atlantismo e uso della forza oltre confine nella geostrategia del ...

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confini nazionali: alla Seconda. Guerra Boera, 1899, risale il primo esempio di partecipazio- ne delle forze canadesi ad ope- razioni oltre confine, con ben.
ATLANTISMO E USO DELLA FORZA OLTRE CONFINE NELLA GEOSTRATEGIA DEL CANADA di Gianluca Sardellone

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aese fondatore della NATO, storico fornitore di truppe per operazioni di peace-keeping, trait d’union tra Europa ed USA sotto l’aspetto storico e culturale e, dal 1986, membro del G-8: bastano queste poche, sommarie indicazioni per cogliere i punti fondamentali della geostrategia del Canada, un paese vasto 9 milioni di kmq (con “soli” cinquanta milioni di abitanti), terzo al mondo per superficie dopo Russia e Cina, ricchissimo di risorse minerarie e, quindi, ritenuto, un attore di primaria importanza negli equilibri strategici internazionali. Diversamente dalla gran parte dei suoi partners atlantici, il Canada ha potuto beneficiare, sin dalla nascita nel 1867, di una lunga fase di pace sul piano interno: questa perdurante stabilità ha rappresentato un formidabile fattore di potenza ed ha permesso al paese stesso di entrare nei principali organismi multilaterali (NATO e Nazioni Unite in primo luogo) e di giocare un ruolo da protagonista nella stabilizzazione di varie regioni. Last but not least, il Canada ha varato una geostrategia dinamica, facendo delle proprie forze armate un importante strumento da impiegare fuori dai confini nazionali: alla Seconda Guerra Boera, 1899, risale il primo esempio di partecipazione delle forze canadesi ad operazioni oltre confine, con ben 8000 soldati che combatterono valorosamente al fianco delle forze di Sua Maestà nelle principali battaglie, fino a quella decisiva di Paardeerberg. Quell’evento ebbe un’enorme rilevanza nella successiva evoluzione della politica di sicurezza del Canada e nel contestuale processo di emancipazione dall’ex Madre Patria.

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Kandahar (Afghanistan) Soldato canadese rende gli onori alla sua bandiera

Dopo aver partecipato attivamente a ben due conflitti mondiali, il Canada, di fronte al nuovo ordine mondiale emerso dopo il 1945 con la divisione della Germania e la contestuale ascesa dell’URSS di Stalin quale superpotenza planetaria, ha superato qualsiasi velleità isolazionista e si è impegnato, in maniera convinta, nella realizzazione di un nuovo ordine mondiale ispirato ai principi liberal-democratici. Nel 1949, insieme con altri undici paesi ha dato vita all’Alleanza Atlantica per proteggere, sotto l’ombrello atomico statunitense, l’Europa dalla minaccia sovietica. L’esplosione della guerra tra le due Coree, sostenute, rispettivamente, da USA e Cina (1950) ha rappresentato il primo banco di prova per il Canada ormai saldamente ancorato al sistema di sicurezza euro-atlantico. Nei tre anni di guerra, infatti, il Canada, impiegando ben 27mila uomini, ha abbracciato in pieno la teoria del domino: sarebbe stato, cioè, necessario garantire in ogni modo la sopravvivenza della Corea del Sud quale entità statuale indipendente poiché una vittoria comunista avrebbe alterato negativamente l’equilibrio di potere non solo nel Pacifico ma in tutto l’Estremo Oriente (le medesime valutazioni avrebbero indotto il Canada, nel 1956, ad intervenire nella guerra arabo-israeliana per il controllo del canale di Suez nazionalizzato dall’Egitto di Nasser sostenuto dall’Unione Sovietica).

