"Roma Dentro", giornale degli Istituti penitenziari di Roma - Ristretti.it

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È vero siamo stati noi a sbagliare ma quanti vorrebbero recuperare ..... A2. Una volta a settimana. Una volta a settimana. Giovedì 13.30-15.00, una/due volte al ...
R ROMADENTRO T R I M E S T R A L E

[ O T T O B R E / N O V E M B R E / D I C E M B R E

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N U M E R O

4 / A N N O

3 °



D I S T R I B U Z I O N E

A L L ’ I N T E R N O

D E G L I

I S T I T U T I

P E N I T E N Z I A R I

D I

R O M A

La festa per la fine del Ramadan a Regina Coeli di Francesco Lomoro EZIO SAVASTA DI “GENTI DI PACE”, ORGANIZZAZIONE INTERCONFESSIONALE LA RACCONTA A “ROMADENTRO”

della fine del periodo di Ramadan, evento religioso delle persone di fede mussulmana, e per l’occasione intervista Ezio Savasta della Comunità di Sant’Egidio Genti di Pace, in quanto movimento interconfessionale, come partecipa alle diverse iniziative religiose negli istituti di pena? Fornisce servizi per specifiche confessioni? Da quando entra in carcere? La Comunità di Sant’Egidio fin dalla sua nascita nel 1968 ha vissuto come fondamento l’amicizia ed il servizio ai poveri. Essere fedeli nell’amicizia a chi vive in difficoltà ci ha portato a seguire la vicenda dei nostri amici anche quando dovevano scontare delle pene in carcere. Il movimento internazionale Genti di Pace, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio nel 1999 nasce dall’amicizia con gli immigrati nelle scuole gratuite di italiano e nelle mense. Vi partecipano uomini e donne diverse. Attualmente, sono oltre diecimila le persone che ne fanno parte in Italia, Belgio e Germania, provenienti da novantacinque paesi. Da più di dieci anni Genti di Pace anima per i detenuti varie iniziative. Delle occasioni particolari sono le ricorrenze religiose cristiane e musulmane. La Pasqua e il Natale per i cristiani e ad esempio l’Aid el Fitr, che si festeggia alla fine del mese di digiuno del Ramadan per le persone di fede islamica, sono momenti dove la solitudine e la lontananza della famiglia si sentono molto. Essere presenti in carcere in queste occasioni è un gesto di amicizia e di vicinanza molto importante. Festeggiare insieme le feste religiose per i membri di Genti di Pace è un segno di grande amicizia e rispetto. Le differenze allora non sono un ostacolo: noi crediamo e viviamo profondamente l’interesse verso la cultura, le tradizioni, la fede che portano con sé gli uomini di Genti di Pace appartenenti ai vari paesi. Le attività che svolgiamo in carcere sono il desiderio di non lasciare nessuno escluso da questo, ma farne partecipe tutti anche chi sembrerebbe più difficile da raggiungere. Un gruppo di volontari della Comunità di Sant’Egidio è presente in carcere

La giustizia ingiusta di Marco Loreti (ristretto a Rebibbia Nuovo Complesso) REQUISITI E CONDOTTA, FANNO I BENEFICI?

C iao ragazzi, sono uno di noi, già anche io detenuto presso il carcere di Rebibbia Nuovo Complesso. Mi trovo qui a raccontare quello che credo sia un pensiero comune e cioè lo stare reclusi, a scontare una pena a volte incongruente, comminataci da un giudice saccente che tutto fa tranne che giudicarci serenamente. E già, i pregiudizi ce li portiamo dietro continuamente, lo capiamo quando dopo aver scontato parte della pena, pur essendo nei parametri per accedere ai benefici, invece di essere ascoltati veniamo di nuovi giudicati. Come espresso dall’articolo 27 della Costituzione, la legge prevede delle alternative al carcere per chi abbia determinati requisiti: la partecipazione alle opportunità offerte dall’istituto; la frequenza alle scuole, ai corsi e quant’altro; un comportamento civile e privo di velleità; interagire con gli operatori ed avere nei confronti degli agenti un rapporto basato sul reciproco rispetto; lavorare se ci viene offerta la possibilità di farlo… Ok ci siamo, tanti di noi hanno questi requisiti ed anche un’offerta di lavoro o di accoglienza in una comunità, con l’appoggio esterno dei familiari

dalla fine degli anni ottanta. Certo non è facile organizzare degli incontri all’interno degli istituti penitenziari. Negli anni cercando la collaborazione di tutti, i cappellani e i volontari, i direttori, gli educatori e il corpo di polizia penitenziaria si è riusciti ad organizzare incontri come quello cha ha visto a metà settembre a Regina Coeli e a Rebibbia quasi duecento detenuti di fede islamica che hanno festeggiato l’Aid al Fitr con la preghiera, con una festa con rinfresco e musiche insieme ad un bel gruppo di persone venute “dalla libertà” per l’occasione. Avete ritenuto di adattare gli interventi rispetto alla composizione religiosa della popolazione detenuta? Riuscire a far entrare un Imam per i musulmani o un prete ortodosso per i romeni e gli altri detenuti cristiani-ortodossi viene sempre letto con un segno di grande dignità e comprensione. Dalla conoscenza reciproca nascono tante attenzioni. Il rispetto e l’amicizia passano anche da scelte semplici e particolarmente gradite: reperire dolci arabi e datteri nelle feste islamiche o dolci tradizionali del proprio paese, come quando abbiamo realizzato per l’Epifania una liturgia e una festa con i romeni presenti a Regina Coeli. La chiave è sempre la stessa: se si è amici e ci si conosce si fanno delle scelte che creano un clima di familiarità. È l’aria che si respira partecipando a questi incontri.

dell’incontro, facendo riferimento alla venuta dell’Imam per guidare la preghiera, mi ha detto:”Questo è il miracolo di Sant’Egidio”. Avete esperienze simili in altri istituti italiani? In tutti i luoghi dove siamo presenti ed è possibile noi cerchiamo di realizzare degli incontri come quelli che ho descritto. In molti Istituti di pena come ad esempio a Roma, Napoli, Vercelli ed altri, ogni anno realizziamo il Pranzo di Natale. Invitiamo a una tavola imbandita e decorata con una bella apparecchiatura natalizia tutti coloro che possono partecipare di tutte le fedi religiose. Si realizza un bel clima di festa, alla fine del pranzo c’è un regalo per tutti consegnato da “Babbo Natale”.

Era la prima volta che organizzavate la cerimonia di chiusura del periodo di Ramadan a Regina Coeli? Che risposta avete ricevuto dalla popolazione detenuta? La prima volta che abbiamo realizzato una festa di fine Ramadan in carcere è stato nel 1998 nella palestra di Rebibbia e per molti detenuti è stata la prima volta che un Imam ha mosso piede all’interno di un istituto di pena per fare la preghiera. L’entusiasmo e l’incredulità nei volti dei detenuti era evidente. Poter pregare in tanti insieme con il proprio Imam in un luogo come il carcere è un’occasione per avere restituita la propria dignità. Un mio amico cittadino del marocco detenuto alla fine

Genti di pace Promosso dalla Comunità di S.’Egidio è una risposta per uscire dall’emergenza dell’immigrazione e favorire l’integrazione e la solidarietà, nel rispetto delle differenze culturali e religiose. Contrasta la dispersione e l’anonimato che accompagna l’immigrazione dal sud e dall’est in Europa non su base etnica o nazionale, ma con una proposta che avvicina europei e immigrati e scioglie in radice il rischio di contrapposizioni e diffidenza. Al centro c’è il sogno che nessuno sia più straniero e che le diversità non siano conflitto o intolleranza ma un’occasione per scoprire il valore dell’incontro. Nel movimento ciò si realizza nella solidarietà per chi è in difficoltà e nell’impegno attivo, non violento, contro ogni forma di razzismo e intolleranza. Questo lo vogliamo vivere superando tutte le difficoltà e i muri di diffidenza e ignoranza presenti nelle nostre città, il nostro impegno varca i muri delle carceri per realizzare, in un pezzo di città spesso dimenticata, la possibilità di rapporti solidali che restituiscano dignità.

disposti ad accoglierci senza alcuna esitazione, che vivono a volte situazioni di disagio economico per le quali la nostra presenza sarebbe un toccasana. Ebbene ci presentiamo al cospetto di un tribunale che deve stabilire se possiamo usufruire di un beneficio, che ci potrebbe portare all’esterno di questo istituto, per poterci reintegrare in un mondo “normale”, quello che da tempo stiamo ad agognare. È vero siamo stati noi a sbagliare ma quanti vorrebbero recuperare, smettere di fare ciò che li ha condotti qui ad espiare la condanna per un reato che non vorrebbero più perpetrare, invece i magistrati di sorveglianza ci tornano a giudicare, una nuova causa andiamo a fare… Non si considera quello che abbiamo portato di nuovo ed incoraggiante nella nostra vita ma ci si sbatte sul viso il nostro vissuto, il nostro trascorso, a che serve il nostro percorso? Non si guarda al presente al nostro domani, si considera solo ciò che eravamo perciò non meritiamo. A questo punto ci troviamo a non capire cosa è che ho sbagliato, cosa sarà del mio avvenire, non mi sono forse ravveduto? Oppure forse sono stato fregato!!! E già, quale è la verità? Tenerci a bada con la millantata promessa di un beneficio per impedirci di vedere ciò che ci circonda, di notare che purtroppo a causa di un sovraffollamento cronico viviamo in luoghi degradanti mettendo a dura prova la nostra serenità e l’ope-

rato di chi interagisce con noi impedendoci di avere le cose più elementari tra cui le valide opportunità per affrontare il percorso che dovremmo fare. Non siamo quindi gli unici a soccombere per le carenze strutturali e gestionali, anche tutti coloro che operano e vivono come noi all’interno del carcere soffrono per il disagio che è reale, tutto ciò si ripercuote su di noi che a differenza però di tutti gli “altri” restiamo qui… reclusi. Senza indugiare a parlare di quanto “male” si possa stare, è sui benefici che voglio tornare: se ci spettano lasciateci andare, fateci provare a vivere diversamente, se lo riusciamo a fare, fuori da questo ambiente senza i pregiudizi che ci portiamo dietro eternamente. ROMADENTRO R

R omaDentro partecipa alla celebrazione

UNO

Oltre la tendenza, il giornale storico del G11 rinasce a cura della redazione del mensile A REBIBBIA NUOVO COMPLESSO VEDE NUOVA LUCE IL MENSILE D’INFORMAZIONE

G entile redazione RomaDentro, con questa lettera Vi informo che dal Reparto G11 della C.C. Rebibbia N.C. di Roma, è “rinato” il piccolo periodico mensile Oltre la Tendenza, conservando il nome originale poiché rievoca il precedente giornale che già veniva pubblicato in reparto fino a pochi anni fa con grande impegno e serietà di altri detenuti. Come loro, possiamo affermare di avere la stessa voglia di portare alla luce i nostri buoni propositi e quanto crediamo nella nostra voglia di un concreto impegno che dia ad altri un buon esempio e trasmetta le nostre più sincere intenzioni. Cercheremo inoltre di trasmettere i nostri pensieri con le vedute più ampie possibili, e non ristrette come il posto dove alloggiamo in questa parentesi della nostra vita, mettendoci quindi ciò che ci appartiene per diffondere un tipo di informazione vista anche da un’altra prospettiva, senza però mutare la veritiera indole delle notizie. Il nostro scritto sarà frutto di reinterpretazioni di cronaca, attualità, sport e fantasia, proprio come potrebbe accadere in una libera associazione culturale, e non limitandoci così a scrivere sempre e solo di carcere in ogni nostro numero, ma nemmeno trascurando l’ubicazione dalla quale scriviamo con le annesse difficoltà che orbitano attorno a questo microcosmo. Attualmente stiamo al secondo numero pubblicato, e per il terzo, di cui prevediamo l’uscita attorno alla prima settimana di gennaio, cerchiamo nuove possibilità di allargare i nostri orizzonti con cooperazioni ed “alleanze” tra più redazioni e volontari che apprezzino tale iniziativa. Certi che anche voi abbiate voglia di condividere con noi alcuni progetti o proporne di nuovi assieme, attendiamo di avviare una strada che porti a una collaborazione tra i nostri giornali, coscienti delle diversità, ma capaci di portare avanti delle idee comuni. Nel frattempo vi e ci auguriamo buon lavoro.

