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disabili, Unasam (l'Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale) ..... finale per l'anno finanziario 2012 e per il triennio 2012-2014 è pari dunque ad ...
Politiche per le disabilità news Numero 21 luglio 2012 Periodico telematico a cura dell'Ufficio Politiche per le Disabilità CGIL Corso d'Italia, 25 00198 Roma e-mail [email protected] [email protected]

NOTIZIE

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Welfare: da pag. 3



Lavoro: da pag. 11



Scuola: da pag. 17



Europa: da pag. 20



Varie: da pag. 22

WELFARE Patronati Italiani nel mondo - invalidita' civile - Bartoli dall'Inca (comunicazione):"lo scadalo dei Pag.3 ritardi per l'accertamento sanitario. tutta colpa delle Asl" Sì ai congedi per l'assistenza ai disabili se richiesta dall'ospedale

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Livelli essenziali di assistenza, risoluzione impegna il Governo ad una "corretta attuazione"

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Spending review: 7,9 miliardi in meno alla sanita' entro il 2014

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Ora anche i disabili mentali potranno assicurarsi contro malattie e infortuni

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Povertà e disabili, boom di richieste di aiuto al patronato

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Inca Cgil: aumentano le domande relative alle pensioni per stranieri e per la tutela delle persone Pag 10 disabili

LAVORO Lavoro disabili e riforma Fornero: piu' posti grazie ai nuovi riconteggi

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720.000 disabili per infortuni sul lavoro o malattie professionali

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Più posti ai disabili con i nuovi conteggi

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Disabili psichici e lavoro: genitori delusi dal Sottosegretario Guerra

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Legge 68/99 e inserimento lavorativo: a Roma nasce un forum permanente

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SCUOLA Riconversione su sostegno: il Miur procede tra le proteste dei docenti specializzati

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Integrazione, Profumo sostiene disegno di legge dell’osservatorio

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Integrazione scolastica: Miur e Ministero della Salute firmano un protocollo

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EUROPA Disabilità: ora l’Europa rappresenta il mondo!

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Povertà e inclusione sociale: crescere i fondi europei

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VARIE Rapporto Istat su poverta': le persone con disabilita' sono ancora ignorate!

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Rapporto Istat sulla povertà, "ignorata la disabilità intellettiva"

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Disabili: Argentin (Pd), piu’ sostegno per vita sociale, lavoro e scuola

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Famiglie con disabili e “povertà energetica”: fino a 3 mila euro per l’elettricità

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PATRONATI ITALIANI NEL MONDO - INVALIDITA' CIVILE - BARTOLI DALL'INCA (COMUNICAZIONE):"LO SCADALO DEI RITARDI PER L'ACCERTAMENTO SANITARIO. TUTTA COLPA DELLE ASL" Sull'invalidita' civile e lo "scandalo dei ritardi per l'accertamento sanitario" interviene con un approfondimento "Esperienze" il periodico del Patronato INCA della CGIL che entra nel contesto dell'attivita' del Patronato per approfondire le dinamiche sulle quali interviene. In un articolo a firma di Lisa Bartoli, responsabile comunicazione della sede nazionale, si legge: "Dopo l'audizione dei Patronati del Ce.Pa alle Commissioni Lavoro e Sanità del Senato, il Presidente dell'Inps risponde ai quesiti dei senatori scaricando le responsabilità sulle Regioni e le Asl Il presidente dell'Inps , Antonio Mastrapasqua, chiede “scusa alle tante persone malate alle quali sono state richieste ulteriori visite” nonostante le già riconosciute oggettive condizioni di disabilità e scarica le responsabilità sulle Regioni e le Asl, colpevoli di non cooperare abbastanza nelle verifiche ordinarie e straordinarie previste dalla legge per stanare i falsi invalidi. Come era prevedibile, dopo l'audizione dei patronati aderenti al Ce.pa (del 12 e 19 giugno scorsi) davanti alle Commissioni Lavoro e Sanità del Senato, nella quale Inca, Inas, Ital e Acli hanno denunciato i pesanti ritardi con i quali si procede all'accertamento e al riconoscimento delle invalidità civili, l'Istituto di previdenza Pubblico ha risposto il 27 giugno e il 3 luglio, in un'altra audizione sollecitata dalle medesime Commissioni parlamentari che avevano ascoltato i patronati, confermando le criticità, ma difendendo il proprio operato e il sistema delle nuove procedure telematiche per il riconoscimento dell'invalidità civile, introdotte con la legge n. 102/2009. Nelle relazioni precedenti i Patronati avevano sottolineato come, a distanza di due anni dall’entrata in vigore delle nuove procedure informatiche, che avrebbero dovuto garantire rapidità e trasparenza nelle modalità di riconoscimento dello stato di invalidità civile, handicap e disabilità, sono stati più volte costretti a denunciare i disagi a cui i disabili e/o i loro familiari sono stati sottoposti “per difficoltà – avevano affermato - riconducibili esclusivamente a ingiustificate e persistenti lacune operative alle quali non si è ancora data soluzione”. Secondo i Patronati (che hanno patrocinato circa il 95 per cento delle domande), con le nuove procedure rivelatesi rigide e farraginose, anziché combattere il fenomeno dei falsi invalidi si è contribuito a creare pesanti disagi ai veri disabili rallentando e in alcuni casi negando il loro diritto alle prestazioni assistenziali. Sotto accusa innanzi tutto la scarsa partecipazione dei medici dell’Inps nelle commissioni mediche delle Asl che, secondo l’impianto legislativo, avrebbero dovuto garantire una maggiore celerità nella fase di accertamento sanitario. Secondo alcuni dati forniti dal Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Istituto previdenziale le presenze dei medici sono state assicurate solo nel 51% dei casi e, nelle cause giudiziarie, la percentuale è stata addirittura del 37%. Per il presidente Mastrapasqua però questi dati non sono stati una sorpresa, anzi, nel corso dell'audizione ha precisato che nel 2011 la partecipazione del proprio personale medico nelle commissioni è stata addirittura del 46 per cento, salvo poi giustificare l'accaduto con la scarsa adozione da parte delle Asl della procedura informatizzata che ha comportato sia la “mancata temporizzazione delle visite”, sia la compilazione del verbale elettronico con l'indicazione dell'esame clinico e la codifica tabellare delle patologie. La mancata partecipazione dei medici Inps, prevista per legge, ha comportato di fatto una ridondante e dannosa ripetizione delle visite per i cittadini coinvolti. L’altro punto critico indicato dai Patronati riguarda l'inefficienza organizzativa con la quale si è provveduto alla trasmissione dei verbali sanitari dalle Asl alla Commissione Medica Superiore nazionale dell'Inps che ha prodotto il blocco delle notifiche degli esiti sanitari anche per quei cittadini affetti da malattie oncologiche, nonostante la legge imponga per loro una procedura d'urgenza. “E' evidente – spiega Luigina De Santis, del collegio di presidenza dell'Inca – che la mancata cooperazione telematica tra l’Inps e le Asl abbia contribuito a bloccare di fatto tutte le procedure amministrative a partire dalla comunicazione di convocazione a visita che avrebbe dovuto essere contestuale all’invio della domanda, così come nella redazione e registrazione del verbale sanitario”. Tutto ciò si è tradotto in gravi ritardi nei pagamenti delle indennità e nella chiamata a visita degli invalidi che presentano la domanda. Episodi che lo stesso Inps non nega, pur promettendo che la nuova procedura in futuro sarà in grado di garantire l'espletamento della procedura nei 120 giorni previsti, sempre che le Asl si mettano al passo informatizzandosi. “Tuttavia, le responsabilità della mancata cooperazione tra Inps e Asl sono anche del legislatore che – precisa De Santis -, nel definire l'ultima riforma (d.l.78/2009 art. 20), non si è preoccupato molto di conciliare ruoli e poteri dei due attori investiti nella nuova procedura, bensì ha solo attribuito un super potere all'Inps a cui le Regioni devono sottostare. E che si trattasse di un super potere lo dimostra anche il fatto che l'Istituto previdenziale pubblico ha imposto ai medici l'invio on line dei certificati senza preventivi accordi con l'Ordine professionale di categoria”. Prima dell'intervento legislativo che ha ricondotto alla responsabilità dell'Inps la decisione ultima sul riconoscimento dell'invalidità civile esisteva una grande disomogeneità a livello regionale. L'Emilia

