Editoriale L'IMPORTANZA DEL SAPERE PER ... - Il Paese Possibile

13 downloads 87 Views 192KB Size Report
Editoriale. L'IMPORTANZA DEL SAPERE PER CREARE LAVORO E CAMBIARE L'ECONOMIA. -di Giuseppe Aprile. Qualche mese prima di morire, Sharo ...
Editoriale L’IMPORTANZA DEL SAPERE PER CREARE LAVORO E CAMBIARE L’ECONOMIA. -di Giuseppe Aprile Qualche mese prima di morire, Sharo Gambino, ultimo dei grandi scrittori calabresi allora ancora in vita, disse: “Peppe, che scriviamo a fare? Chi ci legge? La gente ci ignora. Poveri noi illusi!”. In altra occasione il mio amico Salvatore G. Santagata, uno dei giornalisti più significativi della mia terra, la Calabria, che dirigeva la rivista del Consiglio regionale, sosteneva di avere al massimo quindici lettori per le sue scritture. Nella città in cui vivo, Reggio Calabria, sono costretto, nelle varie occasioni in cui si parla del più e del meno, quando il discorso cade sui temi della cultura e delle scarse propensioni a leggere, a pensare a quello che quasi normalmente mi succede di verificare. Per esempio, ci sono tre grandi scuole nel raggio di pochi metri, l’una vicina all’altra: l’Istituto d’Arte, il Liceo Artistico, una scuola media. La mattina, alunni e professori passano tutti dalla stessa strada al cui angolo c’è un’edicola gestita da una splendida e giovane signora. Io ci vado spesso perché nell’Istituto d’Arte insegna materie letterarie uno dei miei migliori amici, Nino Chiriaco. Bene, in quell’edicola non si vendono che quattro copie di quotidiani al giorno e qualche settimanale che i vicini abitanti, magari casalinghe, comprano. “O che entrasse qualcuno di questi professori o di questi studenti, a comprare qualche libro o qualche giornale!”, si sfoga con me Nino. Insomma, le gente non legge, non apprezza il valore dell’arte, non recepisce il valore della comunicazione, non sente il bisogno di aggiornarsi anche per migliorare la sua capacità di insegnare e di rapportarsi con gli studenti. I quali, a loro volta, all’ora di uscita dalla scuola si liberano come forsennati evasi da un carcere e si ubriacano di una libertà sempre più spesso male utilizzata. Schiamazzi e urla di gioia per le strade, ai primi passi dopo l’uscita, servono solo per testimonianza di com’è fatta la scuola e del livello culturale di certi insegnanti che, però, se metti in discussione il loro metodo e la loro capacità, ti mangiano vivo. La colpa è sempre di alunni e genitori che si ignorano reciprocamente. Ci sono tante librerie in città. Tutti si lamentano per la scarsa vendita. Campano, dicono, con la vendita dei testi scolastici, all’inizio dell’anno, e di strumenti per la didattica scolastica: quaderni, penne, pastelli di colori, cartelle, matite, gomme per cancellare, compassi e righe per il disegno. Gli altri libri, quelli degli scrittori che scrivono narrativa, storia, saggistica varia, non si vendono che raramente. In tanti pubblicano e pochissimi vendono. Gli editori regionali vivono di stenti; di qualche commessa pubblica, della regione o della provincia o del comune, per i libri che vengono adottati nelle scuole. Meno male che chi scrive non lo fa per vendere. L’arte prescinde, infatti, dai fatti economici. Ma è anche vero che c’è una ripercussione gravissima dal fatto che scrittori, giornalisti, critici, artisti ed altri non sono al centro di una condizione utile di mercato. E trovi che si vive parzialmente per l’arte e la letteratura. Quasi tutti gli artisti fanno gli insegnanti di materie artistiche e gli altri insegnano nelle scuole per assicurarsi uno stipendio o sono costretti a ridurre la propria vocazione artistica dedicandosi alla professione che consenta uno stipendio sicuro e duraturo. Io stesso posso scrivere narrativa breve, minitesti e caratteri. Un romanzo richiede mesi e mesi per viverlo prima di scriverlo. E se vuoi fare un romanzo devi avere molto tempo da dedicare solamente alla narrazione per inventare, per fantasticare, per interpretare, vivere, fare esperienze legate alla vocazione creativa. C’è, infine, un dato sui cui deve prima o poi cominciare una riflessione generale. La nostra società ha un forte deficit di sapere, di attività di crescita derivante dalla informazione, dalla lettura, da una vera scuola, da una vita sociale di alto livello. È quello che con il presente lavoro voglio introdurre nella discussione dei problemi della società che non cresce, che resta al palo di fronte alle nuove esigenze che provengono da un nuovo modo di concepire la vita, dalle nuove relazioni

internazionali, dalle culture che vengono da altri paesi, una volta lontani, ma ora vicini a noi. Nel mondo sociale e politico di questo paese, ma anche di tanti altri paesi che si affacciano alla finestra della propria casa e recepiscono i nuovi flussi emigratori e le nuove influenze dei mezzi di comunicazione, è sempre più evidente lo stacco tra l’indilazionabilità dei più importanti problemi e i crescenti bisogni dei popoli. E si registra che si parla di tanti problemi che stanno in piedi da innumerevoli anni senza che si accenni a modifiche. Sembra utopia la sola ricerca del cambiamento. C’è qualcosa di assolutamente profondo che bisogna capire per spezzare il filo invisibile ma reale tra i bisogni dell’uomo e le leggi della natura umana. Tutto cambia e si modifica in base alle esperienze maturate, o maturande, negli stati e dobbiamo aggiornarci, attrezzarci per questa grande sfida del mondo contemporaneo che ci impone nuovi saperi e competenze per capire e nuove mentalità di fronte alla crescita dei bisogni ed alla modifica profonda in termini di qualità della vita e dei bisogni nuovi che sorgono e si aggiungono ai vecchi. Non era molto pesante, nel passato, non sapere tanto leggere e scrivere. La vita non aveva i labirinti di valori e di caratteri che oggi, invece, vede affermarsi senza consentire ad alcuno ignoranza e impreparazione. Una volta i giornali non si leggevano e non circolavano, i mezzi di comunicazione erano la lettera dell’emigrante e gli atti degli uffici istituzionali; la stessa televisione si ignorava sin dagli inizi degli anni sessanta in mezza Italia e tutti ricordano quando era in bianco e nero. Tutti usano il termine: “Quando il cinema non sapeva parlare”. Oggi il cinema parla e come! E devi capire! La televisione non si capisce se non si ha un discreto livello di cultura. La macchina è compagna di vita per ognuno di noi, il computer propone e impone nuove capacità conoscitive e descrittive. L’economia non può restare circoscritta ai vecchi schemi in cui si determinava tra punti di riferimento elementari e sintetizzabili a mente semplice. Non è più concepibile trascurare passi importanti per nuovi aggiornamenti che passano per programmi migliori nelle scuole per il moltiplicarsi delle relazioni sociali, per un rapporto sempre più fitto tra condizione di natura e esigenza sociale e tecnica. L’ignoranza rischia di devastare ogni potere di intervento per far fare passi in avanti alla società ed alla politica. Per far crescere l’economia, la politica, la società occorre collocarsi in modo nuovo rispetto al sapere ed alla cultura. L’ignoranza, che in verità è sempre stata nemica dell’uomo, ora è letale per il suo avvenire. E per noi, che siamo operatori sociali, è doppiamente urgente aggiornarsi e prendere coscienza di ciò. Giuseppe Aprile