio psicosociale e bassissimi livelli di sintomi depressivi (CESD