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Romagna, per esempio, forte del fatto che l'accertamento sanitario era di competenza delle Regioni, aveva legiferato in materia istituendo un servizio molto efficiente, con la presenza nella Commissione di valutazione di un medico specialista della patologia per la quale veniva richiesto il riconoscimento dell'invalidità. Secondo i Patronati non si è tenuto conto delle specificità territoriali; l'istituzione del Super Inps poteva essere utile per esempio in Sicilia, dove l'attesa tra la domanda e il riconoscimento della prestazione era molto lunga (fino a 24 mesi). Per il CePa c'è una questione di principio che va ribadita: e cioè che l'accertamento sanitario deve fare capo alle Regioni, tramite le Asl, titolate a difendere un interesse costituzionale (diritto alla salute ) e non all'Inps, che è invece un organo gestionale e tale deve restare. Peraltro, non esistono al momento dati statistici che rilevano le diverse patologie sofferte dagli invalidi e l'Inps al riguardo fornisce soltanto la ripartizione delle prestazioni per fasce di età dei titolari, facendo mancare un'adeguata informazione su patologie gravi come la Sclerosi multipla, “per le quali – spiega De Santis - si fa prima a morire che a farsi visitare o a riconoscere l'utilizzo gratuito di presidi, come la sedia a rotelle, il collare ecc.”. Al riguardo, il presidente Mastrapasqua ha ribadito che la revisione delle tabelle delle malattie invalidanti, ferme al 1992, è stata completata ed è al vaglio del ministero competente. Tuttavia, non è in grado di sapere quando verrà ratificata. La totale informatizzazione delle procedure, perciò, non ha risolto i problemi perché le Asl non si sono sottoposte alla volontà dell''Inps e le Regioni si sono dichiarate indisponibili ad essere considerate semplici esecutrici delle volontà e delle procedure dell'Istituto. Per Desantis “sarebbe stata auspicabile un'intesa vera con le Regioni, anteriore alla definizione dell'art. 20 della legge n. 102/2009, e non tappe forzate verso l'informatizzazione delle procedure, senza un'adeguata operazione di collaudo del sistema. Per questo il Ce.Pa ha chiesto la reingegnerizzazione della procedura Invalidità civile che, a due anni di distanza, presenta ancora forti lacune”. Sul versante del contenzioso giudiziario pendente la situazione è altrettanto allarmante. Secondo i patronati circa il 50 per cento delle cause attivate dopo la sospensione ingiustificata delle prestazioni assistenziali dovute ai malati si conclude con la soccombenza dell'Inps. Anche su questo punto il presidente Mastrapasqua non ha fornito dati, pur dichiarando che “il grado di esito favorevole per l'Inps è comunque in costante crescita negli ultimi anni e che c'è stata una riduzione della giacenza media”. Per i Patronati, invece, sul contenzioso non c'è stato nessun congelamento perché dopo il rigetto della domanda di riconoscimento dell'invalidità non c'è possibilità di fare ricorso amministrativo. La strada obbligata per ripristinare il diritto del cittadino disabile resta quella giudiziaria da espletare entro 6 mesi dall'esito negativo. In attesa di conoscere quali conclusioni vorranno trarre le Commissioni Lavoro e Sanità del Senato, restano dunque sul tappeto tutte le problematiche richiamate dai Patronati che ribadiscono l'urgenza di un intervento tempestivo per risolvere i problemi di natura politica, organizzativa e tecnologica fra Inps e Asl; per assicurare effettivamente , così come prevede la legge, la presenza del medico Inps nelle Commissioni sanitarie; per reintrodurre il ricorso amministrativo contro il diniego dell’Inps; per un riordino complessivo delle norme in materia di riconoscimento dell’invalidità civile; per il ripristino di tutte le fasi del contenzioso giudiziario; per il rapido adeguamento delle tabelle di valutazione. 25 luglio Fonte: italiannetwork.it

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SÌ AI CONGEDI PER L'ASSISTENZA AI DISABILI SE RICHIESTA DALL'OSPEDALE Il prolungamento del congedo parentale (massimo 36 mesi) per assistere il figlio minore con grave disabilità decorre dal termine del periodo normale di congedo parentale teoricamente fruibile; spetta a condizione che il figlio non sia ricoverato a tempo pieno, salvo che la presenza del genitore sia richiesta dalla struttura sanitaria di ricovero. Lo precisa, tra l’altro, la circolare n. 100 dell’Inps con cui ieri l’istituto ha fornito nuove precisazioni sulla fruizione dei permessi della legge n. 104/1992, a un anno dalla riforma del dlgs n. 119/2011 (in vigore dall’11 agosto 2011). I chiarimenti, nonostante si rivolgano principalmente ai dipendenti dell’Inps, possono applicarsi in via di principio a ogni situazione. Tra l’altro, la circolare precisa i requisiti per il diritto ai permessi per assistenza nel caso di figli affetti da grave handicap. Spiega che tale diritto non può essere mai riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza allo stesso familiare disabile; e che l’unica possibilità è la fruizione alternativa tra i genitori di un figlio disabile, i quali nell’arco di uno stesso mese possono fruire, alternativamente e mai cumulativamente, dei permessi mensili, delle due ore di permesso giornaliero o del prolungamento del congedo parentale. Infatti, spiega l’Inps, la riforma (articolo 3 del dlgs n. 119/2011) ha integralmente sostituito il comma 1 dell’articolo 33 del dlgs n. 151/2001 prevedendo che, per ogni minore disabile, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre ha diritto, fino al compimento dell’ottavo anno d’età del figlio, al prolungamento del congedo parentale, da fruire in maniera continuativa o frazionata, per un periodo massimo di 36 mesi (tre anni), comprensivo dei periodi di congedo parentale ordinario, con retribuzione al 30%. I periodi di prolungamento, precisa l’Inps, decorrono dalla conclusione del periodo ordinario del congedo parentale teoricamente fruibile dal genitore che ne fa richiesta; e che il requisito essenziale per la concessione è l’assenza di ricovero a tempo pieno del figlio, salvo che la presenza del genitore venga richiesta dalla struttura sanitaria di ricovero. L’Inps ribadisce che tutti i benefici possono essere fruiti solo alternativamente e mai cumulativamente tra i genitori nell’arco del mese. Pertanto, se uno o entrambi i genitori optano per alcuni giorni di prolungamento del congedo parentale per assistere il bambino disabile, gli stessi non potranno più richiedere per lo stesso mese né permessi orari né permessi giornalieri, mentre potranno beneficiare, in giorni diversi, del congedo straordinario retribuito. Diversamente, negli stessi giorni in cui un genitore lavoratore fruisce di uno dei benefici spettanti per il figlio disabile, l’altro genitore può eventualmente fruire del congedo parentale ordinario e del congedo malattia figlio. 25 luglio Fonte: italiaoggi.it

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LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA, RISOLUZIONE IMPEGNA IL GOVERNO AD UNA "CORRETTA ATTUAZIONE" La Commissione Affari sociali di Montecitorio approva all'unanimità una risoluzione ispirata da una petizione popolare sottoscritta da oltre 16mila cittadini. Il governo è impegnato ad una "corretta attuazione e la concreta esigibilità delle prestazioni sanitarie e delle cure socio-sanitarie, previste dai Lea" votazioni a Montecitorio ROMA - Assicurare la "corretta attuazione e la concreta esigibilità delle prestazioni sanitarie e delle cure socio-sanitarie, previste dai Lea". E' l'obiettivo che il governo viene impegnato a perseguire in una risoluzione approvata all'unanimità nei giorni scorsi in Commissione Affari sociali della Camera, dopo che lo stesso sottosegretario al Welfare, Cecilia Guerra, aveva in merito espresso parere positivo. Il test, presentato dal deputato Mimmo Lucà (Pd) richiama il testo della petizione di Maria Grazia Breda e chiede interventi per assicurare le risorse necessarie per l'attuazione dei livelli essenziali di assistenza sanitaria e socio-sanitaria per le persone non autosufficienti. Il testo della risoluzione ricorda che la petizione da cui essa stessa prende forma era stata sottoscritta da oltre 16mila cittadini e sottolinea l'importanza di "assicurare la tutela sanitaria e socio-assistenziale dei cittadini con handicap invalidanti, degli anziani malati cronici non autosufficienti, dei soggetti colpiti dal morbo di Alzheimer o da altre forme di demenza senile, nonché dei pazienti psichiatrici, ai sensi del DPCM l'articolo 54 della legge 289 del 2002". Vi si legge che "l'attuazione dei Lea è alquanto carente in molte zone del nostro Paese, sia per ragioni di ordine finanziario, sia perché è ancora estesa la concezione che considera l'inguaribilità sinonimo di incurabilità" e si afferma che "mentre è effettivo e riconosciuto il diritto alle cure sanitarie e sociosanitarie residenziali, le erogazioni per le assistenze domiciliari restano sovente un intervento deciso discrezionalmente dalle Asl e dai Comuni". Sullo sfondo, la considerazione che "la sensibile riduzione delle risorse finanziarie disponibili nell'ambito dei Fondi relativi al finanziamento delle politiche sociali, non potrà che aggravare la situazione". Tutto ciò premesso, la risoluzione "impegna il governo ad assumere le iniziative necessarie per assicurare la corretta attuazione e la concreta esigibilità delle prestazioni sanitarie e delle cure socio-sanitarie, previste dai Lea, alle persone con handicap invalidanti, agli anziani malati cronici non autosufficienti, ai soggetti colpiti dal morbo di Alzheimer o da altre forme neurodegenerative e di demenza senile e ai pazienti psichiatrici, assicurando loro l'erogazione delle prestazioni domiciliari, semiresidenziali e residenziali, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001, concernente i livelli essenziali di assistenza". Inoltre, il testo impegna il governo anche a "portare avanti con sollecitudine il lavoro preparatorio volto all'adozione del Piano nazionale per la non autosufficienza, che deve prevedere l'adeguata integrazione fra l'intervento sociale e quello sanitario, in una prospettiva di miglioramento della qualità della vita di anziani e disabili". A nome del governo, il sottosegretario al Welfare Cecilia Guerra ha affermato di ritenere che gli impegni posti dalla relazione presentata dal relatore potessero essere accolti, mentre il sottosegretario alla Salute Adelfio Elio Cardinale ha espresso parere favorevole sulla risoluzione formulata dal relatore precisando tuttavia che l'impegno rivolto al governo concernente l'adozione delle iniziative, anche di natura finanziaria, necessarie ad assicurare la corretta attuazione e la concreta esigibilità delle prestazioni sanitarie previste dai Lea alle persone non autosufficienti debba intendersi limitato dalle effettive disponibilità finanziarie. 18 luglio Fonte: superabile.it

