Convegno nazionale dirigenti scolastici, Senigallia 8 ... - Flc Cgil

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16 mag 2013 ... analizzare i problemi educativi e il potenziale di miglioramento. ... I dirigenti scolastici e la leadership delle scuole sono al centro delle agende ...
CONVEGNO NAZIONALE Gestire il declino o costruire il futuro?

La gestione unitaria della scuola autonoma alla prova del presente: nuovi bisogni formativi, dimensionamento, miglioramento e valutazione, innovazioni organizzative e ordinamentali

Senigallia, 8 e 9 maggio 2013 Auditorium comunale "Chiesa dei cancelli" Una finestra sull’Europa: modelli, linee di tendenza, problemi di sviluppo della dirigenza scolastica. Angelo Paletta, Professore di Economia aziendale Alma Mater Studiorum-Università di Bologna In letteratura, in politica e nella gestione dei sistemi educativi, i dirigenti scolastici e la leadership di ogni singola scuola rappresentano un punto di vista rilevante per analizzare i problemi educativi e il potenziale di miglioramento. Numerose ricerche dimostrano che esiste una relazione significativa, positiva, tra l’esercizio della leadership scolastica e gli apprendimenti degli studenti. La variabile “leadership” è seconda soltanto alla “classe” in merito ai fattori scolastici che contribuiscono al miglioramento degli apprendimenti (Leithwood, Louis, Anderson, Wahlstrom, 2004; Marzano, Waters, McNulty, 2005). Secondo Hallinger e Heck (1998) gli effetti combinati, diretti e indiretti, della dirigenza scolastica sui risultati degli alunni sono piccoli, ma significativi. Mentre la leadership spiega solo tra il 5% e il 7% della differenza degli apprendimenti tra scuole, questa differenza è in realtà circa un quarto della varianza spiegata da tutte le variabili a livello di scuola, dopo aver controllato per il background degli studenti. Alcuni ricercatori affermano che l’impatto della leadership è ancora più importante nelle scuole che partono da basse performance a causa della presenza di una popolazione di studenti e famiglie con un basso status socio economico e culturale (Paletta, 2011; Branch, Hanushek, Rivkin, 2012). La nomina di un nuovo dirigente scolastico o il mantenimento di quello precedente, a livello internazionale sta emergendo come una delle strategie più importanti per favorire i processi di ristrutturazione delle scuole sottoposte a misure speciali (Matthews, Sammons 2005) Altre ricerche hanno messo in luce che i dirigenti scolastici rappresentano un fattore determinante nelle decisioni degli insegnanti di rimanere in una determinata scuola oppure di cambiare scuola (Boyd et. al. 2011), nel costruire cultura organizzativa e fiducia nella (e intorno) alla scuola (Bryk, Schneider, Greenberg, & Kochanek, 2002), nell’influenzare la possibilità di effettiva implementazione delle politiche dell’istruzione e il modo in cui le stesse politiche sono interpretate nell’operatività quotidiana (Halverson, Clifford, 2006). I dirigenti scolastici e la leadership delle scuole sono al centro delle agende di politica dell’istruzione dei paesi Ocse (Oecd 2008). Molti paesi hanno decentralizzato i propri sistemi educativi, rendendo le scuole più autonome, ma anche maggiormente responsabili per i rendimenti scolastici dei propri studenti misurati attraverso test standardizzati nelle discipline di base. Lo School-Based Management (SBM) è un approccio al tema del decentramento nell’istruzione in base al quale la singola scuola