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IL CANADA NELLE DUE GUERRE MONDIALI A dispetto della lontananza geografica, il Canada ha profuso un notevole impegno militare in Europa fin dal 1914. Nella Prima Guerra Mondiale, un milione di canadesi (un settimo dell’intera popolazione) hanno combattuto al fianco delle potenze dell’Intesa contro gli Imperi Centrali, pagando un prezzo salato, con oltre duecentomila tra morti, feriti e dispersi. Battaglie campali tra cui Ypres e scorta a svariati convogli in transito nel Pacifico hanno visto protagonisti i militari canadesi, capaci di palesare una notevole capacità di resistenza in una guerra, quella di trincea, ad elevato potere di logoramento psico-fisico. Quest’impegno, peraltro, è valso al Canada l’ammissione nel 1919 alla nascente Società delle Nazioni ma, al contempo, non ha indotto il paese a recedere, nonostante l’appartenenza al Commonwealth, dal proprio isolazionismo. A distanza di neppure vent’anni ed incurante della lontananza geografica, il Canada è intervenuto nuovamente in Europa il 3 settembre 1939, due giorni appena dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Schieratosi al fianco di Francia e Regno Unito contro la Germania nazista, ha visto oltre un milione di suoi soldati combattere fino al 1945 su base volontaria (la leva obbligatoria sarebbe stata introdotta successivamente) e ben 42 mila di essi perire. Le forze aeree e terrestri canadesi hanno operato nell’Atlantico, sui cieli europei, in Italia, Normandia, Belgio, Olanda ed Hong Kong: la marina canadese, per contro, ha contribuito a contrastare le unità dell’Asse nel Pacifico, nelle Aleutine prima e presso le coste giapponesi poi, costituendo, insieme con le unità britanniche, una sorta di forza congiunta nel contesto del Commonwealth. Ma è stato soprattutto in territorio europeo che le forze canadesi hanno avuto modo di distinguersi, sia pure pagando un costo sanguinoso in termini di vite umane: le battaglie di Overlord e Dieppe, lo sbarco alleato in Sicilia e la battaglia della Schelda (che permise la liberazione dell’Olanda, sia pure dopo ben dieci mesi di scontri, grazie all’impegno della Prima Armata) restano pietre miliari non solo nella storia militare canadese ma anche in quella dei rapporti euro-atlantici.

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Soldati Canadesi in Afghanistan

Con l’inizio della guerra fredda e la cristallizzazione del sistema internazionale attorno al binomio USA-URSS ed ai due blocchi ad essi afferenti, il Canada, membro fondatore della NATO, ha contribuito attivamente alla creazione della CSCE ad Helsinki nel 1975: pur segnando l’accettazione, da parte occidentale dello status quo emerso a Yalta nel 1945 e dell'intangibilità delle frontiere post belliche, la CSCE avrebbe creato le premesse per la disgregazione del sistema comunista avvenuta nel 1989. La fine del confronto bipolare USA-URSS non ha ridotto la rilevanza del Canada negli equilibri strategici mondiali: cristallizzato l’assetto politico-territoriale dell’Europa, attraverso l’Unione Europea, e ridottasi l’importanza dell’Africa e dell’America Latina, un tempo terreno di confronto nella cosiddetta strategia periferica delle Grandi Potenze, la nuova sfida geopolitica del III Millennio si è spostata sui ghiacci del continente artico, il solo a non essere stato inglobato nell’ordine mondiale di Versailles prima e Yalta poi. Sotto quest’aspetto, il Canada gioca un ruolo determinante: all’internazionalizzazione de iure dell’Artide, sancita dal trattato di Washington del 1959, che proibiva attività militari ed esperimenti atomici, consentendo solo studi scientifici, infatti, non è seguita quella de facto: il continente ghiacciato è oggetto delle mire geopolitiche di Russia, Canada e Norvegia protesi alla ricerca delle risorse energetiche che si stima possano esservi presenti in misura massiccia. Nonostante la riduzione nel budget per la Difesa stabilito nel 2010, il Canada, per tutelare i propri interessi e non vedere ridotto il proprio ruolo regionale, ha dato impulso all’Operazione Nanook con il dispiegamento di una componente marittima di circa 1000 uomini nell’Artico, supportato dal primo C-17: questa decisione segnava la prosecuzione di un disegno strategico avviato nel 2007 e finalizzato a contenere il principale competitor, la Russia. La fine della guerra fredda e la contestuale scomparsa delle eleganti certezze ad essa correlate non ha comportato un revirement in quello che, tradizionalmente, è un leit-motiv della politica di sicurezza canadese: l’impegno mi-