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SPENDING REVIEW: 7,9 MILIARDI IN MENO ALLA SANITA' ENTRO IL 2014 Il risparmio per il solo 2012 dovrebbe ammontare a circa un miliardo di euro Letteralmente significa revisione di spesa, ma la spending review, il pacchetto di misure predisposte dal governo per far quadrare i conti ed evitar eil collasso economico dell'Italia, ha il sapore di una vera e propria scure, che non risparmia il settori cardine della spesa sociale, come quello della salute. RISPARMIO - Nonostante le rassicurazioni del ministero della salute, che da sempre ha parlato non di tagli, ma di una ottimizzazione delle spese , con l'approvazione del ddl, i tagli sono dunque arrivati. Secondo le stime, il risparmio dalla sanità dovrebbe arrivare, in tre anni, a 7,9 miliardi: 900 milioni per il 2012, 4,3 miliardi per il 2013 e 2,7 per il 2014, a cui vanno sommati quelli della manovra estiva del 2011. TAGLIO DEI POSTI LETTO - Per quanto riguarda la Sanità, il taglio più consistente sarà quello ai posti letto negli ospedali pubblici, che, secondo le dichiarazioni dello stesso Ministro Balduzzi diminuiranno di 7.000 unità a partire dal 2013. In questo sono dunque chiamate in causa le Regioni, che dovranno mettere a punto piani di programmazione per ridefinire i posti letto. Il tetto da raggiungere è quello dei 3,7 posti letto ogni 1.000 abitanti: ad oggi sono 3,9, il che significa che dovranno scomparire quelle circa 7.000 unità. CONDIZIONI DI ACQUISTO E FORNITURA DI BENI E SERVIZI - Altra direttrice su cui la manovra agirà, sarà quella delle condizioni di acquisto e fornitura di beni e servizi, per cui ci sarà una nuova determinazione degli importi e delle prestazioni previsti nei singoli contratti di fornitura nella misura del 5%. Per i nuovi contratti si dovrà tener conto dei prezzi di riferimento che saranno stabiliti dall'Autorità di controllo sui contratti pubblici. SPESA PER I FARMACI - Per quanto riguarda i farmaci, per il 2012 ci sarà un aumento dello sconto obbligatorio che le farmacie e le aziende farmaceutiche praticano nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale: lo sconto per le farmacie passa da un 1,82% a 3,85%, per le aziende farmaceutiche lo sconto passa da 1,83% a 6,5%, per il solo 2012. Negli anni successivi si prevede una ridefinizione delle regole che prevedono un tetto di spesa sia per la farmaceutica convenzionata territoriale che per la farmaceutica ospedaliera: per la farmaceutica territoriale il nuovo tetto di spesa è pari all'11,5% rispetto al precedente 13,3%; per la farmaceutica ospedaliera il nuovo tetto è del 3,2% rispetto al precedente 2,4%. DISPOSITIVI MEDICI - Per quanto riguarda infine la spesa per dispositivi medici, solo per gli ultimi mesi del 2012 si procederà con un taglio del 5% degli importi e dei volumi di fornitura: dal 2013 il tetto di spesa fissato per questi dispositivi sarà del 4,8%, che le Regioni dovranno garantire sia attraverso i prezzi di riferimento, sia razionalizzando gli acquisti, l'immagazzinamento e l'uso degli stessi ausili. IL PARERE DELLE REGIONI - Molto è quindi rimesso alla capacità delle Regioni di contenere la spesa sanitaria. E i mal di pancia di fanno sentire. La preoccupazione dei governatori è infatti quello di non riuscire a rimanere entro il pareggio di bilancio, per cui si auspica che il governo riallacci un dialogo costruttivo con le Regioni, affinchè non si tratti esclusivamente di azioni unilaterali calate dall'alto. 13 luglio Fonte: disabili.com

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ORA ANCHE I DISABILI MENTALI POTRANNO ASSICURARSI CONTRO MALATTIE E INFORTUNI L'accordo mette in atto l'articolo 25 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità E' un bel traguardo quello che le famiglie delle persone disabili mentali hanno raggiunto nei giorni scorsi. In ottemperanza a quanto affermato dall'articolo 25 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, in Italia anche i disabili mentali finalmente potranno stipulare polizze assicurative contro il rischio infortuni o malattia. Fino a ieri, infatti, questo diritto era negato, o meglio, non contemplato tra le Condizioni generali dei contratti assicurativi delle agenzie. L'importante risultato arriva dopo l'accordo - per ora solo verbale, ma presto ufficializzato - tra Ania (Associazione delle imprese assicuratrici), Progetto Itaca , onlus che opera al fianco delle famiglie dei disabili, Unasam (l'Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale) e Isvap (l'Istituto di vigilanza delle assicurazioni private), al termine di una lunga battaglia fatta di petizioni e iniziative di sensibilizzazione, per una campagna appoggiata anche dal giornale Avvenire. Si è trattato di una battaglia che ha coinvolto le famiglie dei disabili mentali, per i quali le stime in Italia parlano di circa 2 milioni di persone, alle quali era di fatto impedito di assicurarsi contro malattie o infortuni. Impedimento contrario, tra l'altro, all'articolo 5 della Convenzione ONU sui diritti dei disabili, secondo il quale "le discriminazioni delle persone con disabilità, le quali devono poter ottenere, a condizioni eque e ragionevoli, un'assicurazione malattia e, nei Paesi nei quali sia consentito dalla legislazione nazionale, un'assicurazione sulla vita". Cercando una motivazione alla reticenza delle compagnie assicurative alla stipula di contratti da parte di disabili mentali, verrebbe quindi da pensare che questi siano più soggetti a infortuni o patologie quali ictus, cancro e malattie infettive, ma i dati lo smentiscono. Si ammalano come e non più di tutte le altre persone. Non esistono quindi motivazioni all'esclusione dei disabili mentali dal diritto di stipula di assicurazione contro infortuni e malattia. La disabilità mentale (che comprende una serie di patologie, dalla più gravi come schizofrenia, depressione maggiore, disturbo borderline di personalità e disturbo bipolare alle meno gravi) non potrà quindi essere una condizione utile al rigetto delle domande di stipula di polizza da parte delle assicurazioni, poiché l'Ania riconosce non conforme alla legge l'esclusione dei disabili mentali alla possibilità di sottoscrivere un contratto di assicurazione. L'accordo è in attesa di definizione ufficiale, con un percorso burocratico ben preciso: entro la fine dell'estate i disbrighi burocratici dovrebbero essere terminati. A quel punto sarà possibile la stipula dei primi contratti, nei quali le compagnie assicurative dovranno applicare le medesime condizioni di qualsiasi altri clienti. 9 luglio Fonte: disabili.com

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POVERTÀ E DISABILI, BOOM DI RICHIESTE DI AIUTO AL PATRONATO Presentato il bilancio sociale Inca-Cgil. Oltre 2 milioni le pratiche aperte nel 2011, contro 1,8 milioni del 2009. “Si sono aggiunti molti giovani alla ricerca di lavoro o con contratti precari, e pensionandi”. Boom di domande per ammortizzatori sociali ROMA – Disorientati, scoraggiati, in preda ad ansia e incertezze: in tempo di crisi cresce il numero di italiani che si rivolgono al patronato Inca Cgil e aumentano i fattori che destano preoccupazione dagli ammortizzatori sociali alla pensione. È quanto rileva il Bilancio sociale Inca, presentato questa mattina a Roma presso la sede dell’Inail, in via 4 Novembre. Dai dati raccolti dal patronato, sono oltre 2 milioni le pratiche aperte nel 2011 sia in Italia che all’estero, contro 1,8 milioni del 2009. Un dato, spiega il patronato, che mette in evidenza come negli ultimi tre anni, alla tradizionale platea di utenti, “si sono aggiunti molti giovani alla ricerca di lavoro o con contratti precari, pensionandi, che devono fare i conti con le nuove norme in materia pensionistica, costretti anche a subite le conseguenze delle numerose crisi aziendali e che non sanno come far fronte all’inasprimento dei requisiti di accesso al diritto a pensione: non c’è lavoro, mentre si allunga per tutti la prospettiva del pensionamento”. Dai dati raccolti nel bilancio sociale, sono in aumento il numero delle pratiche aperte quasi tutte le aree tematiche. A far registrare un incremento notevole dal 2010 al 2011, però, sono le domande per gli ammortizzatori sociali, passate dalle quasi 397mila del 2009, a 373mila del 2010, per raggiungere quota 553mila nel 2011. Stessa cosa per quanto riguarda il sostegno al reddito alle famiglie: le domande sono aumentate da 137mila del 2009 a 164mila nel 2011. Sfiorano il raddoppio, invece, le domande di tutela di maternità e paternità, passando da 25mila del 2009 a 42mila nel 2011. Aumentano notevolmente anche le domande per la tutela delle persone invalide In un solo anno, dal 2009 al 2010, le domande sono passate da 190mila a 344 mila. Sono 350mila nel 2011. “L’incremento delle domande presentate dall’Inca è legato anche al passaggio dalla modalità di presentazione all’Inps della domanda in formato cartaceo all’obbligo di presentare la domanda in via telematica”, spiega il patronato. Calano, invece, le domande che riguardano la pensione, passando da 235mila del 2009 a 195mila nel 2011. Mentre aumentano le richieste di verifica delle pensioni in essere, da 140mila a 200mila nel 2011. “Il ricorso al patronato in Italia e all’estero è aumentato in questi ultimi anni anche per le scelte compiute dagli enti di previdenza – spiega il patronato - con la chiusura di molti sportelli al pubblico e contemporaneamente con l’obbligo dell’invio telematico delle domande per ottenere le prestazioni previdenziali e assistenziali, senza tener conto del basso tasso di alfabetizzazione informatica degli italiani, che si attesta, secondo studi recenti, al 18° posto nella graduatoria europea: solo il 43% delle famiglie possiede un computer, contro il 54% della media europea”. Non è solo la telematica, però, a incidere sugli indici del patronato. Ad alimentare le preoccupazioni di chi si è rivolto all’Inca, ci sono le nuove norme e i trend del mercato del lavoro. “La cosiddetta legge Monti-Fornero ha generato un profondo disorientamento tra i lavoratori e ha ulteriormente sfiduciato i giovani – spiega il patronato -, tra i quali si verifica il più alto tasso di disoccupazione e un livello di precarietà mai raggiunto finora nel nostro Paese”. Aumentato anche il numero degli “scoraggiati”, tra i 15 e i 29 anni, che non lavorano e non frequentano corsi di formazione: nel 2010 erano oltre 2,1 milioni, 134 mila in più al 2009. “Ansia e incertezza derivanti dai profondi cambiamenti legislativi in materie come pensioni e mercato del lavoro – spiega il patronato -, hanno costretto centinaia e centinaia di migliaia di persone disoccupate o in cerca di lavoro a riprogrammare la propria vita, esponendoli a rischi reali di povertà”. 3 luglio Fonte: redattore sociale