ROMADENTRO R DOVE

Cooperativa P.I.D. (Pronto Intervento Disagio)

Servizio convenzionato Rebibbia con il Comune di Roma: Nuovo Complesso orientamento, accompagnamento ai servizi socio-sanitari, reinserimento Rebibbia Femminile socio-lavorativo e invio alle strutture di accoglienza Rebibbia Reclusione

Regina Coeli

C.O.L. (Centro Orientamento Lavoro)

Servizio del Comune di Roma per l’orientamento al reinserimento occupazionale

Rebibbia Nuovo Complesso Rebibbia Femminile

COME E QUANDO

CHI

COSA

DOVE

COME E QUANDO

Domandina. Martedì mattina G9-G11; Giovedì mattina G12-G8. Altre sezioni su richiesta

Iistituto Tecnico Industriale Statale (I.T.I.S.)

Istruzione secondaria

Rebibbia Nuovo Complesso

Domandina. Da Lunedì a Venerdì. Tutte le sezioni

Rebibbia Femminile

Domandina. Da Lunedì a Venerdì pomeriggio Tutte le sezioni Domandina. Da Lunedì a Venerdì 8.40-12.40 Domandina. Da Lunedì a Venerdì pomeriggio Tutte le sezioni Iscrizione universitaria

Domandina/Lista Giovedì 9.00-13.00 Tutte le sezioni Domandina Giovedi mattina Domandina Mercoledì e Venerdì 9.00-13.00 Tutte le sezioni Domandina Mercoledì 9.30-13.00 Domandina/Lista Venerdì 9.00-14.00 Tutte le sezioni

Rebibbia Reclusione

Domandina Lunedì 9.30-13.00

Regina Coeli

Domandina Martedì 15.30-17.30 Tutte le sezioni Domandina Primo lunedì del mese G8-G9; terzo lunedì del mese G11-G12 Domandina Tutte le sezioni ogni 15 giorni

Istituto Professionale per il Turismo Istituto d’Arte e Liceo artistico

Istruzione secondaria, possibilità per il triennio Istruzione secondaria

Rebibbia Reclusione

Università La Sapienza di Roma (protocollo di intesa con il Ministero di Giustizia, il Comune di Roma e Ass. Giovani per la Costituzione) a cura del Gruppo universitario CarcereCultura Università di Tor Vergata

Facoltà di Giurisprudenza, Economia e Commercio, Ingegneria e Scienze Politiche, Filosofia. Accesso allo studio con tutor esterni e interni

Rebibbia Reclusione

Progetto «Teledidattica», Facoltà di Giurisprudenza, Economia e Commercio e Lettere e Filosofia Facoltà di Giurisprudenza, progetto «Libertà di studiare»: tutoraggio, affiancamento allo studio e pratiche universitarie Gruppo pedagogico

Rebibbia Nuovo Complesso

Iscrizione universitaria

Rebibbia Nuovo Complesso

G8

Rebibbia Reclusione

Attività trattamentali e osservazione della personalità. Ogni reparto ha uno o più educatori assegnati Attività di osservazione, sostegno psicologico e accoglienza nuovi giunti Attività di osservazione in relazione alle misure alternative, alle sanzioni sostitutive e alla libertà vigilata Servizio di mediazione culturale per stranieri

Tutti gli Istituti

Domandina/ Colloquio Lunedì pomeriggio Domandina/Registro Tutte le sezioni

Università La Sapienza

A.C.L.I. (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani) Difensore civico Associazione Antigone

Patronato EPASA

Garante Diritti Detenuti

Istruzione/Formazione Scuola elementare

Servizio di assistenza e consulenza fiscale. Pratiche INPS e di invalidità civile Sportello Diritti, informazioni e sostegno per l’effettività dei diritti e delle opportunità, condotto da esperti del sistema penitenziario e avvocati Avvio e aggiornamento di pratiche pensionistiche Informazione, promozione dei diritti e delle garanzie delle persone ristrette, sostegno per pratiche universitarie Istruzione primaria per italiani e stranieri

Rebibbia Nuovo Complesso

Rebibbia Nuovo Complesso

Amministrazione penitenziaria (figure di diretto riferimento)

Docente Maria Falcone Educatore di Reparto

Psicologo Regina Coeli

Rebibbia Nuovo Complesso

Domandina Due volte al mese Tutte le sezioni Domandina. Martedì, Giovedì, Venerdì 9.3018.00. G8-G11-G12 AS; Mercoledì 9.3018.00 G9-G8; Venerdì 9.30-18.00 G14

Rebibbia Femminile

Domandina. Giovedì 10.30-14.00 Tutte le sezioni

Rebibbia Reclusione

Domandina. GiovedìVenerdì, pomeriggio

Regina Coeli

Domandina. Martedì, Mercoledì e Venerdì Tutte le sezioni Domandina Da Lunedì a Venerdì 8.30/9.00-13.00 Domandina Da Lunedì a Venerdì 8.30/9.00-13.00 Domandina da Lunedì a Venerdì Tutte le sezioni

Istruzione primaria per italiani e stranieri

Tutti gli Istituti

Scuola media

Istruzione primaria

Tutti gli Istituti

Istituto Tecnico Commerciale

Istruzione secondaria

Rebibbia Nuovo Complesso

Assistente sociale U.E.P.E. (Ufficio Esecuzione Penale Esterna) Mediatore culturale

Servizi sanitari

Gruppi di sostegno alle persone detenute della sezione minorati Biblioteche

Rebibbia Reclusione

Operatori Ser.T

Biblioteche di Roma

Domandina da Lunedì a Venerdì 14.00-18.40

Tutti gli Istituti

Domandina Tutte le sezioni

Tutti gli Istituti

Domandina solo per detenuti definitivi Tutte le sezioni

Rebibbia Nuovo Complesso

Domandina/Segnalazione primo ingresso. Lingue rumeno, inglese, francese, spagnolo, russo e arabo

Cooperativa Sinnos

Rebibbia Femminile

Domandina/Segnalazione primo ingresso. Lingue rumeno, inglese, russo, bulgaro e cinese

Associazione Medea

Regina Coeli

Domandina/Segnalazione primo ingresso

Servizio pubblico per le tossicodipendenze: psicologi, medici e assistenti sociali Incontri di gruppo con educatore, psicologo, assistente sociale e psichiatra Biblioteca integrata nel Sistema bibliotecario comunale. Testi in lingua e cineteca

Tutti gli Istituti

Domandina.Due/tre volte a settimana

Rebibbia Reclusione

Ingresso libero. Gli orari di accesso differiscono da istituto a istituto

R ROMADENTRO Centri di ascolto

Ass. V.I.C. Caritas

COSA

QUANDO

Centro di ascolto, Tutti i giorni distribuzione vestiario e beni di prima necessità, casa-alloggio per permessi premio, ludoteca nella sezione minorati (convenzione Asl RmB) Comunità di S. Egidio Centro di ascolto Associazione Associazione che fa capo Matteo 25 al cappellano dell’Istituto Laboratori artistici II° C. T. P., Corso di mosaico Mercoledì, Giovedì Tiburtina Antica e Venerdì Compagnia teatrale Laboratorio teatrale Martedì, Mercoledì Stabile Assai e Venerdì 16.00-19.00 Ministeri di culto Religione cattolica Funzioni religiose Mercoledì e Sabato e catechesi Testimoni di Geova Centro di ascolto Incontri concordati di volta in volta Chiesa Avventista Centro di ascolto Incontri concordati di volta in volta Attività sportive Associazione U.I.S.P. Calcio, tennis, (Unione Italiana pallavolo, attività Sport Per tutti) motoria per i minorati psichici, ginnastica Volontariato Yoga Una volta alla settimana Laboratori formativi Educatore penitenziario Corso di formazione Lunedì 16.00-19.00 e produttivi Antonio Turco sull’orientamento penitenziario Coop.Sociale Zetema Corso di Arte museale Lunedì 13.00-15.00 Libero Iannuzzi Corso di Blues Sabato 16.00-19.00 E.N.A.I.P. Lazio Corso per operatori Tre volte a settimana (Ente Acli Istruzione sociosanitari Professionale) I.T.C. Van Neumann, Progetto «Libertà e sapere». Ogni quindici giorni prof. Giovanni Iacomini Incontri con studenti Mercoledì 16.00-18.00 e Gruppo Universitario delle scuole superiori

Tutti gli Istituti

Rebibbia Reclusione VIA BARTOLO LONGO N.72, 00156 ROMA

COME

CHI

COSA

QUANDO

Domandina

Professore Pomoni

Corso di mosaico

Area Educativa

Corso di elettricista

Martedì, Giovedì e Sabato Lunedì

Area Educativa

Corso di computer

Mercoledì

Circoli associativi

Albatros (ARCI – U.I.S.P.) A.C.L.I. CIDSI Lavorazioni interne Cooperativa su commesse esterne Syntax Error

Domandina Domandina Domandina

Cooperativa Pantacoop Domandina Cooperativa Spazio Verde Cooperativa Demetra Cooperativa COOS

Domandina Domandina

Attività culturali e ricreative Incontro e solidarietà Circolo detenuti stranieri Confezionamento pasti per la popolazione detenuta Costruzione di infissi in alluminio Gestione dell'orto e vendita dei prodotti Falegnameria Carrozzeria

COME

Domandina Domandina e selezione Domandina e selezione Ingresso libero Ingresso libero Ingresso libero

Domandina

ROMADENTRO Domandina Domandina

© Associazione Ora d’Aria con il contributo del Comune di Roma, Dipartimento V – U.O. Immigrazione e Inclusione sociale – Ufficio per i detenuti e/o ex detenuti direttore responsabile Carmen Bertolazzi segreteria di redazione Silvia Giacomini

Domandina Domandina

redazione Via della Mercede n.52, 00187 Roma – [email protected]

Si ringraziano per la disponibilità le Direzioni e le Aree trattamentali degli Istituti penitenziari romani. In collaborazione con il «Giornalino» (C.C. Femminile di Rebibbia) e il Gruppo Universitario Carcerecultura (C. R. di Rebibbia) illustrazioni di Agostino Iacurci progetto grafico orecchio acerbo editing e realizzazione Periscopio editoria e comunicazione

Domandina

Chiuso in stampa Dicembre 2010 c/o Futura grafica 70 s.r.l. N. 4/2010 Reg. n. 220 del 30/05/08 R ROMADENTRO