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litare su scala globale. Come avvenuto nei due conflitti mondiali, il Canada ha continuato ad operare manu militari in Europa intervenendo proprio nei Balcani. Focolaio di ben due conflitti globali, il sud-est europeo aveva visto riaccendersi le rivalità etnico-nazionalistiche in Croazia, Slovenia e Bosnia, retaggio degli instabili equilibri prodotti dai trattati di pace del 1918. Gli attacchi terroristici dell’11 settembre, oltre ad imprimere una svolta epocale nelle relazioni internazionali ed avviare la lotta al terrorismo su scala planetaria, hanno visto il Canada, ancora una volta, pronto ad intervenire al fianco di un paese amico, gli USA, sostenendo l’applicabilità dell’articolo 5 del Trattato NATO (attacco non provocato ad un paese membro) anche in presenza di un attore non statuale (Al Qaeda) ed il conseguente obbligo, da parte di ciascun alleato, di fornire aiuto politico-militare agli USA. Questa scelta di campo, portando ad una maggiore cooperazione nel campo dell’intelligence e della sicurezza, ha rinsaldato la tradizionale special relationship tra USA e Canada e confermato il principio dell’unicità della sicurezza nel continente americano. Il paese, aderendo ad Enduring Freedom, aveva deciso di schierarsi in maniera risoluta contro la multinazionale del terrore di Osama Bin Laden: in quest’ottica va letta la partecipazione, nel contesto della cosiddetta NATO Standing Naval Force Atlantic (STANAVFORLANT), alle operazioni di interdizione marittima nel Golfo dell’Oman e nel Mar Arabico, per contrastare il terrorismo internazionale (collegato alla piaga della pirateria) e la proliferazione di armi di distruzione di massa e tecnologie dual-use.

Militari Canadesi all'aeroporto di Kandahar

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Militari Canadesi all'aeroporto di Kandahar

Quello con gli USA è un rapporto che merita qualche approfondimento. La cooperazione sui temi della sicurezza nel continente americano risale al 1940: l’accordo di Ogdensburg, riconoscendo l’unità della sicurezza del Nord America, ha dato il via ad una serie di accordi in tema di Difesa (oltre ottanta) e Memorandum of Understanding tra i rispettivi Dipartimenti della Difesa (oltre duecento). Nel 1957 un accordo per la difesa aerea del Nord America ha segnato il primo passo di quello che, nel 1981, sarebbe diventato un sistema integrato di difesa denominato NORAD (Comando Aerospaziale del Nord America). Attivo sin dai tempi della guerra fredda, il NORAD, nella geostrategia dell’Amministrazione americana guidata da George Bush jr., avrebbe dovuto essere ulteriormente sviluppato fino alla creazione di un sistema missilistico congiunto ed agire in sinergia con il Planning Group creato nel 2002 per coordinare le operazioni terrestri ed aero-navali in caso di attacchi terroristici o disastri naturali. Canada ed USA, stante l’evoluzione del quadro strategico europeo e lo sviluppo della cosiddetta Identità di Sicurezza e Difesa, “attenzionano” gli sviluppi di una Difesa continentale non inquadrata nel contesto-NATO: il Canada, in particolare, ha temuto una diminuzione della propria importanza negli equilibri della NATO determinata da una più forte componente militare europea.