si fa carico localmente della maggior parte delle decisioni in ambito didattico, organizzativo, finanziario e di gestione del personale (Arcia et. al., 2011). Gli specifici ingredienti della ricetta implementata - su che cosa decide la scuola e a chi all’interno della scuola sono attribuiti autorità e responsabilità - cambiano da sistema a sistema, ma tutte le soluzioni tentano di migliorare l’efficacia delle scuole facendo leva su considerazioni di vicinanza ai problemi, partecipazione e accountability. L’idea di base è che il trasferimento di poteri decisionali a chi è più vicino ai problemi ed ha le competenze per comprenderli e risolverli, possa migliorare i rendimenti scolastici degli studenti (Paletta, Isac, Vidoni, 2012). In un contesto di autonomia, ai dirigenti scolastici sono richieste competenze manageriali la cui acquisizione non può essere data per scontata sia perché sono normalmente distanti rispetto al background professionale di provenienza sia perché possono non avere ricevuto sufficiente attenzione nei programmi di formazione formale. In alcuni casi, sono cambiate le regole d’ingaggio rispetto alle richieste che il sistema amministrativo ha posto ai dirigenti al momento dell’entrata in servizio. L’autonomia scolastica, soprattutto nei sistemi nazionali dove le scuole condividono il potere decisionale con gli enti locali e l’amministrazione ministeriale, rende il lavoro del dirigente particolarmente gravoso sul piano amministrativo e del coordinamento inter-istituzionale, assorbendo il tempo dei dirigenti a scapito dell’attenzione che gli stessi dovrebbero dedicare al miglioramento dell’insegnamento e degli apprendimenti. Anche i sistemi di accountability incidono profondamente sul lavoro dei dirigenti scolastici, creando attese e responsabilità per il livello degli apprendimenti degli studenti in accordo a standard definiti centralmente. In molti paesi ciò ha determinato un cambiamento radicale delle responsabilità dei dirigenti, passando dalla conformità a procedure amministrative (input) e dalla gestione dei processi (output), alla responsabilità per gli outcome della scuola. Gli outcome, per loro stessa natura, sono co-prodotti dalla scuola insieme a molteplici fattori di origine extra-scolastica e implicano un orizzonte temporale di lungo periodo per essere apprezzati attraverso misure longitudinali di valore aggiunto. I dirigenti scolastici non hanno diretta influenza sugli outcome e devono ripensare il proprio approccio alla gestione rispetto a quei fattori antecedenti gli apprendimenti (vision, sviluppo professionale, valutazione, leadership distribuita, relazioni con le famiglie, ecc.) che possono guidare gli insegnanti, in un ogni specifico contesto organizzativo, verso il miglioramento delle pratiche educative. Le richieste di accountability implicano un significativo investimento da parte dei dirigenti scolastici nello sviluppo di competenze di analisi, documentazione e comunicazione dei dati dei test standardizzati e la capacità di motivare i docenti ad impiegare collegialmente tali informazioni nei processi di riprogettazione dei processi d’insegnamento. Tra i fattori di contesto che rappresentano una sfida rispetto allo sviluppo della dirigenza scolastica occorre sottolineare le richieste sociali di un reale rinnovamento delle pratiche professionali per rispondere a bisogni educativi sempre più complessi. Le indagini internazionali gestite dall’Oecd e da Iea (Timss, Pirls, Iccs) hanno messo in luce la necessità di accrescere il livello generale degli apprendimenti, coniugando qualità ed equità dell’istruzione nelle discipline di base. Ma per molti paesi questa è soltanto la punta di un iceberg che costringe le scuole ad incorporare fabbisogni educativi differenziati, personalizzazione delle pratiche d’insegnamento, sviluppo di una didattica basata sulle competenze, costruzione di ambienti di apprendimento ricchi sul piano tecnico ed emozionale per accompagnare le esigenze di partecipazione e apprendimento attivo degli studenti, per fornire servizi educativi inclusivi per una popolazione studentesca sempre più multiculturale e con bisogni educativi speciali.