CHI

Rebibbia Femminile

a cura della redazione

COSA

DUE

a cura di Claudia Antonini

Servizi di Segretariato Sociale

CHI

Servizi comuni a tutti gli istituti

ROMADENTRO R COSA

QUANDO

COME

Anna Luisa Marongiu

Colloqui e pratiche pensionistiche Colloqui e pratiche pensionistiche Colloqui in lingua inglese, in particolare per donne africane Colloqui per accoglienza per permessi premio e misure alternative Pacchi Caritas e colloqui di accoglienza per permessi premio e misure alternative Catechesi propedeutica ai sacramenti Laboratorio sulla gestione costruttiva delle conflittualità e delle differenze Colloqui spirituali

Lunedì Camerotti

Domandina

Giovedì Camerotti Mercoledì Cellulare Martedì Camerotti e Cellulare

Domandina motivando la richiesta Domandina

Mercoledì Cellulare Sabato infermeria

Domandina

Martedì e Mercoledì Tutte le sezioni

Domandina

Anna Marletta

Suor Viera Farinelli

Suor Edicta Moreno

Suor Luigia Figini Suor Patrizia Pasini

Suor Paola Comunità di S.Egidio

Associazione V.I.C. Adelaide Martinelli e Fenoaltea Padre Richard Laboratori artistici

Volontariato

Ministri di Culto

Religione Cattolica

Comunità terapeutiche

Testimoni di Geova, Chiesa Evangelica, Chiesa Greco Ortodossa Fondazione Villa Maraini, «Progetto carcere»

Associazione Cusmano

Associazione La Tenda

Attività Sportive

Attività Ricreative

QUANDO

COME

Associazione U.I.S.P. (Unione Italiana Sport per tutti)

Pallavolo

Camerotti e Cellulare Martedì e Giovedì 13.30-16.30 Camerotti e Cellulare Sospesa Lunedì 15.00-18.00 Tutte le sezioni

Domandina

Associazione Ora d’Aria

Luciana Scarcia (Associazione A Roma Insieme) Associazione A Roma Insieme

Giovedì Tutte le sezioni Domandina

Venerdì Nido, Camerotti, Cellulare Sabato ogni 15 gg. Tutte le sezioni Venerdì o sabato pomeriggio infermeria Lunedì Cellulare e A2, Giovedì Cellulare

Domandina

Tutte le sezioni

Domandina

Giovedì 15.00-18.30 Cellulare e Camerotti Giovedì 12.00-15.00 A2 Una volta a settimana

Domandina

Una volta a settimana

Domandina

Orientamento individuale, gruppi di sostegno psicologico, colloqui per l’accoglienza in Comunità residenziale e semiresidenziale per tossicodipendenti Solo su segnalazione

Giovedì 13.30-15.00, una/due volte al mese

Domandina che segue lettera alla Comunità, descrivendo la propria situazione Via B. Ramazzini 31 00151 – Roma

Ogni 15 giorni

Gruppi di sostegno psicologico per tossicodipendenti

Lunedì 9.30-11.30

Lettera alla Comunità Via Cusmano 23 – 00062 Anguillara Sabazia [Rm] Domandina

Funzione religiosa e centro ascolto Centri di ascolto

COSA

Area trattamentale in collaborazione con volontari Volontario

Sabato 11.00-15.00 Tutte le sezioni

Colloqui con donne di etnia nomade Pacchi per indigenti e attività per ex detenute Colloqui con donne di lingua spagnola. Pratiche universitarie Confessioni e sostegno spirituale Patchwork

CHI

Associazione culturale Duncan3.0 Isabella Guadagni insegnante dell’I.C.S. «Via Tiburtina Antica» I.T.I.S. in collaborazione con il prof. Brazzoduro Psicologa dott.ssa. Ranucci Attività per bambini Associazione A Roma Insieme

Domandina Domandina Domandina

Domandina Associazione U.I.S.P. Lavorazioni Interne Associazione Ora d’Aria

ROMADENTRO R

Laboratori artistici

Volontariato Attività ricreative

Ministri di culto

«Romnia», incontri sulla cultura Rom Spazio ascolto e condivisione Musicoterapia e Arteterapia «Sabati di libertà», volontari portano i bambini fuori dal carcere Ludoteca alla presenza di un esperto durante i colloqui madre-figli Giocare a Rebibbia «La borsa delle immagini» Laboratorio produzione di borse

QUANDO

Suor Ancilla

Rapporto con le famiglie, distribuzione pacchi indumenti Colloqui di sostegno

Tutte le sezioni

Domandina

Biblioteche di Roma

Sospeso

Tutte le sezioni

Domandina

Corsi ciclici di informatica per competenze di base gestione biblioteche interne Corso di storia dell’Arte

Colloqui di sostegno Corso di laboratorio teatrale Laboratorio teatrale con finalità formative Laboratorio sperimentale di disegno e pittura Redazione del periodico «Dietro il cancello» Laboratorio di lettura, scrittura autobiografica e di invenzione, discussione, incontri con gli esperti Laboratorio coro polifonico

Tutte le sezioni G9

Gruppo di autoaiuto

Religione Cattolica

Fondazione Villa Maraini, «Progetto carcere»

Maestro convenzionato Mauro Pedone

Associazione Artwo

Cooperativa Cecilia Associazione Prometeo

Domandina Domandina Domandina

Cooperativa E-Team

G8 Associazione Ora d’Aria e Centro Mezzelani

Giovedì 14.00-17.00 Tutte le sezioni

Domandina

G11

Domandina

G9 primo piano, una volta al mese Tutte le sezioni durante i giorni di colloquio

Domandina

Tutte le sezioni

Domandina

Tutte le sezioni Tutte le sezioni

Domandina Domandina

Giovedì, 10.00-13.00 G11-G12

Domandina che segue lettera alla Comunità, descrivendo la propria situazione Via B. Ramazzini, 31 00151 – Roma Domandina

Associazione Ora d’Aria e Consorzio Innocenti Circoli associativi

«Laboratori in ludoteca», animazione durante i colloqui tra padri e figli Funzione religiosa e centro di ascolto Incontri spirituali Centro di ascolto e sostegno spirituale Orientamento individuale, gruppi di sostegno psicologico, colloqui per l’accoglienza in Comunità residenziale e semiresidenziale Orientamento individuale, gruppi di sostegno psicologico e colloqui per l’accoglienza in Comunità Sportello informativo per italiani e stranieri, finalizzato all’inserimento in Comunità Apprendimento delle tecniche di massaggio shiatsu Corso di yoga e tecniche di rilassamento Laboratorio di «Arte utile», produzione oggetti di design

Giovedì G8-G12

Lunedì 10.00-14.00 Martedì 10.30-14.30 Tutte le sezioni

Domandina

Lunedì G12 AS

Domandina

Circolo «La Rondine» (ARCI e U.I.S.P.) Associazione Legambiente Associazione Papillon

Lavorazioni Interne Cooperativa Sociale su Commissioni e Pantacoop per l'Amministrazione penitenziaria

Consorzio Il Sol.co.

Consorzio Innocenti Cooperativa sociale Liasa Cooperative Men at Work/E-Team

Amministrazione penitenziaria (officina Fabbri)

Lunedì G9 primo piano Domandina Martedì pomeriggio G8

Domandina

VIA RAFFAELE MAJETTI N.70, 00156 ROMA

COSA

Associazione culturale PanHarmonikonvolontari Coro CIMA Amalia Giuffrida, psicologa Telefono Azzurro

Domandina

Lunedì 16.00-17.00 Nido, Martedì, Mercoledì, Giovedì e Venerdì 9.00-13.00

CHI

Martedì 14.00, G12 AS Mercoledì 14.00, G8 G14 secondo piano Martedì pomeriggio

Domandina

Nido

COME

Ass. V.I.C. Caritas (Volontari In Carcere) Comunità di S. Egidio Compagnia degli Accesi Ass.La Ribalta, Centro Studi E.M. Salerno Associazione Brecce per l’Arte contemporanea Antonio Capaccio Associazione Gruppo Idee Luciana Scarcia (volontaria dell’Associazione A Roma Insieme)

Domandina

Detenute iscritte all’I.T.I.S. Lunedì-Martedì 10.00-13.00 Camerotti Martedì e Giovedì Nido Sabato Nido

QUANDO

Associazione Magliana’80

Laboratori formativi e produttivi

Laboratorio di movimento espressivo Corso di inglese

Martedì 15.00-18.00 secondo calendario Cellulare, Camerotti e Nido Venerdì 14.00-17.00 Camerotti e Cellulare Lunedì 14.00-17.00 A2

COSA

Associazione Saman

Attività sportive

Laboratorio di lettura, scrittura autobiografica e di invenzione «Dialogando in circolo», ciclo di conversazioni rivolto alle donne

CHI

Testimoni di Geova Chiesa Ortodossa Comunità Terapeutiche

Corso di chitarra

Mercoledì 14.00 ogni 15 giorni Camerotti Venerdì 13.30-14.30 Sezione A2 Sospeso

Domandina Domandina Domandina

Rebibbia Nuovo Complesso

Domandina ROMADENTRO R

Centri di ascolto

Ginnastica generale Ginnastica dolce Giornalino. Attività culturali, informative e ludiche Cineforum

a cura di Silvia Giacomini e Rita del Gaudio

CHI

Laura Fersini

Centri di ascolto

VIA BARTOLO LONGO, N.92 00156 ROMA

TRE

Consorzio Innocenti, Cooperativa sociale Liasa

Laboratorio di falegnameria, corsi informativi, attività di sostegno per persone sieropositive Patente europea di informatica. Corsi ciclici Tre corsi di formazione (600 ore) Corso di formazione sui rifiuti RAEE (160 ore) Corso di formazione sullo stoccaggio dei rifiuti (160 ore) Attività culturali, ricreative e sportive Attività inerenti diritti e ambiente Attività culturali nel e dal carcere Registrazione su mandato della Società Autostrade S.p.A. dei dati relativi alle contravvenzioni contratte dagli automobilisti Gestione del Call Center Telecom italia – laboratorio fotografico – registrazione ricette ASL RmB Coltivazione agricola delle aree destinate e manutenzione aree verdi dell’Istituto Preparazione pasti per i ristretti dell’Istituto Centro cottura e preparazione pasti per l’esterno Lavorazione carpentiera su commissioni dell’Amministrazione Penitenziaria e di clienti esterni Impianto riciclaggio rifiuti non pericolosi

COME

Lunedì 16.00-18.00 Tutte le sezioni G14 primo piano

Domandina

Tutte le sezioni

Domandina

Tutti i giorni, tutte le sezioni Tutte le sezioni

Iscrizioni chiuse

Tutte le sezioni

Domandina, iscrizioni aperte

G12 - Alta Sicurezza Tutte le sezioni Tutte le sezioni G12 Alta Sicurezza

Domandina, iscrizioni aperte

a cura di Silvia Giacomini

Volontariato

Rebibbia Femminile

R ROMADENTRO

Regina Coeli

Volontariato

Ministri di culto

CHI

COSA

QUANDO

COME

CHI

COSA

QUANDO

COME

Vo.Re.Co - Volontari di Regina Coeli e Comunità S.Egidio

Catechesi sacramentale anche per latino americani. Distribuzione di vestiario e beni di prima necessità. Ritiro pensioni e sussidi. Colloqui con senza fissa dimora, immigrati e rom. Attività di mediazione familiare Funzione religiosa e centro di ascolto Centri di ascolto e sostegno spirituale Orientamento individuale, gruppi di sostegno psicologico, colloqui per l'accoglienza in Comunità residenziale e semiresidenziale Servizio di accoglienza per la Comunità residenziale per detenuti definitivi e non Servizio di orientamento individuale e accoglienza in Comunità di San Patrignano Servizio di accoglienza per la Comunità residenziale per detenuti definitivi e non Ludoteca per i bambini in attesa del colloquio col parente ristretto

Settimanale Tutte le sezioni

Domandina

U.P.T.E.R. (Università Popolare di Roma) con il contributo del Garante dei diritti dei detenuti del Lazio U.P.T.E.R., con il contributo dell’Amministrazione Penitenziaria

Corso di shiatsu e musicoterapia

Seconda sezione

Domandina

Corso di shiatsu e musicoterapia

Terza, Quarta e Ottava sezione

Domandina

Associazione U.I.S.P. (Unione Italiana Sport per tutti) Maestro Lauritano Volontaria Angiolina Freda Vo.Re.Co.

