Alessandro Tassoni La vita e le opere L'opera La secchia rapita

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Di origini aristocratiche, Alessandro Tassoni nacque a Modena nel 1565; rimasto orfano in ... secchia rapita, pubblicato nel 1622 a Parigi. Prima del suo ...
Alessandro Tassoni La vita e le opere Di origini aristocratiche, Alessandro Tassoni nacque a Modena nel 1565; rimasto orfano in giovanissima età, fu allevato dal nonno materno e da uno zio. Dopo un’adolescenza particolarmente turbolenta, durante la quale studiò a Bologna e Ferrara, si laureò in giurisprudenza nel 1592, ma continuò a distinguersi per il suo carattere irrequieto e litigioso, ritrovandosi spesso invischiato in liti giudiziarie e risse varie. Nel 1599 divenne primo segretario del cardinale Ascanio Colonna, al seguito del quale si recò a Madrid, dove soggiornò fino al 1603, anno in cui fece ritorno a Roma in veste di amministratore dei beni dell’alto prelato. Alla fine dello stesso anno, sospettato di essere l’autore di due Filippiche contro gli Spagnuoli (edite nel 1615 e probabilmente scritte da lui, anche se le rinnegò con un solenne giuramento), lasciò la famiglia Colonna, ricevendo ospitalità ora dal cardinale Alessandro d’Este ora presso il principe sabaudo Carlo Emanuele I di Savoia, che Tassoni, in alcuni suoi “avvisi” confluiti poi nel fitto epistolario, definì il «più magnanimo principe» del tempo. Nel 1618 venne nominato segretario dell’ambasciata piemontese a Roma, città che lasciò nel 1620 per raggiungere Torino; l’anno seguente, tuttavia, fece ritorno nella capitale al seguito del duca Maurizio di Savoia per assisterlo in occasione dell’elezione del nuovo papa. Dopo quest’ultimo incarico, si ritirò a vita privata in una piccola abitazione presa in affitto alla Lungara, dove si dedicò completamente ai suoi studi. Nel 1632, intanto, veniva invitato alla corte estense dal duca Francesco I che lo nominò “gentiluomo di belle lettere” e a Modena, sua città natale, si spense serenamente nel 1635. Tassoni fu autore di molte opere, tra cui la più famosa è il poema eroicomico La secchia rapita, pubblicato nel 1622 a Parigi. Prima del suo capolavoro aveva scritto le Considerazioni sopra le Rime del Petrarca (1609), nelle quali attaccava con tono fortemente polemico i petrarchisti e la tradizione classicista, e la Varietà di pensieri di Alessandro Tassoni (uscita in diverse edizioni nel 1608, nel 1612 e nel 1620), un bizzarro e affastellato insieme di pensieri, nozioni e ragionamenti vari. Compose, infine, anche liriche di tipo burlesco, presenti in un’esigua raccolta intitolata Rime.

L’opera La secchia rapita Dopo una lunga circolazione manoscritta (in dieci canti) con il titolo La secchia, il capolavoro di Tassoni venne pubblicato per la prima volta (in dodici canti) con il titolo La secchia rapita nel 1622 a Parigi per sfuggire alla censura ecclesiastica; infine fu definitivamente edito a Venezia nel 1630. Si tratta di un poema eroicomico, genere inventato da Tassoni stesso con la fusione di ingredienti letterari epici e 1

comici. I fatti storici narrati risalgono al 1325, ma a essi l’autore mescola, con un evidente anacronismo, l’evento della battaglia di Fossalta (1249) fra i bolognesi guelfi e i modenesi ghibellini e quello della cattura del re Enzo, figlio di Manfredi. La disorganicità del racconto, ottenuta peraltro con la contaminazione di riferimenti storici ed elementi narrativi diversi, è la spia della crisi del genere epico, nella quale l’autore si inserisce con personali valutazioni negative sull’assurdo campanilismo delle città italiane, a cui collega anche la sua satira antispagnola e anticlericale. La trama  Il canto I narra il saccheggio di Modena da parte dei bolognesi, che però subiscono dai modenesi, grazie all’intervento di Manfredi a favore di questi ultimi, il furto di una secchia di legno. Dopo lo scoppio della guerra fra le due città, a cui partecipano anche gli dei dell’Olimpo, e l’intervento, al fianco dei modenesi, di Enzo, che tuttavia viene catturato dai bolognesi (canti II-VI), si crea a Modena, per difendere la città, un esercito di donne, capeggiato da Renoppia: si giunge così a una tregua (canti VII-VIII). Di Renoppia s’innamora il cavaliere Melindo, che però viene sconfitto dal conte di Culagna, ipocrita, vile e ambizioso, il quale, per avere l’amore di Renoppia, progetta di uccidere la moglie. Costei, scoperto il piano del marito grazie al suo amante Titta, fa bere al conte una sostanziosa purga con effetti comici prevedibili (canti IX-X). Dopo un duello fra Titta e il conte di Culagna, si giunge a un’altra tregua, dopo la quale si decide che i bolognesi mantengano prigioniero il re Enzo e i modenesi si tengano la ormai famosa secchia, oggetto dell’aspra contesa (canti XI-XII).