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In questo contesto, non solo gli insegnanti devono acquisire nuove conoscenze metodologiche di progettazione, realizzazione e valutazione del proprio lavoro, ma devono essere anche capaci di farlo in gruppo, ponendo lo studente al centro delle pratiche educative, enfatizzando l’unitarietà dei processi cognitivi sottostanti le diverse specializzazioni disciplinari. Sotto questo aspetto il ruolo educazionale del dirigente (Scurati 1995) diventa fondamentale per promuovere l’innovazione e presidiare la qualità dell’insegnamento all’interno di ambienti di apprendimento sempre più sofisticati. In effetti, questo rinnovato focus sull’insegnamento-apprendimento enfatizza il ruolo del dirigente scolastico come leader di una learning organization nella quale gioca un ruolo attivo di guida e supporto: monitoraggio e valutazione delle prestazioni degli insegnanti; predisposizione delle condizioni organizzative affinché siano diffusi i ruoli di mentorship e coaching; programmazione concordata con i singoli insegnanti delle azioni di sviluppo professionale; promozione della leadership distribuita e della collegialità; utilizzo di evidenze empiriche a supporto dei processi di miglioramento. D’altra parte, l’enfasi sul miglioramento complessivo degli apprendimenti di una popolazione studentesca variegata come background e attese, esercita una forte pressione finanziaria sulle scuole. Le scuole sono chiamate a fare di più e meglio, in uno scenario economico che in numerosi paesi europei desta preoccupazioni per la sostenibilità dei sistemi educativi. La consapevolezza che gli ambienti di apprendimento siano diventati più costosi, che in futuro richiederanno un forte fabbisogno finanziario per investimenti in nuove professionalità, nuove tecnologie, formazione del personale e dispositivi didattici, si scontra con la significativa riduzione delle risorse statali e i tagli della finanza pubblica. I sistemi educativi sono chiamati, da un lato, a investire in modo selettivo nell’istruzione, ma individuando bottom-up (attraverso le scelte delle singole scuole) le priorità d’intervento e, dall’altro, a ripensare gli attuali modelli di allocazione delle risorse. In contesti istituzionali decentralizzati i dirigenti scolastici hanno dovuto sviluppare nuove capacità imprenditoriali e manageriali nella gestione strategica della scuola sia per cercare di diversificare le fonti di finanziamento, allargando la base delle risorse su cui poter contare, sia per individuare ed eliminare gli sprechi nell’impiego delle risorse disponibili. Questo discorso riguarda principalmente il personale e va inteso correttamente per evitare d’incorrere nell’errore di fare dell’efficienza un falso totem davanti al quale sacrificare l’eliminazione di posti di lavoro e di professionalità. L’esigenza di fare di più e meglio sul piano della mission educativa costringe le scuole a ripensare in un’ottica di efficienza allocativa gli attuali patterns d’impiego del personale. Occorre chiedersi anzitutto se la molteplicità di attività, progetti, iniziative che le scuole hanno sviluppato nel corso del tempo, abbiano un chiaro orientamento al miglioramento degli apprendimenti dei propri studenti. Ad esempio, in Italia numerose scuole, attraverso i singoli insegnanti, hanno saputo interpretare in modo creativo l’autonomia didattica, manifestando una ricchezza progettuale che per certi versi è indice di attivismo e impegno nello sviluppo dell’offerta formativa. Ma l’osservazione empirica ha anche messo in luce che i progetti didattici, anche se di grande valore sul piano pedagogico, possono essere del tutto disallineati rispetto ai problemi in quel momento prioritari in una specifica scuola (Paletta 2011). In effetti, ragionare in termini di efficienza allocativa significa prendere atto della necessità di perseguire strategie per sostituzione, come contrapposte a strategie per accumulazione, il cui fondamento di razionalità poggia sulla concretezza del fare qualità a partire dalla riallocazione delle risorse disponibili, liberando energie fisiche e intellettuali che nella migliore delle ipotesi sono invischiate in schemi gestionali pensati più per rispondere ad esigenze personali che per una reale comprensione delle priorità della scuola e delle visioni di sviluppo da perseguire. www.flcgil.it

