paura, potere e religione - cesanlorenzo.it

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paura, potere e religione. Nel 1927 Bertrand Russell tenne il famoso discorso, più tardi raccolto in un libro, intitolato Perché non sono cristiano. Il famoso ...
paura, potere e religione Nel 1927 Bertrand Russell tenne il famoso discorso, più tardi raccolto in un libro, intitolato Perché non sono cristiano. Il famoso agnostico discusse davanti al suo pubblico alla National Secular Society di Londra temi comuni riguardanti l’esistenza di Dio e il suo carattere, facendo capo ad argomenti come la logica aristotelica su Dio come causa prima, le riflessioni di Newton sulle leggi naturali e l’argomento di Kant sui princìpi morali. Concludendo poi con una tesi sull’origine della religione: “La religione si basa essenzialmente sulla paura. In parte è il terrore dell’ignoto, in parte, il bisogno di immaginare qualcuno che ci aiuti e ci protegga nei pericoli: come una specie di fratello maggiore. In principio dunque, fu la paura: paura dell’ignoto, paura dell’insuccesso, paura della morte.”[1] Penso che Bertrand Russell abbia ragione. La religione infatti è per molte persone come una forma di contratto divino: con la nostra paura di fronte al mondo, promettiamo fedeltà a Dio e una vita virtuosa in cambio di protezione contro i mali della società e della natura. Sappiamo di non essere in grado di proteggerci da soli; sapendo che l’intelligenza umana e la tecnologia non sono una accoppiata vincente contro i pericoli della vita e della morte, costruiamo un sistema di ubbidienza e ricompensa. E da questa terribile angoscia, cercare di placare Dio per timore di soffrire, emergono i peccati della religione collettiva: senso di superiorità nei confronti degli altri, l’esclusione del diverso, legalismo, rigidità, ubbidienza priva di gioia. E’ una forma di religione che opprime le persone. E questa fu la critica che Gesù lanciò contro la religione dei suoi giorni. Egli condannò l’ubbidienza noncurante alle leggi e alle regole che non comprende il loro vero scopo. Denunciò lo status quo religioso che opprimeva il povero, non in grado di pagare i sacrifici di animali costosi, il malato, con pregiudizi nei suoi confronti, lo straniero, considerato indegno di Dio, e il pervertito morale, costretto a diventare emarginato. Gesù capiva che quando la religione si svincolava dalla paura essa diventava una religione veramente potente. Ognuno di noi ancora si avvicina a Dio con la propria prospettiva egocentrica e sminuisce coloro che gli sono attorno, sentendosi superiore.

Ma Gesù ovviamente non si fermò soltanto a quello. Egli aveva una visione delle vita e di Dio più sfumata per adagiarsi sull’agnosticismo di Russell. Lui osò avere un’alternativa alla religione dei suoi giorni e, io penso, a tutti i sistemi religiosi fondati sulla paura. La sua offerta di salvezza e della vita eterna era diversa soprattutto per questo: non era basata su come qualcuno si sarebbe comportato spiritualmente. Prima di tutto non era una questione di ubbidienza, moralità, irreprensibilità. Gesù sapeva che solo una religione egocentrica sarebbe nata da un inizio egocentrico. Al contrario, Gesù diceva alle persone che la loro salvezza dipendeva da ciò che lui avrebbe fatto per loro. Loro non dovevano compiere qualcosa, in quanto egli lo avrebbe fatto al posto loro, offrendo sé stesso come un sacrificio per pagare per i loro peccati e offrire loro la salvezza. La loro redenzione era un dono, un dono puro e gratuito, e uno non poteva sentirsi orgoglioso o superiore per aver ricevuto un dono immeritato. Se la nostra salvezza non dipende da ciò che noi abbiamo fatto, allora non c’è posto per la paura e l’insicurezza. La reazione spontanea che procede da un tale e sorprendente dono è gratitudine e amore. Uno non vede l’ora di esprimere la sua gioia in atti altruisti di servizio per altri e per Dio. Un’opzione, solitamente chiamata religione, prende vita dalla paura e stipula con Dio un contratto per avere protezione e salvezza in cambio. Lo stato d’animo che ne scaturisce è incertezza, non sappiamo mai se stiamo facendo abbastanza, e superiorità nei confronti delle altre persone che non si comportano come noi o che non credono nelle stesse cose in cui noi crediamo. L’alternativa di Gesù, il suo vangelo, proviene da gratitudine, come quando qualcuno riceve l’offerta gratuita di Gesù della salvezza. Le reazioni che ne scaturiscono sono amore e un servizio altruista nei confronti degli altri. Questi sistemi di vita sono molto diversi. Da lontano potrebbero apparire simili, ma i frutti che ognuno di essi produce crescono su terreni diversi. Per noi che investighiamo il cristianesimo, teniamo bene a mente che Gesù non sta offrendo una mera religione. Egli condanna e smantella la religione offrendo un’alternativa radicalmente diversa. E se noi osiamo seguire Gesù, e chiamarci cristiani, non dimentichiamo il fondamento di grazia in cui siamo entrati e in cui decade una vita basata sul contratto. Affinché qualcun altro non veda la nostra vita non trasformata, la nostra paura ansiosa e il nostro maltrattamento nei confronti degli altri, e non scriva un altro Perché non sono cristiano. René Breuel cesanlorenzo.it [1] Bertrand Russell, Why I am not a Christian (London and New York: Routledge, 1996), 18.