Scrittura creativa Scuola di dama e scacchi Laboratorio musicale Laboratorio di ceramica

Centro clinico Lunedì e Giovedì 15.00-17.00 Centro clinico Sospeso Sesta sezione

Domandina Domandina

Domandina

Arte Studio

Laboratorio teatrale

Cooperativa Cecilia, Associazione Roma per Noi Associazione U.I.S.P.

Corso di storia dell’Arte

Martedì 11.00-13.00 Sesta sezione Giorni da definire Seconda Sezione Martedì Ottava sezione Terza sezione

Domandina

Tutti i giorni Tutte le sezioni

Rivolgersi allo scrivano di reparto

Religione cattolica Altre confessioni*

Comunità Terapeutiche

Fondazione Villa Maraini, «Progetto carcere»

Comunità Incontro

Associazione A.N.G.L.A.D. (Comunità di San Patrignano) Comunità Nuovi Orizzonti

Attività ricreative

Cooperativa Cecilia e Associazione Roma per Noi

Laboratori artistici Tutte le sezioni

Domandina

Tutte le sezioni

Domandina

Martedì 15.00-19.00, Mercoledì 9.30-13.00 Tutte le sezioni. Gruppi: Martedì 15.0019.00 prima, seconda, terza e sesta sezione Martedì o Giovedì Tutte le sezioni

Domandina che segue lettera alla Comunità, descrivendo la propria situazione Via B. Ramazzini 31, 00151 – Roma Scrivere alla Comunità Attività sportive

Ogni 10 giorni Tutte le sezioni

Scrivere alla Comunità

Una volta a settimana Tutte le sezioni

Scrivere alla Comunità

Servizi interni

Tutte le sezioni

Corso di ginnastica a corpo libero Servizio di lavanderia gratuito per non abbienti

a cura del Garante dei diritti dei detenuti del Lazio

Nel Lazio sta cambiando il volto della detenzione minorile Nel Lazio cambia il volto della detenzione minorile. Se, fino a pochi anni fa, detenuti minorenni e giovani in carico ai Servizi Minorili erano in maggioranza stranieri, negli ultimi tempi è cresciuta in maniera preoccupante la quota degli italiani. Cambia anche il tipo di reati: gli stranieri commettono soprattutto reati contro il patrimonio, (furti) gli italiani sono autori di condotte più gravi. I dati sono stati diffusi alla presentazione del Protocollo d’Intesa fra Garante dei Detenuti Angiolo Marroni e Donatella Caponetti, Dirigente del Centro per la Giustizia Minorile del Lazio, organo decentrato del Dipartimento Giustizia Minorile del Ministero della Giustizia. Nel 2009 all’Istituto Penale Minorile (IPM) di Casal del Marmo si è registrato un aumento delle presenze medie giornaliere, con 52,2 ragazzi a fronte dei 49,6 del 2008 e dei 46 del 2007. In valore assoluto lo scorso anno all’IPM sono passati 192 giovani: 50 italiani (48 uomini e 2 donne, la maggioranza fra i 16-17 anni) e 142 stranieri (97 uomini e 45 donne). Gli italiani sono passati dagli 8,1 di media del 2007 (17,6%) ai 17,8 del 2009 (34,1%). Scende la media degli stranieri passati dai 37,9 del 2007 (82,3%) ai 34,4 dello scorso anno (65,9%). Per quanto riguarda le imputazioni, gli stranieri sono accusati sopratutto di reati contro il patrimonio. Più gravi i reati dei minori italiani: omicidio (2 accusati), tentato omicidio (6), violenza sessuale di gruppo (3), rapina (22) ed estorsione (5 accusati). Lo scopo del Protocollo è di garantire i diritti fondamentali alla formazione professionale, allo studio, alla salute e al reinserimento sociale dei giovani reclusi mediante la promozione di

ROMAFUORI

S.O.S. (Sala Operativa Sociale) Servizio dedicato alle emergenze di carattere sociale. Numero Verde 800.44.00.22 V Dipartimento del Comune di Roma Dedicato alle Politiche Sociali e della salute con Uffici riservati alle classi svantaggiate (rivolgersi al P.I.D.). U.R.P. (Ufficio Relazione per il Pubblico Comune di Roma) Numero Verde 06.06.06

INDIRIZZI

C.P.I. (Centro Per l'Impiego) Servizio della Provincia di Roma per consulenze e informazioni sul mercato del lavoro e sulle opportunità professionali e formative. Gestisce l'anagrafe dei lavoratori e lo stato di disoccupazione. Numero Verde 800.81.82.82, Via Rolando Vignali n. 14, 00173 Roma, Tel. 06.67668278 / 8215, Fax 06.7213302 e-mail [email protected]

U.E.P.E. (Ufficio di Esecuzione Penale Esterna) Ministero della Giustizia Osservazione in relazione alle misure alternative alle sanzioni sostitutive e alla libertà vigilata. Direttrice Rita Crobu Via Ostiense n. 131, 00154 Roma, Tel. 06.5839111, Fax 06.5809352 / 06.5899013, e-mail [email protected] U.S.S.M. (Ufficio Servizi Sociali per i Minorenni) Ministero della Giustizia Sostegno e controllo dei provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria a favore dei minori sottoposti a procedimento penale. Via Agnelli n. 15, 00151 Roma Tel. 06.96668011, Fax 06.65747649 e-mail [email protected]

Agenzia Comunale per le Tossicodipendenze Ente pubblico titolare di progetti per l’inserimento lavorativo rivolto a soggetti a rischio o in situazioni di tossicodipendenza. Numero Verde 800.27.27.27 Pronto Aiuto 06.65741188

C.O.L. Carceri (Centro Orientamento al Lavoro del Comune di Roma) Servizio per il reinserimento occupazionale. Via Dei Lincei n. 93, 00147 Roma, Tel. 06.45606925

P.R.A.P. (Provveditorato Regionale dell'Amministrazione Penitenziaria) Organo del decentramento amministrativo del Dipartimento del’Amministrazione penitenziaria. Provv. Aldo Fabozzi (in missione) Via S. Francesco di Sales n. 35, 00165 Roma, Tel. 06.68818, e-mail [email protected]

Difensore civico dell’Associazione Antigone Fornisce informazioni legali sulla tutela dei diritti dei detenuti, sull’esecuzione della pena e sui ricorsi presso la Corte Europea per sovraffollamento Via Silvano n. 10, Fabb. D, scala I, 00158 Roma e-mail [email protected]

Opera Nomadi Lazio Associazione nazionale che promuove interventi a favore della popolazione dei Rom. Sede Operativa, Via di Porta Labicana n. 59, 00184 Roma Tel. 06.44704749 / 06.44700166 Fax. 06.49388168 e-mail [email protected]

Caritas Diocesana di Roma Servizi di ascolto, accoglienza e sostegno alle persone in disagio sociale. ITALIANI: Via Porta di San Lorenzo n. 7, 00185 Roma Tel. 06.4452616 / 06.4455422 STRANIERI: Via delle Zoccolette n. 19, 00186 Roma Tel. 06.6875228 / 06.6861554 Comunità S. Egidio Servizi per persone in disagio sociale. Distribuisce il «DOVE», breve guida ai servizi di prima necessità sul territorio di Roma. Piazza S. Egidio n. 3/A, 00153 Roma Tel. 06.8992234 Lunedì 17.30-19.30 Martedì 15.00-19.00 Mercoledì 17.30-19.30 Giovedì 15.00-19.00 Venerdì 17.30-19.30 e-mail [email protected] ROMADENTRO R

Coop. P.I.D. (Pronto Intervento Disagio) Sportello di segretariato sociale in convenzione con il Comune di Roma. Orientamento e accompagnamento ai servizi socio-sanitari e invio alle strutture di accoglienza. Tel. 06.69190417, e-mail [email protected] dal Lunedì al Venerdì dalle 9.00 alle 17.00 Colloqui Lunedì e Giovedì su appuntamento

Domandina Domandina

interventi di qualità e di misure strutturali volte a migliorare i servizi offerti ai minori detenuti. «La Giustizia Minorile – ha detto il Garante dei detenuti Angiolo Marroni – è un pezzo pregiato del nostro sistema di esecuzione penale preso ad esempio in Europa visto che le professionalità che vi lavorano si sono dimostrate all’altezza dei cambiamenti che si registrano negli ambiti giovanili. Da anni lavoriamo, con reciproca soddisfazione, con il Centro per la Giustizia Minorile del Lazio perché siamo convinti che, in una fase socialmente critica come quella attuale, è importante assicurare una rete di garanzia ai minori che hanno problemi con la giustizia. In più, la giustizia minorile presenta numerosi ambiti di riflessione per il mondo giudiziario degli adulti come la gestione del trattamento del minore, in carcere e fuori, e in particolare alla messa in prova. Una misura che, pur essendo punitiva, ha dato risultati positivi per ridurre l’ingresso in carcere». L’intesa prevede una collaborazione fra le parti per garantire l’attuazione della protezione giuridica del minore, del trattamento, della prevenzione e del recupero della devianza minorile. Gli ambiti riguardano problematiche relative alla condizione e alle esigenze di minori e giovani adulti sottoposti a procedimento penale e del personale che con essi lavora: per i giovani la collaborazione riguarda attività culturali, sportive, di orientamento e formazione-lavoro e di mediazione culturale. Per il personale, attività di formazione e aggiornamento, di studio e ricerca mediante seminari e spazi di riflessione e valutazione congiunta sulle tematiche di rilievo del settore penale minorile. Il Centro Giustizia Minorile si impegna a favorire la collaborazione con i Servizi minorili dipendenti e a fornire al Garante dati ed elementi sul fenomeno della devianza minorile e sulla operatività dei servizi minorili del Lazio.0Nel Lazio il Centro per la Giustizia Minorile si occupa dell’IPM di Casal del Marmo, del Centro di Prima Accoglienza di Roma, dell’Ufficio di Servizio Sociale per i minorenni di Roma con sedi staccate a Latina e Frosinone. «Il rischio che oggi corre la Giustizia Minorile – ha concluso Marroni – è quello di perdere la sua autonomia, in nome dell’ottimizzazione delle risorse, per essere accorpato nell’organizzazione del Ministero della Giustizia. Siamo fortemente preoccupati perché affossare questa esperienza nell’organizzazione ministeriale, significa non solo disperdere professionalità, competenze e sensibilità ma, soprattutto, decretare la fine di una esperienza molto positiva. Se proprio occorresse una ristrutturazione, per mantenerne l’autonomia si potrebbe pensare ad un ritorno della Giustizia Amministrativa all’interno del DAP, come è stato in passato».