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INCA CGIL: AUMENTANO LE DOMANDE RELATIVE ALLE PENSIONI PER STRANIERI E PER LA TUTELA DELLE PERSONE DISABILI Bilancio sociale. Aumentate le richieste per i permessi di soggiorno e di rinnovo, passati da 135 mila a 144 mila nel 2011; calano le prestazioni per il ricongiungimento familiare. Persone disabili: dalle 44 mila pratiche del 2009 alle 70 mila del 2011 ROMA – Aumentano le domande relative alle pensioni di vecchiaia per stranieri e l'attività Inca per la tutela delle persone disabili. Sono questi due dei fenomeni più interessanti messi in evidenza dal Bilancio Sociale dell’Inca Cgil, presentato questa mattina a Roma. Dal testo emerge come le prestazioni richieste da cittadini stranieri siano aumentate, seppur di poco, per quel che riguarda i permessi di soggiorno e di rinnovo, passando da 135mila a 144mila nel 2011, mentre calano le prestazioni per il ricongiungimento familiare, da 12mila nel 2009 a 8mila e 600 nel 2011. Tuttavia, spiega il patronato, è il fenomeno in aumento delle domande di pensione di vecchiaia e di invalidità quello da mettere in evidenza. “Un aumento che rileva quanto sia radicata la presenza di immigrati nel nostro Paese – spiega il patronato -. Probabilmente, si tratta di un risultato, frutto della prima ondata migratoria avvenuta molti anni fa, grazie alla quale i lavoratori stranieri hanno potuto consolidare posizioni assicurative presso l’istituto previdenziale pubblico, con la conseguente acquisizione di diritti pensionistici”. Per quanto riguarda la tutela contro gli infortuni e le malattie professionali per gli stranieri, il numero delle prestazioni resta ancora esiguo, spiega il patronato, tuttavia è un dato “significativo se si considerano le enormi difficoltà di denuncia di eventi infortunistici, compresa quella riconducibile alla paura di perdere il posto di lavoro, cui vanno incontro le persone straniere”. Dai dati emerge anche un altro fenomeno interessante, e riguarda i permessi per l’assistenza e la cura delle persone disabili. “La grave crisi economica e l’andamento demografico hanno aumentato la domanda di tutela”, spiega il patronato. Le pratiche, infatti sono passate dalle oltre 44mila del 2009 alle 70mila del 2011. “Il dato più allarmante si è avuto nella scorsa legislatura quando alla crisi economica si è risposto con tagli drastici al welfare, che hanno ridotto in modo consistente l’accesso ai servizi sociali locali, e con interpretazioni restrittive, che hanno fortemente ostacolato la fruibilità da parte dei cittadini dei benefici previsti dalla legge 104/92. L’aggravarsi della situazione del nostro Paese ha imposto dolorose scelte alle famiglie, costrette a ridurre il ricorso ad assistenti famigliari esterni per assicurare l’assistenza e la cura dei parenti disabili”. (ga) 3 luglio Fonte: redattore sociale

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LAVORO DISABILI E RIFORMA FORNERO: PIU' POSTI GRAZIE AI NUOVI RICONTEGGI La riforma del lavoro approvata dal Ministro Fornero (divenuta legge 92/12 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 28 giugno scorso) ha portato una serie di novità riguardanti non solo pensionamenti e esodati, ma anche la categoria delle persone con disabilità, come indicato nel comma 27 dell'articolo 4 della riforma. In particolare la novità riguarda la base occupazionale sulla quale le aziende devono calcolare il numero di assunzioni obbligatorie di persone disabili, attraverso le quote riservate. Vediamo in dettaglio le novità. LA LEGGE 68/99 - L'articolo 4, comma 1 della legge 68/99 è quello che fa riferimento alle quote di assunzione riservate a lavoratori disabili. Si tratta di tranche che sono scaglionate a seconda del numero di dipendenti dell'azienda e della sua grandezza, alle quali corrispondono dei posti che le aziende sono tenute a riservate a lavoratori disabili. La legge impone quindi ai datori di lavoro pubblici e privati di assumere un lavoratore disabile se si hanno da 15 a 35 dipendenti, due lavoratori per un organico dai 36 ai 50, e il 7% del totale dei lavoratori quando si superano i 50 dipendenti. NUOVI CONTEGGI - La novità introdotta con la riforma riguarda la considerazione della base occupazionale sulla quale effettuare il calcolo. Ovvero: quanti sono considerati "assunti" per calcolare la percentuale di quote riservate ai lavoratori disabili. In questo senso, la legge vede un evidente aumento della base occupazionale (e quindi delle relative quote riservate), poiché sono inclusi nel computo tutti i lavoratori assunti con vincolo di subordinazione, ad eccezione di lavoratori assunti tramite collocamento obbligatorio, i soci di cooperative di produzione e lavoro, i dirigenti, i contratti di inserimento, i lavoratori somministrati presso l'utilizzatore, i lavoratori assunti per attività all'estero (per la corrispondente durata), gli Lsu, i lavoratori a domicilio, i lavoratori emersi ex legge 383/2001, gli apprendisti. Tra i conteggiati, anche gli assunti con contratto a tempo determinato fino a 9 mesi. COSA DEVONO FARE LE AZIENDE - Tenuto conto delle novità introdotte nel computo delle quote riservate, le aziende dovranno procedere a riconteggiare la loro posizione provvedere a mettersi in regola, pena l'applicazione di sanzioni. Per quanto riguarda termini e scadenze, la norma non ha ancora fissato un termine per il riconteggio, né per la decorrenza dell'obbligo di assunzione: probabilmente si attenderà il 31 dicembre 2012, data di redazione del prospetto annuale. Per quelle aziende che prima erano fuori dalla prima fascia (15-35 dipendenti) e che col nuovo riconteggio si troveranno a farne parte, l'obbligo di copertura della quota è entro i 60 giorni dalla nuova assunzione. IL COLLOCAMENTE MIRATO - Ricordiamo che per accedere agli strumenti del collocamento mirato, la persona deve avere una percentuale di invalidità uguale o superiore al 46%, unitamente a una certificazione che attesti e descriva le capacità residue al lavoro che viene rilasciata da una commissione per l'accertamento delle capacità lavorative residue operante in tutte le ASL. Le aziende che devono adempiere all'obbligo di assunzione di lavoratori con disabilità, presentano richiesta presso i Centri per l'impiego , che si occupano di incrociare le liste dei disoccupati con disabilità. Per saperne di più, consulta la nostra pagina sugli strumenti del collocamento mirato. 18 luglio Fonte: disabili.com

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720.000 DISABILI PER INFORTUNI SUL LAVORO O MALATTIE PROFESSIONALI È uno dei dati che emergono dal recente rapporto sugli infortuni nel lavoro, presentato dall’INAIL, ciò che secondo Franco Bettoni, presidente dell’ANMIL (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro), costituisce «una vera voragine in termini di costo umano ed economico», che il Governo non può certo ignorare, tanto più in tempi di crisi come quelli attuali. «C’è ancora molto da lavorare sul fronte della sicurezza nei luoghi di lavoro; bisogna dare completa attuazione alle norme del 2009 [Decreto Legislativo 106/09, integrativo del Decreto Legislativo 81/08, N.d.R.], insistere con maggior vigore sullo sforzo di costruire una solida cultura della prevenzione, intensificare i controlli e le attività di formazione e di informazione»: questi i punti fondamentali sui quali Franco Bettoni, presidente dell’ANMIL (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro) richiama l’attenzione, dopo la recente presentazione del Rapporto INAIL sull’andamento infortunistico nel 2011. «Non abbiamo ancora avuto tempo sufficiente per analizzare e studiare quanto meritano i dati prodotti dall’INAIL – aggiunge Bettoni – consapevoli che essi rappresentano una fonte preziosa di indicazioni e valutazioni significative per rafforzare l’opera normativa sulla prevenzione e applicare in modo efficace il Decreto Legislativo 81/08. Condividiamo però la preoccupazione del Presidente della Repubblica circa le contraddizioni che emergono sull’andamento degli infortuni e delle malattie professionali, pur in un quadro di complessivo miglioramento generale che resta comunque da approfondire, in particolare pensando alla situazione occupazionale nei vari settori produttivi». «Infatti – spiega il Presidente dell’ANMIL – se si può manifestare una certa soddisfazione sull’andamento complessivo del fenomeno, altrettanto non si può dire guardando alle sue dimensioni, che permangono ancora oggi del tutto inaccettabili: 725.000 infortuni nel solo 2011 stanno a significare che in pratica ogni giorno, compresi ferie e festivi, ben 2.000 lavoratori subiscono un trauma con conseguenze più o meno pesanti di natura fisica, psicologica e anche economica e che ogni anno sono almeno 40.000 (più di 100 al giorno) i lavoratori che subiscono una menomazione permanente di grado indennizzabile (dal 6% al 100%). Il numero delle vittime registrate all’interno dei luoghi di lavoro rimane sostanzialmente invariato (450 nel 2011 rispetto ai 452 del 2010), come pure è dientico a quello del 2010 (138) il numero di morti tra i lavoratori extracomunitari, generalmente impegnati in attività ad alto rischio, mentre sono addirittura in aumento le vittime nell’industria pesante (meccanica e metallurgia), in agricoltura e le denunce di malattie professionali. In particolare, nei settori della meccanica e della metallurgia, le morti sul lavoro sono cresciute rispettivamente del 27,3% e del 19%. Sono settori, per altro, che hanno un peso molto rilevante nell’ambito dell’industria, un ramo di attività particolarmente colpita dalla pesante crisi economica e che nel corso del 2011 ha fatto registrare un ulteriore calo lavorativo sia in termini di occupati (-0,6%) che di Unità di Lavoro Anno equivalenti (-0,4%). Situazione pressoché analoga quella dell’agricoltura, dove si registra una crescita del 2,7% dei casi mortali, pur in presenza di un calo dell’1,9% degli occupati e di ben il 2,8% delle Unità di Lavoro Anno». «Anche a livello di genere – sottolinea poi Bettoni -, a fronte di una riduzione degli infortuni per entrambi i sessi (-7,0% per i maschi e -5,6% per le femmine), si registra una recrudescenza della mortalità per le donne lavoratrici: tra il 2010 e il 2011, infatti, la componente femminile ha fatto registrare un incremento del 15% dei casi mortali, passati da 78 a 90 unità. E infine, pur se quelli diffusi dall’INAIL sono dati ufficiali e assolutamente attendibili, va detto che le statistiche dell’Istituto per loro natura non possono tenere conto di possibili situazioni di mancata denuncia da parte di datori di lavoro senza scrupoli o di altri fenomeni, come il “lavoro nero”, che tendono ad acutizzarsi proprio nei periodi di crisi». Particolarmente rilevante, poi, l’evidenza data dal Presidente dell’ANMIL ai dati riguardanti la disabilità conseguente a un infortunio sul lavoro o a una malattia professionale. «Parlando di “grandi numeri” – dichiara infatti Bettoni – non si possono dimenticare i circa 720.000 disabili che, a seguito di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale, hanno riportato nel corso della loro vita lavorativa un’invalidità per la quale percepiscono una rendita il cui importo medio ammonta a circa 4.000 euro l’anno (poco più di 300 euro al mese). Un esercito di lavoratori ed ex lavoratori che, nell’adempimento del proprio dovere, hanno subito una grave menomazione, come può essere una tetraplegia o l’amputazione di un arto, o anche di minore gravità, ma che comunque si è rivelata sufficiente per estrometterli definitivamente dal mercato del lavoro. In questo senso va ribadito che riabilitazione e reinserimento sociale e lavorativo dei disabili rappresentano i temi sui quali si misura anche il livello di civiltà di un Paese e sui quali l’ANMIL ha da sempre centrato le proprie battaglie, per imporli con forza all’attenzione delle Istituzioni». «A fronte di tutte queste considerazioni – è la conclusione – chiediamo oggi un’attenzione specifica su questo fenomeno, da parte del presidente del Consiglio Monti la cui esperienza nel mondo dell’economia non può fargli ignorare, in tempi di crisi, la voragine che provoca il costo degli infortuni, all’infuori di quello