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Diversamente da quanto avvenuto nel 1991, quando aveva aderito alla coalizione impegnata nella Guerra del Golfo e nella liberazione del Kuwait, il Canada non ha seguito lo storico alleato nell’operazione Iraqi Freedom, essendo per nulla in sintonia con l’unilateralismo della politica di sicurezza dell’Amministrazione Bush jr. I rapporti bilaterali hanno, così, conosciuto una fase di forte down-grade, che si è interrotta solo con l’elezione alla Casa Bianca di Barack Obama e la contestuale decisione di ritornare ad un maggiore coinvolgimento dei partners atlantici nelle grandi questioni strategiche. Il new-deal avviato dagli Stati Uniti ha permesso il rilancio della cooperazione strategica con il Canada ed un rinnovato impegno nella lotta congiunta al terrorismo di matrice qaedista, nonostante la decisione canadese di varare una exit-strategy dall’Afghanistan. Convinto che non fosse possibile proseguire sine die la missione, il governo canadese, il 16 novembre 2010, ha annunciato il ritiro, entro il 2011, delle proprie forze (quasi tremila uomini con pezzi di artiglieria, veicoli corazzati ed elicotteri da trasporto) e la contestuale volontà di mantenere in Afghanistan, fino al marzo 2014, solamente un’aliquota di 950 addestratori militari e 45 consiglieri di polizia con compiti di mera assistenza umanitaria e senza ruoli di combattimento. Attualmente sono circa cinquecento i militari canadesi in Afghanistan inquadrati nell’Operazione Attenzione. Fino alla dead-line del luglio 2011, il Canada, guidando il Team di Ricostruzione della insidiosa provincia di Kandahar, ha svolto un ruolo di grande responsabilità nel martoriato paese centro-asiatico: il passaggio delle consegne tra il generale canadese Milner, responsabile della Task Force a Kandahar, ed il colonnello americano Wood ha chiuso una fase della storia militare canadese ma, al contempo, ne ha aperta una nuova. La lezione appresa in Afghanistan è, infatti, servita ai vertici politici e militari per preparare il paese alle minacce asimmetriche del XXI secolo e svecchiare un sistema di warfare ancora troppo legato agli schemi della guerra fredda: la nuova dottrina denominata “Land Operations 2021: adaptive dispersed operations”, oltre a rilanciare la cooperazione con USA e Gran Bretagna, ha cercato di colmare le carenze in tema di equipaggiamento, addestramento e proiezione della forza che i numerosi Libri Bianchi della Difesa pubblicati dopo il 1989 avevano individuato ma che erano stati palesati dall’attività sul campo con le forze americane. I primi risultati positivi di questa Rivoluzione negli Affari Militari sono stati evidenziati durante la campagna Odyssey Dawn in Libia al fianco di USA, Francia e Regno Unito volta a implementare la risoluzione ONU 1973 e imporre una no-fly-zone contro le forze lealiste del Colonnello Gheddafi: in quell’occasione il Canada, inviando aerei e navi da guerra, è apparso determinato a diffondere la democrazia su scala globale e convinto che, come avvenuto in Kossovo, la NATO debba agire anche fuori dai limiti geografici stabiliti dal Trattato del 1949 (cioè i confini dei paesi membri) quando sono ■ in gioco i diritti umani o esiste un rischio di genocidio.

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CANADA E MISSIONI MULTINAZIONALI Le forze armate canadesi constano, nel complesso, di 65 mila uomini divisi tra esercito (35mila circa), marina (11mila) e aeronautica (19900), con 4500 guardie costiere e 34mila riservisti. Negli ultimi anni, alla luce del mutato contesto internazionale e delle nuove minacce asimmetriche, stanno vivendo una fase di espansione e riorganizzazione che, una volta ultimate, dovrebbero portare a 70mila gli effettivi e 30mila i riservisti. Sotto l’aspetto organizzativo, afferiscono a quattro comandi operativi congiunti: il CANADACOM (responsabile di tutte operazioni interne con sei sub-comandi regionali), il CEFCOM (comando delle forze di spedizione, preposto a tutte le operazioni internazionali), il CANSOFCOM (operazioni speciali e forze ad esse preposte), il CANOSCOM (logistica, movimento, servizi di genio, assistenza sanitaria, comunicazioni a supporto di CANADACOM e CEFCOM). Dal 1948 ad oggi, oltre a combattere ben due guerre mondiali fuori dai confini nazionali, sono stati più di 100mila i militari canadesi che hanno partecipato alle missioni ONU nei vari angoli del pianeta: tagli nel budget della difesa e riorganizzazione delle forze hanno, tuttavia, prodotto, a partire dal 2008, una minore presenza in simili contesti e fatto scivolare il paese oltre il trentesimo posto quanto a contributi alle operazioni di peace-keeping. Dopo il devastante sisma del 2010, il Canada ha inviato personale medico, del genio e soldati a supporto della sicurezza di Haiti: alla missione militare, che comprendeva duemila uomini, si è sostituita una task-force guidata da un’agenzia civile e la presenza canadese in MINUSTAH (Operazione Amleto) si è ridotta a soli cinque uomini. Non si trattava della prima missione canadese ad Haiti: nel biennio 1996-1997, infatti, le forze canadesi vi avevano condotto l’Operazione Standard and Stable al fine di salvaguardare il fragile assetto politico-istituzionale dell’isola. Il Canada è presente nei Balcani: il ritiro dalla Bosnia-Erzegovina, dopo ben diciannove anni, non ha comportato la fine dell’impegno militare in loco e l’Operazione Kobold è il contributo canadese alla missione NATO in Kosovo. L’aeronautica canadese ha svolto un ruolo importante in Bosnia e Kossovo, mentre le forze di terra hanno operato nei contesti SFOR e KFOR: all’inizio del 1999 diciotto aerei canadesi hanno partecipato all’Operazione Allied Force contro la Serbia, conducendo ben 678 sortite armate (il 10% circa di quelle complessivamente condotte dalla NATO). Di questa complessa macchina bellica, restano, attualmente, due uomini (in sede OSCE) in Bosnia ed una decina in Serbia (nei contesti NATO ed OSCE). Da segnalare è anche la presenza del Canada in vari paesi dell’Africa: i suoi uomini partecipano alle missioni ONU in Repubblica Democratica del Congo (MONUSCO, Operazione Crocodile) con dieci osservatori, in Egitto (MFO, operazione Calumet) con ventotto uomini inquadrati nella forza multinazionale in Sinai creata per monitorare l’accordo di pace tra Egitto ed Israele siglato a Camp David nel 1978 ed im-