*Assemblea di Dio, Avventisti del Settimo Giorno, Chiesa Apostolica, Comunità Ebraica, Comunità Cristiani del Vangelo, Chiesa Evangelica Battista, Chiesa Evangelica Luterana, Chiesa Ortodossa Greca, Tavola Valdese, Testimoni di Geova, Testimoni di Fede Islamica, Chiesa Ortodossa Rumena

L’ISOLA DEI DIRITTI

Cooperativa P.I.D. (Pronto Intervento Disagio)

Corso di chitarra

Domandina

QUATTRO

UTILI

PER

LA

L I B E R T A’

I.O.M. (International Organization for Migrates) Organizzazione intergovernativa, titolare di progetti di rimpatrio assistito, nei paesi di origine. Via Nomentana n. 62, 00141 Roma, Tel. 06.86203842 da Lunedì a Venerdì dalle 9.00 alle 17.00 Ufficio del Garante dei Diritti dei Detenuti del Lazio Informazione e promozione dei diritti delle persone ristrette. Via Pio Emanuelli n. 1 pal. B 5° piano, 00143 Roma, Tel. 06.51531120 / 06.51530711, Fax 06.5041634 e-mail [email protected] Avvocato di strada ONLUS Attività di consulenza e assistenza legale gratuita difesa dei diritti delle persone senza fissa dimora presso Ospedale San Gallicano, V. di San Gallicano, 25/A, 00153 Roma e-mail [email protected] Sportello Giovedì dalle 15.00 alle 17.00 Anti-Tratta Servizio per la protezione sociale delle vittime della tratta, sfruttamento sessuale, domestico e lavorativo. Numero Verde 800.290.290 Anti-Usura e Racket nazionale attivo 24 ore su 24 Informazioni su situazioni di usura e racket. Numero Verde 800.999.000 Ambulatorio INMP-Ospedale S.Gallicano Non servono prescrizioni e prenotazioni per le visite mediche e specialistiche. Via Delle Fratte di Trastevere 52, Tel. 06.58543731 da lunedì a venerdì dalle 8.00 alle 11.00, martedì, mercoledì, giovedì dalle 14.00 alle 16.30

a c u r a d i L i v i a Fi o r l e t t a

VIA DELLA LUNGARA, N.29 00165 ROMA

ROMADENTRO R

SPECIALE MONOGRAFICO [N.2]

dentroilcarceredentro

Viaggio nei meandri del carcere, prima tappa a cura della Redazione di RomaDentro

C ome dire, c’è detenuto e detenuto. Non stiamo parlando dei cosiddetti vip in manette, o di qualche boss della criminalità organizzata che in cella riescono a garantirsi una permanenza più soft grazie alla corruzione, alle minacce o al servilismo degli accoliti. No, stiamo parlando di quelli che in carcere scontano la pena con una doppia condanna. La prima quella del reato commesso o per cui sono in attesa di un giudizio, la seconda per uno stato particolare del loro corpo o della loro psiche per cui si dovrebbero trovare altrove. Ma si sa, la pena impera, sovrasta tutto, occorre essere privati e puniti per restituire, e non c’è sconto per nessuno. Non per malati, per vecchi, per psichiatrici, per disabili, per affetti da aids. Per quelli che avrebbero bisogno di maggiori strumenti perché vengono da altre parti del mondo o perché vivono una particolare identità di genere. Dietro le sbarre finiscono persino i bambini, innocenti accertati. Il carcere, contenitore di tutte le luci e ombre del mondo, cerca così di far quadrare i conti, di contenere ma non di accanirsi, di improvvisare e non risolvere. Idee di un cambiamento esistono, possibilità di alternative normative meno, considerate le restrizioni legislative prodotte negli ultimi anni, anche se sforzi collettivi ed individuali restano encomiabili. Quello che manca è una politica penitenziaria che cerchi di affrontare i temi impermeabile alle campagne stampa e al sentire dell’opinione pubblica, non confondendo idee e richieste personali con giustizia e diritto. In questo numero inizieremo un viaggio nel carcere, dentro il carcere, fotografando le situazioni di maggiore vulnerabilità. Troverete inoltre informazioni sugli ultimi provvedimenti del governo, il cosiddetto“Piano carcere”, e notizie sul Piano regolatore sociale del Comune di Roma, uno strumento di confronto e discussione sui temi e le emergenze sociali della città.

Chiamata Legge “svuota-carcere”, ecco la nuova detenzione domiciliare di Michele Leonardi (Avvocato penalista) FUNZIONA,

COME

SI

APPLICA

L a legge 26 novembre 2010 N° 199 Disposizioni relative all’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a un anno, comunemente conosciuta come Legge “svuotacarceri”, prevede la detenzione domiciliare per pene o residui di pena inferiori a dodici mesi e ha il fine di ridurre il numero della popolazione detenuta. Premesso che già l’art. 47 ter comma 1 bis dell’Ordinamento Penitenziario prevede che i soggetti con pena o residuo pena inferiore a due anni possono beneficiare della detenzione domiciliare, vi è però una differenza nella nuova normativa che dì fatto renderà più agevole e veloce la concessione del beneficio. In primis la nuova detenzione domiciliare può essere concessa anche a detenuti recidivi, mentre la detenzione domiciliare, ai sensi dell’art. 47 ter comma 1 bis dell’O.P., non lo permette. Inoltre, la procedura per accedere al beneficio limita notevolmente il potere discrezionale del magistrato di sorveglianza che si troverà a dover decidere in soli cinque giorni dal ricevimento dell’istanza già istruita dalla direzione del carcere.In particolare la direzione dell’istituto dovrà redigere una relazione comportamentale e un’informativa sulla verifica dell’idoneità del domicilio indicato dal detenuto. Il magistrato, esclusi i casi di inammissibilità indicati nella stessa legge 199/2010 (pene

RomaDentro, gironzolando per i corridoi di Rebibbia, prova a capire come si sta procedendo per l’applicazione della legge entrata in vigore il 16 dicembre 2010. La prima cosa che rileviamo è un punto non chiaro riguardante chi procede per l’istanza al magistrato. Sembra che ogni istituto si stia regolando in maniera autonoma perché il testo cita in maniera generalistica “le direzioni propongono”. Ma si può dire che il primo passaggio che le direzioni e le aree educative hanno intrapreso, è stato quello di stilare un elenco di tutte le persone che possono rientrare nei termini di legge per fare richiesta della detenzione domiciliare. Fatto questo si sta procedendo a capire se queste persone hanno un domicilio. La documentazione prevista dalla legge per presentare domanda al magistrato è una relazione sulla condotta della persona in carcere, stilata dall’educatore e la verifica dell’accertamento del domicilio, compito dell’U.E.P.E. L’accertamento, insieme alla relazione sulla condotta vengono inviati al magistrato che può ap-

E

CHI

NE

PUÒ

USUFRUIRE

superiori a dodici mesi, condannati per reati indicati nell’art. 4 bis dell’O.P. – delinquenti professionali e abituali – soggetti detenuti in regime di alta sorveglianza), dovrà solo valutare se ricorre l’ipotesi indicata all’art. 1 comma 2 lettera della Legge 199/2010 che esclude la concessione del beneficio quando vi è la concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga ovvero sussistono specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti ovvero quando non sussista l’idoneità e l’effettività del domicilio anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato. Il secondo effetto positivo della nuova normativa consiste nel rilevante numero di persone che grazie alla legge 199/2010 non faranno ingresso automatico in carcere per pene o residui inferiori a dodici mesi, in quanto recidivi. Ritengo che quest’ultima previsione della legge sia la più efficace per evitare il futuro e insostenibile sovraffollamento degli istituti. L’unico elemento negativo della norma è la limitazione temporale nella sua applicazione. Infatti il termine ultimo di applicazione scadrà alla completa attuazione del piano straordinario penitenziario nonché in attesa della riforma della disciplina delle misure alternative alla detenzione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2013.

Il Piano Regolatore Sociale del Comune di Roma, pianificare per il territorio di Livia Forletta P R O V I A M O

A

C A P I R N E

I N S I E M E

L A

S i sono aperti nello scorso ottobre i lavori per il nuovo Piano Regolatore Sociale della città di Roma. Lo scopo del Piano è quello di definire le politiche sociali del Comune di Roma partendo da un confronto aperto con tutti i soggetti che si occupano, a vario titolo, di azioni di inclusione sociale sul territorio per poter leggere e programmare le politiche cittadine a partire dal bisogno espresso e rilevato. I lavori preparatori hanno visto coinvolti referenti istituzionali, esperti esterni e tecnici del settore, i quali hanno raccolto e sistematizzato dati e informazioni relativi ai temi individuati: povertà, disagio ed emergenze sociali; immigrati e richiedenti asilo; salute, disabilità e disagio psichico; famiglie e minori; persone anziane. Da qui si sono organizzati forum tematici, uno spazio di consultazione e proposta per far emergere criticità e punti di forza, proposte e indicazioni a cui sono stati invitati a partecipare oltre ai singoli cittadini, le diverse istituzioni, i sindacati, le imprese, le associazioni, gli organismi del volontariato e della “cittadinanza attiva”. Il percorso è cominciato negli ultimi mesi dell’anno appena finito durante i quali si sono acquisite osservazioni e proposte attraverso i forum tematici e proseguirà nei prossimi mesi, periodo in cui ci si propone di redigere lo schema del nuovo piano, di proporlo ai referenti istituzionali per arrivare poi alla concreta attivazione.Tra gli obiettivi specifici ci sono quelli di aumentare l’efficacia degli interventi, di assicurare un accesso più equo ai servizi, di costruire un sistema di rete coordinato

plicare direttamente la misura senza udienza. La legge prevede una documentazione aggiuntiva per i detenuti tossicodipendenti, prodotta dal Ser.T in cui si attesti se la persona ha un programma terapeutico o se ha espresso intenzione di averne uno. A fine dicembre ancora non usciva nessuno dagli istituti romani…ma tutti ci auguriamo che con il nuovo anno qualcosa si muova. [n.d.r.] Le illustrazioni di questo numero sono di Agostino Iacurci. Nato a Foggia nel 1986, vive e lavora a Roma. Il suo lavoro spazia dall’illustrazione editoriale ai murales, dall’aninazione scenografica. Collabora con case editrici, agenzie pubblicitarie, riviste e studi di animazione. Ha realizzato un murales di trecento metri per la scuola di Saba in Algeria. Ha collaborato al progetto Muralex dipingendo parte della cinta muraria del carcere di Rebibbia. I suoi lavori sono esposti in mostre e festival in Italia, Giappone, Corea, Taiwan e Stati Uniti. Collabora con l’Istituto Europeo di Design, come assistente alla testi di laurea. ROMADENTRO R

COME

PRIMA

S T O R I A

E

G L I

O B I E T T I V I

e sinergico tra i vari attori del sistema; di modernizzare e rendere più efficiente i servizi. Quello che ci si chiede, concedendo il beneficio del dubbio visto che i lavori sono ancora in corso, è come mai alcune categorie specifiche non abbiano avuto uno spazio dedicato e siano state ridotte a sottogruppi. Pensiamo ad esempio ai detenuti ed ex detenuti, ai tossicodipendenti e alle persone di origine rom. Ognuna di queste tipologie è multiproblematica e rientra quindi di diritto in uno o più dei gruppi tematici individuati è vero, ma altrettanto importante è riconoscere la specificità dei disagi di cui sono portatori. Dividere il problema e guardarlo da punti di vista indiretto potrebbe portare al sostegno di aspetti secondari senza arrivare alla soluzione del problema principale causa del disagio. Per il raggiungimento degli obiettivi, quello che serve non sono relazioni sullo stato dei fatti e su ciò che si è svolto in passato, quello che serve è una programmazione concreta basata sulle reali possibilità del Comune, per quanto esigue possano essere. Se utilizzato in maniera efficace e partecipata lo strumento del Piano Sociale potrebbe essere un momento reale di scambio e di comunicazione tra istituzioni e altre realtà del settore, utile per pianificare e coordinare le azioni rendendole rispondenti alle attuali esigenze, per ottimizzare risorse ed energie. Nei prossimi giorni riprenderanno gli incontri dei gruppi e dei sottogruppi, parteciperemo e aspetteremo la conclusione dei lavori per poter poi stilare un quadro chiaro dei risultati raggiunti.