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umano: oltre 35 miliardi di euro tra cure mediche e riabilitative, protesi, giornate lavorative perse e la grave difficoltà di reinserimento lavorativo che influisce sulla perdita di autonomia e ricade sulla spesa sociale». (M.d.M.) 12 luglio Fonte: superando.it

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PIÙ POSTI AI DISABILI CON I NUOVI CONTEGGI Cambiamenti in arrivo anche sul fronte del lavoro dei disabili: il comma 27 dell'articolo 4 della riforma Fornero ridisegna i criteri previsti dall'articolo 4, comma 1 della legge 68/99, sulle assunzioni obbligatorie delle categorie protette. Le modifiche comportano la totale revisione del computo della base occupazionale per la determinazione delle quote di riserva: l'effetto causato dall'inclusione di pressoché tutti i lavoratori subordinati porterà moltissimi datori di lavoro a rilevare scoperture, che dovranno essere "sanate" attraverso nuove assunzioni di soggetti disabili. La legge 68/99 impone ai datori di lavoro pubblici e privati di assumere lavoratori disabili nelle seguenti misure: 7% dei lavoratori occupati, se si occupano più di 50 dipendenti; due lavoratori, per un organico da 36 a 50 dipendenti; un lavoratore, se si occupano da 15 a 35 dipendenti (l'obbligo scatta in caso di nuova assunzione). Il restyling operato dalla legge 92/2012 fa lievitare da subito la base occupazionale perché la nuova norma esclude dal computo solo i lavoratori assunti tramite collocamento obbligatorio, i soci di cooperative di produzione e lavoro, i dirigenti, i contratti di inserimento, i lavoratori somministrati presso l'utilizzatore, i lavoratori assunti per attività all'estero (per la corrispondente durata), gli Lsu, i lavoratori a domicilio, i lavoratori emersi ex legge 383/2001. Sono invece inclusi nel conteggio gli assunti con contratto a tempo determinato non superiore a 9 mesi. Restano in vigore le esimenti disposte dalle normative di settore, quale - ad esempio - l'esclusione del computo dei lavoratori apprendisti, confermata dal Dlgs 167/2011; l'esclusione già presente per il personale dei cantieri edili viene estesa a quello operante con analoghe attività nei montaggi industriali. La norma non fissa un termine per riconteggiare l'organico e per la decorrenza dell'obbligo di copertura a seguito del nuovo metodo di computo (nel caso di sforamento delle fasce): si procederà probabilmente in sede di redazione del prospetto annuale (31 dicembre 2012), data dalla quale scatterebbe l'eventuale obbligo di nuova assunzione. Nel caso di aziende oggi fuori dall'obbligo ma il cui ricalcolo dell'organico comporti l'ingresso nella fascia da 15 a 35 dipendenti, la copertura della quota - salvo diverse indicazioni dovrà avvenire entro 60 giorni dall'eventuale nuova assunzione. 9 luglio Fonte: ilsole24ore.com

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DISABILI PSICHICI E LAVORO: GENITORI DELUSI DAL SOTTOSEGRETARIO GUERRA ROMA. Erano preoccupati, restano preoccupati: sono i familiari del Comitato genitori giovani disabili psichici che, a giugno scorso, avevano gridato attraverso una lettera al sottosegretario al Lavoro e alle politiche Sociali Maria Cecilia Guerra, il loro disagio relativamente all’indebolimento delle politiche per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità psichica e mentale. Un grido di rabbia per la mancata applicazione della legge 68/99 sul collocamento mirato e per la solitudine che investe, in assenza di politiche attive per il lavoro, le famiglie che hanno a carico figli o parenti con disabilità psichiche e mentali. La risposta del Sottosegretario, giunta infatti immediatamente dopo quella missiva, non soddisfa e lascia nella preoccupazione il Comitato. Si confermano i tagli nel fondo per il diritto al lavoro delle persone disabili (art.14 legge 68/99), si confermano regole e codici, si conferma la compensazione territoriale. Conferme che danno il quadro denunciato da anni dalle associazioni di rappresentanza della disabilità, cui manca però una controproposta ministeriale. Ovvero, politica. “Viene riconfermata la sostanza di quanto da noi denunciato, senza voler minimamente intenderne – sottolinea infatti il Comitato - la gravità. Si cerca solo di fornire una giustificazione all’esistente. Il messaggio è chiaro: la situazione è questa e non può essere modificata. Ci chiedono in sostanza di farci una ragione del fatto che i soldi stanziati per il fondo per la disabilità rappresentano una cifra irrisoria con la quale non è praticamente possibile fare nulla di significativo; siamo invitati a fidarci della correttezza dei datori di lavoro in una situazione in cui l’evasione dall’obbligo delle assunzioni per i disabili ha raggiunto percentuali incredibilmente alte; manca la volontà politica di utilizzare un sistema serio di controlli in difesa del diritto al lavoro dei disabili e si pretende di giustificare una norma, potenzialmente devastante, come quella contenuta nelle compensazioni. In ultima analisi sembra che per il Ministro del Lavoro sia più ! importante “facilitare la vita alle imprese che impegnarsi per garantire il rispetto dei diritti dei disabili”. Uno sconforto non proprio prevedibile. “In riferimento alla vostra richiesta – si legge infatti nella nota ministeriale -, riportiamo gli elementi tecnici forniti dalla competente Direzione generale del ministero del Lavoro e delle politiche Sociali”. Specificatamente in questo senso, la nota riporta le regole di istituzione del Fondo per il diritto al lavoro delle persone disabili (art.14 legge 68/99) e i fondi dedicati dalle modifiche apportate con la legge 122/2010, ma chiarisce anche il quadro del codice degli appalti e delle responsabilità delle Pubbliche amministrazioni, nonché delle compensazioni. “Le risorse statali a qualunque titolo spettanti alle regioni a statuto ordinario sono ridotte in misura pari a 4.000 milioni di euro per l’anno 2011 e a 4.500 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2012”. La riduzione del Capitolo 3892 “Fondo per il diritto al lavoro dei disabili” è pari a Euro 39.274.201,00”. L’assegnazione finale per l’anno finanziario 2012 e per il triennio 2012-2014 è pari dunque ad Euro 11.538.494,00, ma “tale capitolo di spesa – precisa ancora il ministero - è stato, inoltre, oggetto di accantonamenti. Pertanto, la somma ad oggi disponibile risulta pari ad Euro 2.429.702,00”. Analoga risposta su codice degli appalti, obblighi della Pubblica Amministrazione e compensazioni territoriali: si chiarisce il quadro e non si avanza nessuna controproposta, o azione di contrasto a questo stato di cose. Relativamente al codice degli appalti, infatti, si chiarisce che “l’articolo 4, comma 2, lettera b), n. 1, punto 1.7, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 che prevedeva che siano esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento i soggetti che non sono in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili di cui alla legge 12 marzo 1999, n.68 è stato soppresso dalla legge di conversione 12 luglio 2011, n. 106. Nella formulazione oggi vigente si torna alla legge 68/99, ovvero viene ripristinata la certificazione di ottemperanza dell’obbligo. Sulle compensazioni, infine, si chiarisce che in caso di concentrazione di imprese costituenti un “gruppo”, le quote obbligatorie possono eccedere a compensazione di altri settori/rami azie! ndali. “La ratio della norma – scrive il Ministero - è volta ad introdurre significative misure di semplificazione a favore delle imprese private e delle aziende che fanno parte di un gruppo di impresa”. 5 luglio Fonte: redattore sociale