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Le dinamiche di cambiamento istituzionali e sociali brevemente tratteggiate, impongono una riflessione critica in merito al ruolo dei dirigenti scolastici come concepito per rispondere alle esigenze del passato: compiti, atteggiamenti, comportamenti sbilanciati verso la dimensione amministrativa appaiono poco appropriati per cogliere con successo le sfide educative in uno scenario in rapido cambiamento. I dirigenti scolastici dovrebbero avere primarie responsabilità associate al miglioramento degli apprendimenti degli studenti e ciò ne caratterizza l’orientamento professionale come leadership for learning. Questa consapevolezza si scontra con la difficile realtà della professione che emerge internazionalmente. L’Oecd (2008) sottolinea che in molti paesi i dirigenti scolastici hanno pesanti carichi di lavoro, molti hanno un’anzianità di servizio prossima al pensionamento e il tradizionale prestigio sociale associato alla figura del “preside” sembra perdere di attrazione a causa di limitate prospettive di carriera, ma anche a causa di supporto e incentivi inadeguati. Tutto ciò si pone in netto contrasto con il riconoscimento, empiricamente fondato, che la leadership scolastica giochi un ruolo chiave nel miglioramento della qualità e dell’equità dell’istruzione, influenzando le motivazioni e le capacità degli insegnanti, il clima e gli ambienti di apprendimento dentro e fuori le scuole. Alla luce di queste premesse l’obiettivo del presente contributo è l’analisi della leadership scolastica come leadership for learning, con particolare attenzione a due domande di ricerca: 1) in che modo, attraverso quali percorsi, il dirigente scolastico e la leadership di una scuola influenzano gli apprendimenti degli studenti? Questa domanda di ricerca richiama la distinzione tra effetti diretti ed effetti indiretti associati alla leadership (Hallinger, 2011; Leithwood, Harris, Hopkins, 2008), aprendo l’analisi di due forme contendenti di leadership for learning: instructional leadership e transformational leadership. Secondo un approccio di instructional leadership, il lavoro del dirigente scolastico influenza direttamente la didattica e il miglioramento delle pratiche educative all’interno delle classi. Ad esempio, il dirigente cura direttamente la trasformazione delle indicazioni nazionali nel curriculum della scuola, progetta esecutivamente la didattica con gli insegnanti, è coinvolto direttamente nell’assunzione di scelte in merito alle strategie didattiche e ai metodi di valutazione dell’insegnamento e degli apprendimenti. Se invece si assume un approccio di transformational leadership, allora l’impatto del dirigente scolastico è indiretto, ovvero il dirigente si preoccupa principalmente di costruire le capacità professionali, organizzative e relazionali per il miglioramento della scuola (capacity building) e tra queste capacità un ruolo di primo piano assume la promozione di una leadership distribuita. Quali sono i pro e contro dei due approcci di leadership? Quale approccio di leadership è praticabile nelle scuole italiane? 2) Quest’ultima domanda apre una seconda questione in merito a come la leadership è esercitata all’interno di specifici contesti, ovvero come le pratiche dei dirigenti scolastici si modifichino attraverso contesti istituzionali e socio culturali tra loro differenti (Belchetz, Leithwood, 2007). Tra i fattori di contesto istituzionale, un ruolo primario è esercitato dell’autonomia scolastica (Camminatiello, Paletta, Speziale, 2012; Paletta 2013): così la questione diventa come l’esercizio della leadership cambia in differenti contesti di autonomia? Un aspetto importante di questa relazione tra autonomia e leadership è che si tratta di una relazione di interdipendenza in forza della quale se è vero che l’esercizio della leadership è influenzato dal grado e dal tipo di autonomia, è anche vero che l’autonomia rappresenta anche un costrutto sociale della leadership, spiegando in questo modo perché all’interno delle stesse regole istituzionali le scuole possano interpretare diversamente la propria identità di “scuole autonome”.

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