R ROMADENTRO

SPECIALE MONOGRAFICO [N.2]

dentroilcarceredentro

Stranieri e carcere, un rapporto in crescita

Corpi ristretti

di Silvia Giacomini

di Carmen Bertolazzi

BINOMIO

DI

PERSONE

SEMPRE

PIÙ

PROVENIENTI

CONSOLIDATO, DA

ALTRI

N el programmare questo numero monografico di RomaDentro, la redazione si è a lungo interrogata su quale punto di vista privilegiare per affrontare il tema della presenza dei migranti in carcere. Il lavoro quotidiano che svolgiamo negli istituti penitenziari romani è stata la lente per mettere a fuoco la tematica. Indubbiamente in un momento storico in cui le carceri sono inumanamente sovraffollate e la cui popolazione è composta per quasi la metà da persone provenienti da altri paesi, la figura del mediatore linguistico e culturale non solo assume rilevanza, ma diventa di indubbia necessità. A questo proposito RomaDentro ha intervistato Cristobal Munoz, mediatore linguistico-culturale a Rebibbia Nuovo Complesso. Vogliamo così sottolineare la mancanza di una figura istituzionalizzata che, come parte dell’amministrazione, possa fare dell’alterità culturale il suo ambito di intervento e che si possa occupare della presa in carico di una fetta di popolazione a volte invisibile per le istituzioni italiane. A proposito della tua esperienza, quando hai iniziato a fare questo lavoro? Io inizio come mediatore culturale nella Questura di Roma, quella di Via Genova, all’Ufficio Immigrazione. Per la prima volta un mediatore culturale è presente in un’istituzione come la Polizia, dopo molti sforzi e un’enorme sofferenza, si accorgono che questa figura funzionava. Da lì vado alla Polizia di frontiera a Fiumicino e poi agli sbarchi ed ho coordinato una missione in Sicilia come mediatore culturale. A quel punto l’associazione con cui lavoravo mi dice che vuole avviare un progetto pilota di mediazione culturale nel carcere di Regina Coeli. Al contempo il Fondo Sociale Europeo finanzia un grande progetto di mediazione culturale in carcere in tutta Italia e così inizio a lavorare negli istituti romani. Quando il progetto arriva al termine, l’Istituto Rebibbia Nuovo Complesso mi offre una convenzione diretta. Conosci molti istituti di pena, quali sono le differenze? In linea generale possiamo dire che ogni istituto è organizzato diversamente e quindi il lavoro che si svolge all’interno è differente. L’Ordinamento Penitenziario stabilisce all’articolo 35 la presenza di un mediatore culturale, ma non ne specifica il ruolo e i compiti. Questo problema è stato immediatamente rilevato nel primo esperimento a Regina Coeli: oltre all’area educativa che non sapeva come utilizzare al meglio il nostro servizio, erano soprattutto i detenuti a guardarci con sospetto. Il nostro aggancio in quel caso è stata la scuola, abbiamo svolto lezioni e invitato persone per spiegare in cosa consistesse la mediazione culturale. Questo primo progetto ci è servito a capire come impostare il lavoro. Da allora è stato un processo in salita. Ma rimane un problema: che cosa fa un mediatore culturale in carcere? Qual è dunque il ruolo della mediazione interculturale in ambito penitenziario? E come si svolge il vostro lavoro? Come si diventa mediatore e quale l’importanza della formazione? Quello che noi facciamo all’interno di Rebibbia Nuovo Complesso non lo fa nessun altro servizio nel Lazio. Solitamente il mediatore culturale è inteso come allargamento culturale, in sostanza uno strumento linguistico, infatti spesso questo è il ruolo a cui sono relegati i mediatori di progetti a “termine”, che entrano per brevi periodi e fanno interpretariato misto ad assistenza. Mentre noi abbiamo un ruolo da protagonisti in area trattamentale Questo discorso ci porta direttamente all’importanza della formazione e di chi se ne occupa. Non entro nel merito del dibattito in cui si discute se le persone che si propongono per fare mediazione siano italiane o me-

QUELLO

DELLA

DETENZIONE

LA

PAESI

VITA

COMPLESSA

PERSONE

no, ma spesso notiamo che non posseggono strumenti basilari, non dico di conoscere l’Ordinamento Penitenziario o la topografia del carcere, ma almeno la normativa vigente in materia di immigrazione e le convenzioni internazionali. Il DAP ha approvato con un decreto la figura del mediatore culturale nell’organico, ma ogni istituto interpreta in maniera differente questa direttiva. L’altro elemento è come si pone e come viene considerato il mediatore culturale: se non si sente parte integrante, si riduce solamente ad un servizio di interpretariato. Mentre io penso che fare questo lavoro sia soprattutto decodificare la cultura dell’altro, mettere in comunicazione per abbattere i pregiudizi reciproci. Provo a capire la persona che ho di fronte e il suo progetto migratorio, in questo modo posso contribuire alla relazione. Il ruolo del mediatore culturale è ancora da definire. C’è una distanza tra DAP e istituti, tanto che è stato messo in piedi anche un tavolo interistituzionale per capire che profilo dare a questo lavoro. Il DAP è interessato all’istituzionalizzazione della figura del mediatore culturale, al punto che la scuola di formazione della polizia penitenziaria ha inserito la mediazione culturale come materia. Cosa diversa accade negli istituti, dove si continua a fare molta fatica.

rapporto con i consolati dei paesi di provenienza. Non offriamo assistenza né consulenza legale, ma cerchiamo di creare una rete intorno alla persona, fornendo un orientamento determinato dal bisogno espresso. Il nostro intervento avviene attraverso una segnalazione degli educatori, degli psicologi o del personale della polizia penitenziaria o attraverso una richiesta diretta tramite domandina degli stessi detenuti o degli scrivani di reparto. Com’è cambiata la popolazione migrante ristretta da quando lavori all’interno degli istituti? È cambiata molto, adesso abbiamo una grande percentuale di giovani, spesso con scarsa istruzione scolastica e a volte anche con poche esperienze lavorative. Poi ci sono gli anziani, che entrano per la prima volta o che rientrano. Rilevo che spesso il reato non è commesso per bisogno, ma è l’effetto di una vita trasgressiva, vita che conducevano già nel loro paese di origine o provenienza. Nel progetto migratorio, queste persone mettono in conto anche il carcere. Inoltre negli anni è aumentato il numero di ragazzi con problemi di tossicodipendenza, soprattutto di origine marocchina.

Qual è la percezione della mediazione da parte degli altri operatori e in genere dell’istituzione? Nel caso di Rebibbia Nuovo Complesso la percezione è assolutamente positiva. Mentre negli altri istituti i mediatori culturali vengono considerati come semplici interpreti, questo sicuramente anche a causa di alcuni mediatori stessi che vivono il proprio ruolo come un prolungamento dei servizi di volontariato. Chi sono oggi gli immigrati in carcere? E quali le problematiche rilevate in quanto mediatori? Per capire chi sono oggi gli immigrati in carcere dobbiamo citare le due fonti d’informazione principali che sono il dossier Caritas, che parla del 35% di presenza straniera, e le statistiche del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria [DAP], che parla del 37%. Questi numeri rappresentano anche la situazione degli istituti romani. Ovviamente parliamo di approssimazioni, perché non si tiene conto delle dinamiche di entrata e uscita, infatti il dato viene rilevato soltanto al momento dell’ingresso. I dati servono per avere un’idea complessiva, un’indicazione. In generale possiamo permetterci di affermare che oggi in carcere gli stranieri sono la maggioranza. Come paesi di interesse abbiamo una prevalenza di persone provenienti dalla Romania, a cui segue l’Albania, l’area del Maghreb (soprattutto Marocco e Algeria) e poi il resto dell’Africa e l’America Latina (in particolare Perù ed Ecuador) mentre i detenuti transessuali sono per la maggioranza brasiliani. Nelle case circondariali femminili c’è una presenza considerevole di detenute di origine Rom. In ultimo dobbiamo rilevare dei recenti flussi d’ingresso, che colpiscono cinesi, shrilankesi, afghani, bengalesi, pachistani e indiani. Questo è un effetto diretto del pacchetto sicurezza, in quanto molti hanno soprattutto problemi di ordine amministrativo relativi proprio alla legge Bossi-Fini. Per questi ultimi gruppi, c’è l’esigenza di mediatori linguistici culturali appropriati per queste aree di provenienza. C’è da considerare, inoltre, che un 30% di detenuti stranieri è recidivo e quindi l’intervento si diversifica rispetto alla mediazione linguistica, perché sono persone che già conoscono l’istituzione carceraria e che sono in grado di comunicare. In questi casi come mediatori strutturiamo l’intervento partendo da un’indagine sulla posizione giuridica, spiegando alle persone i loro diritti e i loro doveri, raccogliamo poi i bisogni e illustriamo l’offerta formativa (come scuola, corsi o laboratori) e se definitivi il lavoro e stabiliamo un

Data la tua lunga esperienza, ci potresti raccontare qual è la specificità del lavoro con i transessuali? In base alla mia esperienza, il lavoro con i transessuali è il più complicato e complesso. L’unico reparto in cui ho operato è quello di Rebibbia Nuovo Complesso, quindi la mia opinione si riferisce a quel contesto specifico: tutti i programmi e i progetti che sono stati attivati non hanno dato risultati positivi o non hanno avuto un seguito. La relazione tra di loro è assolutamente conflittuale e i progetti non hanno mai attecchito per scarso interesse dei detenuti stessi. I transessuali usano il corpo come veicolo di comunicazione di qualsiasi genere, anche in carcere, anzi, oserei dire ancora più in carcere, una sorta di seduzione permanente come forma di sé. Ho conosciuto quasi tutte le storie del reparto di Rebibbia, perché ero l’unico mediatore ad andare lì. Le richieste erano soprattutto di carattere frivolo e concreto, come smalti o trucchi, ma difficilmente si riusciva a parlare dei loro diritti o ad andare in profondità. Mentre molto interessante è stato per me capire la loro visione dell’uomo italiano. La maggioranza, come dicevo prima, è brasiliana, ma abbiamo avuto anche una tunisina e una zingara e al momento a Rebibbia ci sono anche argentine, che sono le più istruite, e coloro che si prostituivano attraverso internet, peruviane e colombiane. Quasi nessuna di loro ha contatti con le famiglie che si trovano nel paese di origine. È un reparto molto complicato, ci sarebbe bisogno di mettere in piedi una ricerca seria, creare un setting con un programma che coinvolgesse anche la polizia penitenziaria, insieme ad esperti e professionisti. Bisogna essere ben formati per trattare con queste persone, infatti alcuni esperti del settore vorrebbero spostarli in un unico istituto dedicato. R ROMADENTRO