Veleno e purga Uno dei momenti clou della Secchia rapita è il fallimento del “delitto perfetto” ordito dal conte di Culagna ai danni della moglie. Costei, però, gli gioca un brutto tiro: una vendetta a base di purghe. Estremamente comiche e pungenti, queste ottave sembrano ispirarsi al famoso proverbio: «Chi la fa, l’aspetti». [La secchia rapita, X, ott. 50-53]

50

  Il Conte in fretta mangia e si diparte1, ché non vorria veder la moglie morta. Vassene2 in piazza, ov’eran genti sparte3 chi qua chi là, come ventura porta4. Tutti, come fu visto, in quella parte trassero per udir ciò ch’egli apporta5. Egli, cinto6 d’un largo e folto cerchio, narra fandonie fuor d’ogni superchio7.

1.  si diparte: si allontana. Ancora una volta Tassoni evidenzia la viltà del conte che si allontana per non assistere alla morte della moglie. 2.  Vassene: se ne va.

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3.  sparte: sparpagliate. 4.  come ventura porta: a caso (ventura). 5.  in quella … apporta: andarono verso quella parte per ascoltare le notizie che portava (dal campo di battaglia).

6.  cinto: circondato. L’immagine del cerchio di persone che si forma intorno al conte carica l’effetto strabiliante della scena successiva. 7.  fuor d’ogni superchio: al di là di ogni limite.

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  E tanto s’infervora e si dibatte in quelle ciance sue piene di vento, ch’eccoti l’antimonio lo combatte, e gli rivolta il cibo in un momento8. Rimangono le genti stupefatte ed egli vomitando, e mezzo spento di paura, e chiamando il confessore, dice ad ognun ch’avvelenato more.

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  Il Coltra e ’l Galïano, ambi speziali9 correan con mitridate e bollarmeno10; e i medici correan con gli orinali, per veder di che sorte era il veleno. Cento barbieri e i preti coi messali gl’erano intorno e gli scioglieano il seno11, esortandolo tutti a non temere e a dir divotamente il Miserere12.

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  Chi gli ficcava olio o triaca in gola, e chi biturro o liquefatto grasso13. Avea quasi perduta la parola e per tanti rimedi era già lasso14, quand’ecco15 un’improvvisa cacarola che con tanto furor proruppe a basso, che l’ambra16 scoppiò fuor per gli calzoni e scorse per le gambe in sui taloni. Metro: ottave di versi endecasillabi; rime a schema ABABABCC [Trad. di E. Garin]

8.  E tanto … momento: l’immagine del conte che si agita nel raccontare le sue avventure e l’espressione che sembra personificare l’antimonio (ch’eccoti l’an­ti­monio lo combatte), come se fosse un combattente, creano un effetto di grande comicità. 9.  speziali: farmacisti. 10.  mitridate e bollarmeno: rispettivamente un antiveleno e un calmante. 11.  Cento … seno: intorno a lui c’erano cento barbieri (a quei tempi i barbieri face-

vano anche piccoli interventi chirurgici) e i preti con i libri da messa che gli aprivano le vesti (per farlo respirare meglio). La scena così descritta raggiunge un risultato di grande vivacità e dinamismo. 12.  Miserere: è così chiamato il salmo 50, attribuito a Davide, che invoca il perdono di Dio; il Miserere si recita in cerimonie funebri. 13.  Chi … grasso: con l’olio o l’antidoto contro il veleno (triaca), il burro o grasso

liquefatto i presenti tentavano di provocargli il vomito. 14.  lasso: sfinito. 15.  quand’ecco: la comicità irrompe in maniera inaspettata con questo stacco improvviso e il successivo utilizzo di un linguaggio grossolano. 16.  ambra: detta anche «ambra grigia», è una sostanza profumatissima presente nell’intestino dei cetacei ed evacuata con gli escrementi.

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Leggere e interpretare L’elemento tematico del “colpo di scena” domina queste ottaveu della Secchia rapita, che presentano come personaggio principale ancora il conte di Culagna. Ma vediamo L’antefatto brevemente cosa è accaduto in precedenza. Follemente invaghito di Renoppia, guerriera modenese, il conte decide, pur di sposarla, di avvelenare la moglie. Costei, tuttavia, scoperto l’inganno, gli fa ingoiare, con uno scambio di pietanze, una purga, i cui effetti (descritti nelle ottave riportate) si fanno sentire allorquando il conte si trova in piazza al cospetto di una consistente folla. Particolarmente sarcasticau è la scena in cui le persone accorrono in aiuto del protagonista: l’azione è fortemente movimentata, poiché tutti (dai sacerdoti pronti alle preghiere ai medici accorsi con i farmaci) pensano che il conte sia stato avvelenato. Ma la situazione tragica sfocerà alla fine in una comica sorpresa. Avvalendosi dell’uso del “meraviglioso”, in evidente chiave barocca, e della tecnica della rispondenza fra stile e contenuto, Tassoni congegna una serie di indimenticabili scene Una esilarante comiche aventi come protagonista il ridicolo conte. Attraverso la numerosa presenza di comicità verbi, che ben sottolineano il carattere mosso dell’azione, e i brevi periodi si sottolinea, quasi in moderno stile giornalistico, l’immediatezza delle scene. Ne vien fuori un quadro tragicomico, che esprime peraltro la valutazione negativa dell’autore nei confronti dell’Italia del tempo. Le frequenti allitterazioniu (moglie morta, fandonie fuor, ott. 50; correan con, ott. 52) e le ripetizioni anaforicheu (chi qua chi là, ott. 50; Chi…chi, che…che, ott. 53) sono indice di una ricercata aulicità, rotta dall’introduzione di un linguaggio ironico e grottesco, culminante con la sboccata e triviale espressione quand’ecco un’improvvisa cacarola. A essa alla fine viene sostituita la raffinatissima parola ambra, indicante, invece, per un sottile gioco di antitesiu linguistica, una sostanza profumatissima.

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