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LEGGE 68/99 E INSERIMENTO LAVORATIVO: A ROMA NASCE UN FORUM PERMANENTE Opera don Calabria e Comunità Capodarco di Roma si uniscono nel Forum formazione e lavoro per le persone con disabilità: un laboratorio per promuovere l’inclusione lavorativa, mettendo in rete le buone prassi ROMA – Un laboratorio di idee e di esperienze, per dare concreta attuazione alla legge 68/99: è con questo obiettivo che nascerà ufficialmente domani, a Roma, il Forum formazione e lavoro per le persone con disabilità. A dar vita a questa nuova esperienza, sono l’Opera Don Calabria e la Comunità Capodarco di Roma, due tra le più importanti organizzazioni impegnate nella lotta all’esclusione sociale di persone con disabilità. La legge prevede per i datori di lavoro pubblici e privati l’obbligo di assumere portatori di handicap secondo modalità che dipendono dalla dimensione dell’impresa. “Un’ottima legge – spiegano gli organizzatori - come tante in Italia, elusa con grande frequenza, senza distinzioni”. L’alleanza sarà siglata domani, ore 9.00, presso Porta Futura (Via Galvani, 108), dove le due associazioni, in collaborazione con la provincia di Roma, discuteranno concretamente su come riabilitare la legge 68/99, una norma all’avanguardia, come poche in Europa. Tra le proposte del Forum, l’istituzione della figura del facilitatore per stage di formazione e del Sild (Servizio per l’Inclusione Lavorativa dei Disabili), all’interno di ogni municipio, in rete con Provincia, Dipartimenti comunali e Organismi di III settore. Il Forum propone inoltre il potenziamento dell’offerta formativa per le persone con disabilità o con disagio mentale, con garanzia di accessibilità anche alle nuove tecnologie; lo studio di percorsi di orientamento che definiscano le competenze di ogni persona, diversificando le forme di inclusione; un patto di solidarietà tra le Istituzioni e le Aziende profit; l’attuazione alla deliberazione della Giunta Capitolina n. 124 del 23 aprile 2009 per la creazione di un elenco speciale di cooperative sociali di tipo B, con riserva almeno del 5% (quota/anno) delle forniture di beni e servizi da destinare a tali cooperative; la promozione di imprese sociali integrate; l’attuazione dell’albo regionale di soggetti competenti e di provata esperienza per l'inclusione mirata. “Un evento per lanciare un vero e proprio New Deal, nella gestione dei bisogni e dei diritti delle persone disabili – spiegano i promotori - L’investimento sull’inclusione lavorativa delle persone con disabilità e la conseguente trasformazione da assistiti a cittadini attivi concorre al benessere della comunità ed è la premessa per un mondo sostenibile a misura di tutti, nessuno escluso. La difficoltà, però, non può quasi sempre coincidere con impossibilità”. Interverranno, tra gli altri, fratel Giuseppe Brunelli (Direttore Opera don Calabria di Roma) e Luigi Politano (vice presidente della Comunità Capodarco di Roma). A seguire Fausto Giancaterina e Antonio Chimento (presentazione del Forum), Pino Barlam (membro commissione tripartita Fish Lazio), Enrico Troiani (membro commissione tripartita Anmic), Augusto Battaglia (promotore legge 68/99), Salvatore Nocera (vice presidente Fish), Claudio Cecchini (assessore Politiche Sociali e Famiglia provincia di Roma), Davide Bordoni (assessore politiche del lavoro e formazione professionale di Roma Capitale). Conclude Massimiliano Smeriglio, assessore Politiche del Lavoro e Formazione della provincia di Roma. 3 luglio Fonte: redattore sociale

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RICONVERSIONE SU SOSTEGNO: IL MIUR PROCEDE TRA LE PROTESTE DEI DOCENTI SPECIALIZZATI Negli ultimi mesi si sono susseguite le iniziative e le proteste dei docenti di sostegno precari specializzati, in vista dell'avvio dei corsi di riconversione su posto di sostegno degli insegnanti curricolari, diventati soprannumerari a seguito dei tagli degli ultimi anni. LA PROTESTA DEGLI INSEGNANTI DI SOSTEGNO SPECIALIZZATI - Tale disposizione ha suscitato molte perplessità: da una parte, infatti, i docenti specializzati ma precari temono di non avere più un incarico di lavoro, dall'altra rivendicano la loro scelta professionale, a fronte, invece, di una riconversione che altri docenti saranno di fatto costretti ad accettare per mantenere il posto di lavoro, anche se non motivati. Sono state inoltre fortemente messe in discussione le modalità previste per l'attivazione dei corsi, che di fatto appaiono molto sbrigative e con un carico di studio decisamente meno impegnativo rispetto ai corsi attivati in passato. Quest'ultimo aspetto, insieme al precedente, non potrà che ricadere sulla qualità dell'insegnamento che sarà riservato agli allievi disabili. L'AVVIO DEI CORSI - Il Miur, nonostante i dissensi e le preoccupazioni delle famiglie, procede spedito nel pianificare l'avvio dei corsi. Con una breve informativa ne ha infatti chiarito le modalità: la circolare sarà emanata in Agosto, mentre il calcolo dei partecipanti è stato rimandato a Settembre. La definizione dei partecipanti, infatti, potrà essere definita solo dopo tutte le operazioni di mobilità, compresi gli utilizzi del personale. E' prevista l'attivazione di 31/33 corsi con almeno 50 partecipanti ciascuno, ripartiti su alcune università responsabili di diverse regioni. Sono previsti 1500 corsisti, aumentati del 20% per gli eventuali abbandoni. Sono stati ormai delineati anche i criteri per l'individuazione dei partecipanti: classi di concorso in via di estinzione, tecnici, docenti in esubero in diverse classi di concorso, dalle scuole primarie alle superiori, nonché insegnanti di religione con revoca dalla curia o che abbiano prestato servizio su sostegno senza titolo. La data dalla quale calcolare l´esubero sarà quella del primo Settembre 2012. Sono infine a disposizione un milione e 100 mila euro, che saranno trasferiti alle Università polo. L´ANSAS dovrebbe occuparsi della piattaforma on-line e delle iscrizioni. Non è invece ancora chiaro se verrà richiesto un contributo anche ai partecipanti. Il numero dei partecipanti previsto, se confermato, appare abbastanza esiguo e perciò sul piano nazionale non avrebbe conseguenze molto significative sugli incarichi annuali dei docenti specializzati precari. La preoccupazione di questi ultimi, però, permane, perché le richieste inoltrate sono state invece più di 16 mila. Restano inoltre da capire le modalità in cui saranno organizzati i corsi ed il relativo impegno di studio previsto, al fine di garantire la formazione di figure professionali competenti, anche se non motivate, bensì "liberamente costrette" a riciclarsi per continuare a lavorare. I docenti in esubero, infatti, potrebbero essere utilizzati per il rafforzamento dell´offerta formativa delle scuole e invece si trovano costretti a chiedere la riconversione. Il numero complessivo dei docenti in esubero risultava, a Febbraio 2012, di circa 10 mila unità. Quale sarà perciò la prospettiva per gli oltre 8000 docenti che non rientreranno nel piano di riconversione? Secondo il governo l'esubero, conteggiato in organico di diritto, sarà poi riassorbito in organico di fatto. Significa in ogni caso che altrettanti docenti precari non avranno un incarico. A pagare, come sempre, gli ultimi. 26 luglio Fonte: disabili.com

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INTEGRAZIONE, PROFUMO SOSTIENE DISEGNO DI LEGGE DELL’OSSERVATORIO Il principio fondamentale è la presa in carico del progetto da parte di tutto il consiglio di classe. Formazione iniziale obbligatoria per tutti, aggiornamento permanente e continuità per docenti di sostegno. Nocera: “Siamo soddisfatti” ROMA – “Una riunione molto positiva, che ci ha lasciato soddisfatti”: così Salvatore Nocera, vicepresidente della Fish, commenta la riunione di ieri dell’Osservatorio sull’integrazione scolastica, durata “ben 3 ore e mezzo”, racconta. La notizia principale riguarda la bozza della proposta di legge che avevamo presentato durante la scorsa riunione: ci è stato riferito che il ministro ha letto il testo e ha espresso il suo sostegno. Lo presenterà lui stesso come disegno i legge governativo, mentre ci sconsiglia la strada del decreto legge, che non piace al capo dello Stato per via degli abusi degli ultimi anni”. Per quanto riguarda i contenuti della proposta, “il principio di base – spiega Nocera – è la presa in carico del progetto d’integrazione da parte di tutti i docenti del consiglio di classe, per evitare la delega al solo insegnante di sostegno”. Per far questo, “ribadiamo innanzitutto l’obbligo di formazione iniziale per tutti i docenti futuri sulle problematiche dell’integrazione scolastica. Chiediamo che sia superata l’attuale discriminazione tra docenti di scuola infanzia e primaria da una parte (che ricevono 31 crediti formativi sull’integrazione) e di scuola secondaria dall’altra (ai quali spettano solo 6 crediti, perché si dà maggiore spazio alle discipline). Nel nostro disegno di legge – afferma Nocera - chiediamo equiparazione a circa 30 crediti per tutti i docenti”. Accanto alla formazione iniziale, “prevediamo la formazione obbligatoria in servizio permanente, sia all’inizio dell’anno sia in corso d’anno, durante l’orario di servizio, per approfondire la specifica disabilità presente in classe”. Per assicurare “una maggiore continuità nel sostegno, proponiamo inoltre la costituzione di una classe di concorso dedicata. Nel frattempo, chiediamo che i docenti di ruolo attualmente sul sostegno ci restino per 10 anni (e non più per 5, come accade attualmente) e che i precari, ora assegnati annualmente, abbiano la nomina per almeno un ciclo scolastico”. Le altre proposte riguardano “l’abolizione delle aree disciplinari per il sostegno nelle superiori” e “il rilancio dei gruppi di lavoro presso i provveditorati previsti dalla legge quadro”. Infine, “chiediamo l’applicazione delle linee guida del 2009 sulla qualità dell’ integrazione scolastica e dell’articolo 5 del dpr del 2009 sulla formazione delle classi, in base al quale quelle con alunni disabili non potranno avere più di 20 alunni in tutto. Ci è stato garantito – conclude Nocera - che il prossimo anno la quasi totalità delle classi sarà in regola”. La prossima riunione dell’Osservatorio è stata fissata per l’8 ottobre (cl) 24 luglio Fonte: redattoresociale.it