UN

SECONDA

DELLE

TRANSESSUALI

N ei decenni passati non rappresentavano un problema. Quando un transessuale entrava in carcere, la questione, se si voleva risolvere, veniva affrontata con il buon senso e con le risorse a disposizione. Se il sesso anagrafico e anatomico era al maschile, la destinazione per legge era un istituto per uomini. Se la persona era stata operata (all’epoca non esisteva l’attuale legge per l’adeguamento chirurgico e si andava all’estero) ma sui documenti rimaneva scritto il nome maschile, allora si trovava la soluzione più idonea, anche una collocazione in un istituto femminile con uno strappo alle regole. Così come in carceri maschili personale penitenziario illuminato e comprensivo trovavano una escamotage per autorizzare l’ingresso di reggiseni e rossetti. Restava, inevitabilmente, una complicata convivenza di un corpo al femminile in un luogo maschile in cui affettività e sessualità sono bandite per condanna. E, occorre ricordarlo, si registrarono inevitabilmente atti di abusi e violenze. Oggi la situazione è notevolmente mutata, un cambiamento reso necessario da un incremento delle presenze transessuali in carcere, dovute all’aumento di persone provenienti da altri paesi, in particolare dal Brasile.A loro sono state destinate sezioni, approntati programmi di trattamento con il coinvolgimento del volontariato e delle associazioni impegnate nel campo dei diritti per le transessuali e organizzati seminari formativi per il personale penitenziario. La presenza transessuale nelle carceri italiane – una media intorno alle cento persone – si concentra a Roma, Firenze, Belluno, Milano, Napoli. La stragrande maggioranza è straniera, e arrestata e condannata per reati contro il patrimonio, contro le persone e per violazione della legge sull’Immigrazione. Negli ultimi anni si è aggiunto il reato di tratta e sfruttamento sessuale. Essendo quasi tutte straniere, e spesso clandestine, non possono contare sui familiari e non avendo solidi riferimenti all’esterno non hanno i requisiti necessari per l’accesso alle misure alternative. Non possono partecipare, salvo eccezioni e a loro tutela, alle attività comuni e questo provoca un inevitabile isolamento dalla vita del carcere e dalle relazioni collettive. Sono a forte rischio di atti di autolesionismo e tentativi di suicidio. Anche dal punto di vista sanitario, la questione è complessa. All’interno di un carcere maschile le persone transessuali pongono questioni al femminile, quali l’utilizzo di ormoni, i disturbi anche gravi causati dalle iniezioni di silicone fatte senza alcun controllo medico e da operazioni di chirurgia estetica. A Firenze, per questioni logistiche, la sezione per transessuali si trova all’interno degli spazi della sezione femminile e questo comporta che le detenute transessuali vengano a contatto con le altre donne e che la sorveglianza viene gestita dalla polizia penitenziaria al femminile. I risultati appaiono buoni, si registrano meno aggressioni e un calo del clima di violenza e pareri positivi da parte delle detenute transessuali. Per l’Amministrazione Penitenziaria si tratta di una realtà che esiste, crea anche criticità, ma alla fine evapora come se si trattasse di un’immaginazione. La proposta di creare un istituto dedicato con un trattamento sperimentale da tutti i punti di vista ad Empoli ha fatto il giro del mondo, stupendo favorevolmente gli osservatori internazionali per l’innovazione italiana. Ma alla fine il Ministro di Giustizia non se la sentì di arrivare in fondo e bloccò il progetto, anche se molti dirigenti dell’Amministrazione penitenziaria pubblicamente affermano che il problema sussiste, tanto da istituire a livello nazionale un gruppo di studio per definire proposte e linee guida. Ora non resta che attendere un moto di coraggio.

R ROMADENTRO

SPECIALE MONOGRAFICO [N.2]

dentroilcarceredentro

Detenzione e alternativa per anziani di Michele Leonardi (Avvocato penalista) CAPIRE

IL

SENSO

DELLA

PENA

PER

N elle carceri italiane, sempre più affollate, afflitte dalla mancanza di risorse e in crescente “emergenza sanitaria”, assume carattere di drammaticità la condizione del detenuto anziano, più degli altri esposto ai disagi derivanti dalla promiscuità, la quale inevitabilmente favorisce la diffusione delle infezioni. E perciò, proprio per gli anziani, è sempre più difficile trovare quel punto di giusto equilibrio tra la finalità retributiva e rieducativa della pena da una parte, la tutela della salute – diritto fondamentale dell’individuo – ed il principio di umanità della pena medesima dall’altra, che hanno tutti un fondamento costituzionale e devono trovare parimenti soddisfazione. Ma la realtà del carcere, soprattutto in questo momento in cui il sovraffollamento ha raggiunto livelli intollerabili, rende ardua la ricerca di quel punto di giusto equilibrio e chi la conosce sa bene che quei principi non trovano sempre, o meglio quasi mai, felice attuazione. La maggior parte dei detenuti anziani ha condizioni di salute precarie. La legge italiana a tutela della salute dei detenuti prevede la possibilità del rinvio dell’esecuzione della pena e l’ammissione a misure alternative alla detenzione. Il codice penale in particolare disciplina due forme di rinvio: il rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena nei casi in cui il detenuto sia affetto da Aids conclamata e da grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione, incompatibilità che si verifica ogniqualvolta la malattia è in una fase così avanzata da non rispondere più ai trattamenti terapeutici. È previsto invece il rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena nei casi di grave infermi-

CHI

HA

SUPERATO

I

SETTANT’ANNI

tà fisica, gravità non meglio definita dalla legge e perciò di volta in volta rimessa alla valutazione del caso concreto. In questi casi, nella decisione del giudice se disporre o meno il rinvio dell’esecuzione della pena, non rileva solo la valutazione sulle condizioni di salute del detenuto, ma anche quella sulla sua pericolosità sociale; ciò significa che, pur in presenza di una grave infermità il giudice, potrà decidere di non concedere il differimento dell’esecuzione della pena se ritiene che il detenuto possa commettere ulteriori reati. Il giudice potrà anche concedere il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena disponendo che la pena non venga sospesa ma continui l’espiazione nella forma della detenzione domiciliare, al fine di soddisfare sia l’esigenza sanitaria, sia la tutela della collettività. L’ordinamento penitenziario prevede inoltre la possibilità di ammettere il detenuto malato che necessiti di costanti contatti con i servizi sanitari territoriali – ovviamente quando le sue condizioni di salute non siano di gravità tale da richiedere il differimento dell’esecuzione della pena – alla detenzione domiciliare, solo nei casi in cui però la pena inflitta o residua da espiare non sia superiore a quattro anni. I benefici appena descritti sono previsti per tutti i condannati, a prescindere dall’età. Con Legge n. 251 del 2005 è stata invece introdotta un’ulteriore ipotesi di detenzione domiciliare a specifica tutela del condannato che abbia compiuto i settanta anni di età. Il beneficio è però escluso se la pena è stata inflitta per reati di particolare allarme sociale o se il condannato è recidivo, delinquente abituale, professionale o per tendenza. L’ultrasettantenne può pertanto essere ammesso al beneficio, purché non ricorrano le cause di esclusione appena dette, senza limiti di pena.

chi per tanti anni è stato separato, rappresenta una possibilità per riprendere dei rapporti che lo stato detentivo spezza. Questo lavoro è facilitato dagli operatori della casa e dalle situazioni che si creano, come i pasti dove l’ospite può stare insieme ai familiari e prendersi cura di loro.

Il Comune di Roma e la terza età di Silvia Giacomini

Verso Casa di Claudia Antonini PER QUANTO RIGUARDA L’INVIO DELL’UTENZA, ROMADENTRO HA CHIESTO AL SERVIZIO P.I.D. DI RACCONTARCI COME CONOSCE LE PERSONE, NEGLI ISTITUTI

FUNZIONA

LA

PRIMA

CASA

DI

R omaDentro incontra Filomena Cirella, responsabile dei servizi d’accoglienza per detenuti della cooperativa 29 giugno. La cooperativa, infatti, gestisce la Casa di Emanuele, in convenzione con il Dipartimento Promozione dei Servizi Sociali e della Salute U.O. Popolazione migranti – Accoglienza e Inclusione Sociale del Comune di Roma, struttura di accoglienza per detenuti anziani. Quando nasce la Casa di Emanuele? E da quale esigenza muove? La casa esiste formalmente dal primo ottobre del duemilanove. La motivazione che ci ha spinti a realizzare questo progetto, è stata la necessità, sentita sia dal Comune di Roma che da tutti gli enti del privato sociale che operano in ambito penitenziario, di adibire una struttura all’accoglienza di tutti quegli anziani che potendo uscire dal carcere non avevano un alloggio. Giusto per dare un cenno storico, vorrei sottolineare che anche prima dell’apertura di una struttura dedicata, gli anziani trovavano accoglienza presso il circuito del Comune di Roma, infatti venivano inseriti nelle case per adulti, ma con posti limitati in quanto le strutture sono caratterizzate da un progetto personale di reinserimento lavorativo che la persona intraprende all’uscita dal carcere. E potete ben capire le difficoltà che nascono nel modellare questo progetto su una persona avanti con l’età e con un passato di detenzione importante. Emanuele è stato il primo anziano accolto nelle nostre strutture per adulti, e dopo di lui abbiamo avuto tante donne anziane. Emanuele è morto in concomitanza dell’apertura della casa, per questo gli è stata dedicata la struttura per anziani. La Casa di Emanuele quindi nasce dall’esigenza di dare una dignità a coloro che

ACCOGLIENZA

DEDICATA

AGLI

Qual è l’obiettivo finale delle persone ospiti presso La Casa si Emanuele? Difficile parlare di autonomia abitativa, questo avviene solo nei casi in cui i familiari hanno la volontà di reintegrare le persone nel tessuto. Potremmo definire lo sbocco dei nostri ospiti in situazioni abitative protette, che sia la famiglia, le case per anziani del Comune di Roma o le R.S.A. (Residenza Assistenziale Sanitaria). Ovviamente i tempi di sviluppo del progetto sono lunghi. Ad oggi abbiamo avuto un inserimento in R.S.A. mentre gli altri sono in attesa di un posto in una casa di riposo. Questo lavoro si fa in rete con i servizi sociali territoriali. Per chi non aveva contatto con il territorio facciamo riferimento ai servizi del X Municipio, altrimenti si lavora con quelli di provenienza. Infatti lavoriamo con molti municipi e anche con la Provincia di Roma. Buoni i rapporti anche con i centri per anziani della zona, sul territorio c’è un’attenzione particolare a questa fascia di popolazione, ad esempio abbiamo due centri anziani nel raggio di due chilometri.