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pedire il transito illegale di armi verso la Striscia di Gaza. Con otto uomini, inoltre, il Canada è presente nell’Operazione Sculpture in Sierra Leone (IMATT) guidata dalla Gran Bretagna, mentre sono cinque gli osservatori impegnati in Sudan nei contesti UNAMIS e UNAMID. Il Canada è stato presente nella missione UNMEE lungo il confine tra Etiopia ed Eritrea e nella forza internazionale denominata INTERFET che ha operato a Timor Est dopo l’indipendenza dall’Indonesia. All’impegno profuso nel peace-keeping va aggiunta la presenza in varie esercitazioni bilaterali con gli USA nonché a complesse manovre multinazionali. Il Canada è presente nell’Operazione “Sextant”, contributo alle navi da guerra della NATO che pattugliano l’Oceano Atlantico ed il Mediterraneo e le unità operano in modo integrato nel contesto dello Standing NATO Response Force Maritime Group (SNMG-1): creata nel 2005, la SNMG-1 è uno squadrone navale con incrociatori e fregate di vari paesi NATO che operano sotto il comando del Quartier Generale di Northwwood (Regno Unito) e di cui fanno parte Belgio, Gran Bretagna, Canada, Danimarca, Germania, Olanda, Norvegia, Polonia, Portogallo, Spagna e USA. Le navi da guerra di Canada ed USA prendono parte, ogni due anni, all’esercitazione denominata “Trident Fury” e questa cooperazione ha trovato ulteriore sviluppo grazie all’esercitazione TGEX 2-10 (alla fine del 2010), ove erano previste attività di caccia ai sottomarini, warfare anti-aereo, ricerca e soccorso, operazioni di interdizione navale finalizzate al contrasto di pirateria e traffico di droga. Rim of the Pacific (RIMPAC), a sua volta, è un’esercitazione multinazionale finalizzata a migliorare la capacità delle forze canadesi di operare in contesti multilaterali in attività di difesa aerea, warfare in ambiente terrestre e sottomarino, attività di sminamento ed anfibie: il Canada vi prende parte, ininterrottamente, dal 1971. Nel 2008, RIMPAC ha coinvolto dieci nazioni, 35 unità navali, sei sottomarini, oltre 150 aerei e 20mila uomini provenienti dalle varie forze armate di Australia, Canada, Cile, Giappone, Olanda, Perù, Sud Corea, Singapore, GB ed USA. La marina canadese, inoltre, insieme con quelle di USA, Cile ed Australia, conduce annualmente esercitazioni denominate “Nanook”, mentre le forze aeree sono presenti in Maple Flag, un’esercitazione internazionale della durata di quattro settimane che fornisce addestramento al combattimento aereo simulando scenari ostili in un ambiente accademico ma estremamente realistico. Last but not least, attualmente, sono circa trecento i militari canadesi che, nel contesto NATO, sono dislocati negli USA e duecentottanta quelli in Germania.

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