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INTEGRAZIONE SCOLASTICA: MIUR E MINISTERO DELLA SALUTE FIRMANO UN PROTOCOLLO Faciliterà i rapporti tra scuole e asl in merito alle diagnosi funzionali: la notizia anticipata all’Osservatorio sull’integrazione scolastica. Presto saranno attivati anche sportelli informativi in tutti i capoluoghi gestiti da ministero e associazioni ROMA – E’ stato firmato il protocollo d’Intesa tra Miur e ministero della Salute sull’integrazione scolastica, fortemente richiesto da Fish e Fand: è quanto emerso ieri nel corso della riunione dell’Osservatorio permanente sull’integrazione scolastica. “Il protocollo – riferisce Salvatore Nocera, vicepresidente della Fish, che ha preso parte all’incontro – dovrebbe facilitare i rapporti tra scuole e asl, sia per le diagnosi funzionali che per il Pei (programma educativo individualizzato, ndr). Pare sia allegato nuovo modello di diagnosi funzionale, più rispondente all’Icf dell’Organizzazione mondiale della Sanità”. Un’altra notizia riportata ieri a casa dalle associazioni che partecipano all’Osservatorio riguarda il tanto discusso corso di riconversione al sostegno per i docenti in esubero: “Partirà ad ottobre – riferisce Nocera E’ quindi scongiurato il rischio che alcuni potessero prendere servizio il prossimo anno, prima di concludere il corso, che peraltro, secondo le nostre richieste, comprenderà oltre 400 ore di lezione, di cui solo un centinaio on-line”. E’ stata inoltre firmata, da parte delle federazioni Fish e Fand, la lettera che il ministro invierà al capo dello Stato, per chiedere che il 3 dicembre la Giornata nazionale delle persone con disabilità sia celebrata in Quirinale, preceduta da iniziative in tutte le scuole. Dal prossimo anno scolastico, infine, potrebbero partire, presso i vari capoluoghi di provincia, gli sportelli informativi voluti dal ministero per raccogliere quesiti e segnalazioni delle famiglie e fornire risposte, in tema di disabilità: a presidiarli, funzionari dell’amministrazione ed esperti delle associazioni federate, che ieri hanno confermato la propria disponibilità. (cl) 24 luglio Fonte: redattoresociale.it

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DISABILITÀ: ORA L’EUROPA RAPPRESENTA IL MONDO! Ad assumere infatti la maggior carica nell’IDA, l’International Disability Alliance che rappresenta la “voce” di un miliardo di persone con disabilità nel mondo, è stato Yannis Vardakastanis, presidente dell’EDF (European Disability Forum), che per due anni, quindi, porterà a livello globale l’esperienza e l’autorevolezza maturate nel “Vecchio Continente” Yannis Vardakastanis nuovo presidente dell'IDA (International Disability Alliance) Dal 1° luglio 2012, Yannis Vardakastanis, presidente dell’EDF (Europena Disability Forum), ha assunto – per due anni – la principale carica dell’IDA (International Disability Alliance), organizzazione che è la vera e propria “voce” di circa un miliardo di persone con disabilità in tutto il mondo. «Grazie alla sua peculiare composizione – ha dichiarato lo stesso Vardakastanis – che si rifà alle principali organizzazioni internazionali che si occupano dei diritti delle persone con disabilità, oggi l’IDA è indiscutibilmente la “voce dei senza voce” presso le Nazioni Unite e le altre Istituzioni internazionali, la voce di tutti coloro che sono esclusi dalle decisioni concrete e dalla partecipazione politica. È importante sapere che l’IDA li rappresenta tutti nell’arena politica internazionale». “Organizzazione-ombrella” delle principali federazioni e associazioni internazionali e locali, l’IDA ha come obiettivo fondamentale quello di promuovere una piena ed effettiva implementazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, tramite il coinvolgimento attivo delle stesse organizzazioni di persone con disabilità che la compongono. Essa sviluppa importanti attività nelle aree della tutela legale e della “costruzione di consapevolezza” delle persone, sostenendo i movimenti nazionali, sempre all’insegna di una piena collaborazione tra le sue varie componenti, che rappresentano tutti i tipi di disabilità. Quale presidente dell’EDF, Vardakastanis porterà certamente a livello globale l’esperienza e l’autorevolezza maturate in questi anni di impegno nel movimento del “Vecchio Continente”, rappresentando con forza tutte le persone con disabilità, nei confronti dei vari attori internazionali, politici, sociali ed economici. «Ora – ha dichiarato in tal senso Pietro Barbieri, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – si può realmente dire che in ambito di disabilità l’Europa rappresenti il mondo!». (S.B.) 2 luglio Fonte: superando.it

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POVERTÀ E INCLUSIONE SOCIALE: CRESCERE I FONDI EUROPEI Lo chiede l’EAPN, la rete europea impegnata contro la povertà, rappresentata in Italia dal CILAP (Collegamento Italiano di Lotta alla Povertà), con una campagna volta a ottenere che la prossima programmazione dei Fondi Strutturali Europei destini il 25% delle proprie risorse al Fondo Sociale Europeo e che di questo 25% il 20% vada appunto alla lotta contro la povertà e per l’inclusione sociale Particolare di ragazzo in carrozzina Spesso i "più poveri tra i poveri" sono proprio le persone con disabilità I Fondi Strutturali Europei costituiscono uno degli strumenti finanziari con cui l’Unione Europea intende ridurre gli squilibri socioeconomici tra le regioni degli Stati Membri. Essi hanno sostanzialmente l’obiettivo di mettere in campo la politica economica di coesione sociale perseguita a livello centrale e quindi prevedono la distribuzione di risorse finanziarie nel rispetto di una Programmazione che viene “spalmata” per periodi di tempo lunghi diversi anni: attualmente si rientra nella Programmazione 2007-2013. Si possono distinguere alcune differenti tipologie di Fondi Strutturali Europei, a seconda del particolare settore di intervento a cui essi sono dedicati: - Fondi Europei Strutturali di Sviluppo Regionale (FESR), che hanno l’obiettivo di promuovere la coesione economica e lo sviluppo dell’occupazione. - Fondi Sociali Europei (FSE), che hanno l’unico obiettivo di sostenere l’occupazione negli Stati Membri. - Fondi Europei Strutturali Agricoli (FEAOG), che vanno a sostegno della politica agricola definita a livello centrale. - Strumento Finanziario di Orientamento della Pesca (SFOP), che va a sostegno in maniera diretta e mirata delle attività di pesca e dell’acquacoltura. A tal proposito l’EAPN (European Anti-Poverty Network), rete europea impegnata nella lotta alla povertà, rappresentata in Italia dal CILAP (Collegamento Italiano di Lotta alla Povertà), sta coordinando una campagna delle organizzazioni non governative continentali, che lavorano nel sociale, per ottenere che la prossima programmazione dei Fondi Strutturali destini il 25% delle proprie risorse al Fondo Sociale Europeo e che di questo 25% il 20% vada alla lotta contro la povertà e per l’inclusione sociale. Si tratta apparentemente di una questione assai “tecnica”, ma il cui è impatto è certamente notevole, per il sostegno ai poveri, ai disoccupati e ai lavoratori indigenti, senza mai dimenticare che spesso – come più volte è stato scritto anche su queste pagine – i “più poveri tra i poveri” sono proprio le persone con disabilità e le loro famiglie. (S.B.) 2 luglio Fonte: superando.it

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RAPPORTO ISTAT SU POVERTA': LE PERSONE CON DISABILITA' SONO ANCORA IGNORATE! Si tratta di una assenza importante, soprattutto alla luce del fatto che le famiglie con componenti disabili devono affrontare spesso spese aggiuntive E' di pochissimi giorni fa la pubblicazione del rapporto Istat "La povertà in Italia 2011", che fotografa la situazione di povertà assoluta e relativa degli italiani per il 2011, con dati tra l'altro decisamente preoccupanti. Secondo le cifre, gli italiani che versano in condizioni di relativa povertà sarebbero 8,1 milioni, ovvero l'11% del totale. Tra di essi, in particolare si riscontrano famiglie con operai, in maggioranza al sud e nelle quali ci sia almeno un figlio. Come ogni rilevazione statistica, diversi sono i parametri considerati per definire i contorni di questa sorta di fotografia sociale. Tra quelli utilizzati, luogo di residenza, numero di componenti, presenza di figli minori, occupazione e titolo di studio, ecc. Quello che salta all'occhio, è l'assenza delle persone con disabilità che, come dichiarato dall'Anffas - Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale-, sono ancora una volta ignorate. "Le persone con disabilità" - denuncia Roberto Speziale, Presidente nazionale Anffas - "continuano ad essere escluse e non considerate, nelle loro specificità, in statistiche la cui importanza, soprattutto in tempi di crisi, è evidente a tutti. E' ciò nonostante la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia con L. 18/09, imponga chiaramente al nostro Paese (in particolare all'art. 31) di realizzare indagini, statistiche e ricerche che permettano di formulare ed attuare politiche per la concreta applicazione della Convenzione stessa". Tra l'altro si tratta di una assenza importante, soprattutto alla luce dei dati che ci confermano come le famiglie con almeno un componente disabile siano vessate da spese superiori alla media, ad esempio per quanto riguarda le bollette dell'energia elettrica. Secondo i dati di una recente ricerca di Cittadinanzattiva, infatti, per le famiglie costrette ad utilizzare apparecchiature elettromedicali si parla di una spesa media annua di 1.152€ per la bolletta energetica, di cui 230€ legati ai consumi "sanitari". A questo proposito, infatti, continua Speziale: "i seppur pochi dati a disposizione in materia (si pensi ad esempio al rapporto Osservasalute 2010) indicano che le famiglie al cui interno sono presenti componenti con disabilità sono più esposte di altre al rischio povertà e che esiste un consistente gap economico tra queste e tutte le altre. Eppure, nel nostro Paese, le persone con disabilità e le loro famiglie continuano ad essere ignorate e ciò comporta un grave danno per il rispetto dei loro diritti umani e per la realizzazione di adeguate politiche". Infine, da parte dell'Anffas, un auspicio affinchè "il nostro Paese voglia finalmente mettere in campo seri strumenti di rilevazione in tal senso, anche in vista del Piano Nazionale sulla disabilità che, all'atto della ratifica della Convenzione Onu, si è impegnato ad emanare". 23 luglio Fonte: disabili.com

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RAPPORTO ISTAT SULLA POVERTÀ, "IGNORATA LA DISABILITÀ INTELLETTIVA" La denuncia dell'Anffas: le persone disabili "continuano ad essere escluse e non considerate, nelle loro specificità, in statistiche la cui importanza, soprattutto in tempi di crisi, è evidente a tutti". Le famiglie con componenti disabili "più esposte al rischio povertà" pochi monente nelle mani ROMA L'Istat ignora la disabilità: all'indomani della pubblicazione del rapporto su "La povertà in Italia 2011", non mancano le polemiche. In una nota appena diffusa, il presidente dell'Anffas, Roberto speziale, denuncia: "Le persone con disabilità continuano ad essere escluse e non considerate, nelle loro specificità, in statistiche la cui importanza, soprattutto in tempi di crisi, è evidente a tutti. E' ciò nonostante la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia con L. 18/09, imponga chiaramente al nostro Paese (in particolare all'art. 31) di realizzare indagini, statistiche e ricerche che permettano di formulare ed attuare politiche per la concreta applicazione della Convenzione stessa". Una lacuna grave, quindi, quella segnalata dall'Anffas, anche perché "i seppur pochi dati a disposizione in materia (si pensi ad esempio al rapporto Osservasalute 2010) - riferisce Speziale - indicano che le famiglie al cui interno sono presenti componenti con disabilità sono più esposte di altre al rischio povertà e che esiste un consistente gap economico tra queste e tutte le altre. Eppure, nel nostro Paese, le persone con disabilità e le loro famiglie continuano ad essere ignorate e ciò comporta un grave danno per il rispetto dei loro diritti umani e per la realizzazione di adeguate politiche. Auspichiamo - conclude Speziale - "che il nostro Paese voglia finalmente mettere in campo seri strumenti di rilevazione in tal senso, anche in vista del Piano Nazionale sulla disabilità che, all'atto della ratifica della Convenzione Onu, si è impegnato ad emanare". 18 luglio Fonte: superabile.it

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DISABILI: ARGENTIN (PD), PIU’ SOSTEGNO PER VITA SOCIALE, LAVORO E SCUOLA (AGENPARL) - Roma, 06 lug - Norme che sostengano l’inserimento nella vita sociale, lavorativa e scolastica delle persone disabili. Lo chiede in un’interrogazione, indirizzata al Presidente del Consiglio e ai ministri del Lavoro e dell’Economia, Ileana Argentin del Pd. A sollevare il problema la preoccupazione “da parte delle persone con disabilità e delle loro famiglie, timorose che per il calcolo del nuovo ISEE ci si riferisca anche a pensioni, indennità e assegni riservati agli invalidi civili, ai ciechi e ai sordi, comprese l'indennità di accompagnamento e l'indennità di comunicazione, fino ad oggi erogate a prescindere da qualsiasi livello di reddito”. La deputata democratica spiega ancora che da organi di stampa si apprende “che nella bozza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di revisione dell'ISEE attualmente in discussione vi sia la volontà «di includere nell'indicatore della situazione reddituale anche “trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito e buoni spendibili per l'acquisto di servizi se denominati in euro, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche”. Una scelta - spiega ancora Argentin - che, combinata con l'eliminazione dalla scala di equivalenza del parametro aggiuntivo di 0,50, attualmente previsto nel caso di presenza nel nucleo di una persona con disabilità grave o non autosufficiente, comporterebbe effetti distorsivi, a svantaggio proprio dei disabili più gravi e dei non autosufficienti”. Se tutto ciò dovesse concretizzarsi “nei nuclei familiari in cui è presente una persona con disabilità, si aggiungerebbero - evidenzia la firmataria del documento -, nel calcolo dell'ISEE, oltre ai redditi anche altre somme, mentre verrebbe meno il parametro aggiuntivo dello 0,5, precedentemente riconosciuto per i nuclei in cui fosse presente una persona con disabilità con invalidità superiore al 66 per cento”. Per fare chiarezza e dare risposte ai dubbi degli interessati, Argentin, chiede, inoltre, di rendere noto lo stato attuale dell’'iter di approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla revisione dell'ISEE. 9 luglio Fonte: agenparl.it

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FAMIGLIE CON DISABILI E “POVERTÀ ENERGETICA”: FINO A 3 MILA EURO PER L’ELETTRICITÀ Rapporto di Cittadinanzattiva. La bolletta per chi è costretto a utilizzare apparecchiature elettromedicali si attesta su una media di 1.152 euro l’anno che può arrivare fino a 3 mila ROMA - Una spesa media annua di 1.152 euro, di cui 230 legati ai consumi “sanitari”. A tanto ammonta la bolletta energetica di una famiglia costretta a utilizzare apparecchiature elettromedicali. Quasi il doppio di quella di una famiglia tipo. A volte tali spese arrivano anche a 3.000 euro. Lo dice l’indagine pilota sull’impatto economico della spesa energetica sul reddito di famiglie con persone disabili, realizzata da Cittadinanzattiva, grazie alla rete CnAMC -Coordinamento nazionale delle Associazioni dei malati cronici e con il sostegno di Acquirente unico. Lo studio si concentra sulla “fuel povertà”, la povertà energetica che “ rappresenta un fenomeno recente ma in continua crescita, anche a causa dell’incremento dei costi dell'energia per le utenze domestiche e dell'attuale grave crisi economica: si stima che tra i 50 e i 125 milioni di cittadini europei siano ai margini della fuel poverty o quanto meno a rischio di esserne colpiti” si legge. Il concetto di fuel poverty è stato definito chiaramente solo nel Regno Unito: “una famiglia si trova in una condizione di fuel poverty quando spende più del 10% del proprio reddito disponibile per i propri bisogni di energia, comprendendovi l’utilizzo degli elettrodomestici, e per dotare la propria abitazione di un sufficiente livello di comfort e di salubrità”. Ciò nonostante, spiega Cittadinanzattiva, tale condizione di disagio è facilmente riscontrabile in una famiglia che presenta una o più di queste situazioni: bassi redditi, scarso livello di comfort termico nell’abitazione; presenza di disabili, malati cronici e pazienti con patologie invalidanti. “Le famiglie, che hanno optato per il mercato libero nel 27% dei casi, presentano in casa almeno tre apparecchiature mediche nel 31% dei casi, e nel 16% usufruiscono di una potenza istallata superiore ai 4KW – si legge nel rapporto - . Tenendo conto che la spesa media annua di una famiglia tipo in Italia è di 515 euro per l’energia elettrica, tali famiglie spendono in più 637 euro. Di questi, solo una minima parte sono coperti dal bonus sociale elettricità (155 euro), mentre ben 482 rimangono completamente a carico delle famiglie. E per la scarsa informazione, il 16% degli aventi diritto non accede a tale bonus”. Questa bolletta energetica di oltre 1.150 euro secondo il segretario generale di Cittadinanzattiva Antonio Gaudioso, “va a sommarsi a una serie di costi privati che molte persone invalide e con patologia cronica sono costrette a sostenere, dalla badante ai farmaci non rimborsati, a presidi e ausili non garantiti dal Ssn e altro, per un totale di oltre 16mila euro annui. Per tutta risposta, il fondo per l’autosufficienza è stato azzerato, i bonus sociali elettricità sono di importo ridicolo né vengono adeguati o estesi per le apparecchiature non salvavita ma ugualmente necessarie per la qualità di vita. Si stima che circa 300.000 persone sono attualmente escluse da questa forma di sostegno. Chiediamo alle forze politiche e alla stessa Autorità di settore di intervenire quanto prima a tutela di questi gruppi vulnerabili di popolazione”. Lo studio è stato presentato oggi a Roma nell’ambito del convegno “Energia e cronicità: La solidarietà sociale per l’abbattimento della fuel poverty” al quale hanno partecipato, tra gli altri, esponenti di Aeeg, ministero della Salute, ministero del Welfare, componenti delle Commissioni Affari sociali della Camera dei deputati e Igiene e sanità del Senato, della Fish-Federazione Italiana per il superamento dell’handicap. L’indagine è stata condotta su un campione accidentale di 115 soggetti, appartenenti a cinque associazioni di pazienti che collaborano con il CnAMC: Aisla, Aism, Parent Project Onlus, Uildm, Associazione Italiana Pazienti Bpco. Lo studio ha circoscritto il fenomeno della fuel poverty ai nuclei familiari che presentono al loro interno persone afflitte da patologie croniche invalidanti: distrofia muscolare (42,5% del campione), sclerosi multipla (30%), Bpco (17,5%), Sla (10%). Il rapporto ricorda che la normativa attuale distingue di fatto tra dispositivi di serie A e di serie B. I primi (i dispositivi “salva-vita”) danno diritto al bonus, e sono quelle apparecchiature a funzionamento elettrico necessarie per il mantenimento in vita del paziente. In pratica, sono apparecchiature di supporto alle funzioni cardio-respiratoria, renale, alimentare e per le attività di somministrazione. Tra le apparecchiature che invece non danno diritto al bonus, rientrano i mezzi di trasporto ed ausili per il sollevamento (es. ascensori, montascale, carrozzine elettriche) e i dispositivi per la prevenzione e la terapia di piaghe da decubito. “Le carenze del SSN comportano per la persona con patologia cronica, e per il suo nucleo familiare, l’assunzione di notevoli costi privati, soprattutto per il supporto assistenziale (badante), la spesa farmaceutica, l’assistenza psicologica, l’assistenza protesica, le prestazioni di diagnostica e di specialistica – ricorda lo studio -. A queste, vanno aggiunte, in molti casi, le suddette spese per le apparecchiature elettromedicali”. Tra queste, quelle maggiormente frequenti nelle case dei pazienti intervistati sono: ventilatore polmonare (58%), carrozzina elettrica (42%), sollevatore mobile (30%), aspiratore (20%), ascensore/montascale (19%), apparecchiatura per pressione positiva continua (12%), materasso antidecubito (9%), nutri pompa (5%), umidificatore elettrico (4%), concentratore di ossigeno (2%), monitor per controllo notturno (2%). 3 luglio Fonte: redattore sociale

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Rassegna stampa realizzata da Luciano Necco Ufficio Politiche per le disabilità – Cgil Nazionale tel. 068476238 [email protected] [email protected]

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