ANZIANI

escono dal carcere da anziani o perché anziani e sono spesso soli, senza una rete familiare o amicale che li possa reintegrare. Dove si trova la casa e com’è organizzata? Quale la sua peculiarità? La sede è nel X Municipio vicino alla metro Giulio Agricola. Questa scelta è stata determinata dal bisogno dell’Ufficio Detenuti del Comune di Roma di creare una struttura facilmente accessibile, perché le persone anziane da noi accolte hanno situazioni di fragilità sanitaria pur essendo autonomi. Da questa sede possono facilmente spostarsi per raggiungere i centri anziani della zona o i servizi socio-sanitari. La capienza è di sei posti e due in reperibilità per i semiliberi, sia per chi accede alle misure alternative sia per chi esce dal carcere per incompatibilità al sistema carcerario. Ora abbiamo un ospite che ha avuto la grazia dal Presidente della Repubblica. Inoltre, come in altre strutture, c’è la possibilità di fare presso la Casa di Emanuele i permessi premio, che è la modalità migliore con cui conoscersi con i futuri ospiti. La convenzione prevede un’utenza ultracinquantenne che non può fare un percorso di reinserimento lavorativo. Ci sono casi, e noi lo sappiamo bene, di persone con situazioni sanitarie complesse. L’età media degli ospiti dopo più di un anno dall’apertura è di settanta anni, solitamente pensionati. Persone autonome, ma che hanno bisogno di un riferimento perché non riescono a gestirsi in tutto. L’anziano che arriva da noi è una persona sola o con dei riferimenti familiari che in tanti anni di detenzione si sono allentati, molti hanno una lunga detenzione alle spalle. La casa aiuta anche nel riallacciare delle relazioni con i familiari, spesso i figli, perché stare soli fuori dal carcere, non essere un peso per

Com’è strutturata la casa? E l’équipe? La casa è di civile abitazione, grande, confortevole e senza barriere architettoniche, ma non ha una copertura di operatori h24. All’interno si vive come in una struttura d’accoglienza per adulti, con gli operatori presenti tutti i giorni dal lunedì alla domenica. L’équipe è caratterizzata da operatori di base e operatori professionali, composta da un’A.D.E.S.T. (Assistente domiciliare e dei servizi tutelari), un operatore specializzato sui problemi degli anziani, uno psicologo e due educatori. Il lavoro che si fa, non è di sostituzione, ma bensì di supporto. Mentre l’assistenza sanitaria è esterna alla casa, e l’ospite viene accompagnato a prendersi cura delle fragilità sanitarie che caratterizzano le persone anziane. R ROMADENTRO

COME

TERZA

PENITENZIARI O FUORI DA ESSI, DA SEGNALARE PER L’ACCOGLIENZA PRESSO LA CASA DI EMANUELE.

Il servizio P.I.D. [Pronto Intervento Disagio], che si occupa dell’istruttoria per l’invio di utenti presso la Casa di Emanuele, come presso tutte le strutture di accoglienza per detenuti del Comune di Roma, segue una precisa metodologia di invio. La presa in carico della persona inizia durante la detenzione. L’utente viene conosciuto o tramite sua diretta richiesta o su segnalazione dei Servizi Sociali Ministeriali, Municipali o dell’Educatore di Reparto. Gli operatori del P.I.D. svolgono una serie di colloqui conoscitivi volti a valutare la situazione giuridica e personale dell’utente. In particolare gli ospiti non devono avere gravi patologie sanitarie o infermità che richiedano un’assistenza medica costante e non devono essere tossicodipendenti o alcool dipendenti. Viene loro illustrato il funzionamento della struttura di accoglienza, in particolare rispetto agli obblighi e ai doveri da rispettare per una civile convivenza con gli altri ospiti. Valutato insieme all’équipe trattamentale che l’utente può avere accesso ai benefici di legge si chiede all’Assistente Sociale dell’U.E.P.E. di inoltrare una istruttoria formale al Dipartimento Promozione dei Servizi Sociale e della Salute U.O. Popolazione migranti – Accoglienza e Inclusione Sociale del Comune di Roma. A questa segue la concessione della disponibilità alloggiativa che l’utente provvede ad allegare all’istanza di ottenimento del beneficio di legge. Al momento dell’ingresso nella Casa l’ospite viene completamente preso in carico dagli operatori della cooperativa 29 Giugno ma continuano i contatti e gli interventi portati avanti anche dagli operatori del servizio P.I.D. fino al raggiungimento della sua autonomia.

R ROMADENTRO

SPECIALE MONOGRAFICO [N.2]

dentroilcarceredentro

Mai più un bambino in carcere di Carmen Bertolazzi

RAUTI,

LA

DETENZIONE

CONSIGLIERA

AI

BAMBINI:

REGIONALE

DEL

I sabella Rauti, Consigliera Regionale, da sempre impegnata per i diritti delle donne anche a livello internazionale, come membro dell’Ufficio di presidenza del Consiglio Regionale del Lazio ha assunto in proprio un impegno importante. Mentre in Parlamento vengono depositate diverse proposte di legge per percorrere strade alternative alla detenzione di bambini in carcere con la madre, Isabella Rauti intende trovare il prima possibile delle soluzioni sul territorio del Lazio, nel rispetto delle leggi attualmente in vigore. Le abbiamo chiesto di raccontare la sua esperienza, le sue idee e le proposte concrete realizzabili in un futuro non lontanissimo sul territorio regionale. Come è nato il suo interesse per la problematica dei bambini in carcere? Il mio impegno per i bambini rinchiusi in carcere insieme alle madri detenute è iniziato prima della mio ingresso nel Consiglio Regionale. Ero ancora Capodipartimento al Ministero Pari Opportunità ed il Ministro Carfagna aveva interessato il Ministro della Giustizia Alfano affinchè si creassero altre strutture sul modello dell’Icam di Milano, ossia l’Istituto di custodia attenuata per madri detenute. Il mio impegno è proseguito, in qualità di Consigliere Regionale ed insieme ad altri colleghi, abbiamo organizzato visite conoscitive nelle carceri per constatare le condizioni di vita dei detenuti, con particolare attenzione alle madri detenute, e quindi ai loro bambini. Come si è documentata sulla situazione italiana e quindi regionale? Ci siamo insidiati in Consiglio Regionale a maggio, e già a luglio abbiamo svolto le prime visite che sono proseguite fino a dicembre e continueremo in questo nuovo anno. Il nostro, infatti, vuole essere un percorso continuo e costante per un impegno concreto finalizzato ad obiettivi precisi. La prima visita ha riguardato il complesso penitenziario di Rebibbia che registra la più alta concentrazione di donne detenute in Italia, e quindi anche di madri detenute. A luglio, abbiamo visitato il nido interno, nel carcere femminile di Rebibbia vi erano recluse ventuno madri con i loro bambini e non quindici come da capienza regolamentare. A settembre la loro presenza era addirittura aumentata e sei madri detenute con i loro figli venivano trasferite dalle19 alle 7 nell’infermeria per poi ritornare al nido negli orari diurni. Dopo una visita all’Icam di Milano, un’esperienza unica, e non solo in Italia, ma anche in Europa, sono sempre più convinta che la detenzione alternativa per madri detenute ed i loro bambini sia la soluzione più giusta e più civile. Quale possibile ruolo possono avere strutture quali l’Icam nella soluzione del problema? Si deve ricorrere alle misure alternative e identificare nel Lazio uno e più Istituti di custodia attenuta per le detenute madri. Non possiamo, però, ritenere che sia la soluzione al problema del sovraffollamento, quanto piuttosto un contributo per risolvere l’emergenza, e soprattutto un intervento decisivo per migliorare la qualità della vita dei bambini detenuti. L’Icam è pensato sul modello della casa famiglia ed offre ai bambini, anche se solo parzialmente, un’infanzia di normalità anche con l’aiuto dei volontari che operano all’interno del carcere, e che continueranno ad offrire il loro prezioso contributo nelle nuove strutture alternative. Qualche idea concreta per il territorio del Lazio? A settembre insieme all’Assessore Regionale ai rapporti con gli enti locali e politica per la sicurezza Giuseppe Cangemi ed al Presidente del V° Municipio Ivano Caradonna, abbiamo individuato nel Parco di Aguzzano, zona limitrofa all’Istituto penitenziario di Rebibbia, un casale già ristrutturato che con gli opportuni lavori esterni di messa in sicurezza e con altri piccoli interventi interni potrebbe diventare lasede

LE

PROPOSTE

DI

ISABELLA

LAZIO

dell’Icam. Questa struttura potrebbe ospitare almeno dodici detenute con i loro bambini. Possiamo fare delle ipotesi sulla tempistica di realizzazione? La volontà politica c’è. Il Consiglio Regionale del Lazio ha preso il suo impegno, nel corso della seduta n°12 del 2 Dicembre 2010 è stato deciso di attivare le procedure per realizzare l’Icam. Il consenso è stato ampio e bipartisan e l’assessorato competente ha già destinato i fondi necessari per la realizzazione. Quando si parla di diritti umani, di diritti fondamentali come i diritti dei bambini non si deve porre alcuna questione ideologica ma discutere in sedi più ampie possibili e sono contenta che questa maggioranza abbia assunto questo tema e questo impegno! Una sola Icam per tutto il Lazio? A dicembre 2010, su sollecitazione del Sindaco di Arce [Fr], abbiamo effettuato un sopralluogo al vecchio carcere mandamentale, costruito negli anni settanta e mai utilizzato, a seguito della riforma che ha abolito tali strutture. L’edificio che è stato ceduto dal Ministero di Giustizia al Comune che, venuto a conoscenza dell’impegno della Regione sul tema, lo ha messo a disposizione per la creazione di un Icam. Ma l’ipotesi è ancora tutta da verificare. Ho chiesto che venga effettuata una perizia tecnica e una visita congiunta con l’Assessore regionale ai rapporti con gli enti locali e le politiche per la sicurezza alla struttura nel Comune di Arce. La realizzazione di uno o più Icam nel territorio della Regione Lazio è anzitutto una questione di rispetto dei diritti umani e del diritto all’infanzia. Ma il problema del sovraffollamento delle carceri richiede strategie più ampie ed articolate. Vede una possibilità di soluzione per i bambini in carcere anche all’interno delle scelte del governo in materia penitenziaria? Il piano carceri proposto dal Ministro Alfano (approvato il 13 gennaio 2010) che prevede un piano edilizio penitenziario per aumentare la capienza delle carceri, nuove assunzioni per la polizia penitenziaria e norme di accompagnamento all’esterno che attenuino il sistema sanzionatorio per chi deve scontare un residuo pena di dodici mesi, va in questa direzione.

Siloe, una casa per i più piccoli d i Pa o l a L a M a r t i n a ( R e s p o n s a b i l e A s s o c i a z i o n e A i n K a r i m ) L’ASSOCIAZIONE INIZIATIVA

PER

AIN I

KARIM

SI

FA

ritorio del V° Municipio del Comune di Roma sin dagli anni novanta e sono stati ospitati, in questi anni, numerosi nuclei di madri con bambini nelle due Case di Accoglienza. Sempre nel corso degli anni è emersa con forza la necessità di prendersi cura di minori le cui madri, residenti nelle strutture dell’Associazione da vari mesi, per varie ragioni (dalla malattia, alla reclusione, alla rinuncia della genitorialità) si allontanavano abbandonando di fatto il minore. Su indicazione del tribunale e dei servizi sociali abbiamo dato la disponibilità all’accoglienza nell’ambito delle case famiglia Sichem e Ain Karim di tali minori per garantire loro transizioni meno brusche e traumatiche verso nuove strutture o verso i nuclei di affido/adozione e ove possibile garantendo gli incontri madre/bambino in un clima sereno in vista di un possibile ricongiungimento. Spesso tali minori sono nati e cresciuti nella struttura, il cui ambiente costituisce per loro un punto di riferimento importante. Parallelamente a questa esperienza è emersa

Un suo parere su ipotizzabili soluzioni? Sono favorevole alle misure alternative per le madri detenute: sempre nel rispetto delle norme giuridiche in vigore. L’Icam potrebbe essere utilizzato per detenute madri condannate a pene molto lunghe, mentre per chi ha pene brevi si potrebbe applicare la detenzione domiciliare. Quello che serve è un duplice sforzo: più misure alternative e maggiori investimenti in campo educativo e trattamentale all’interno del carcere, che non può svolgere unicamente una funzione sanzionatoria o punitiva ma deve rispettare anche la sua vocazione di rieducazione e creare le premesse per una prospettiva di reinserimento nella società civile e nel mondo del lavoro, a fine pena. Perché è giusto trovare una soluzione affinché nessun bambino si trovi in una cella? Questo impegno nasce dalla volontà di ribadire il diritto inalienabile all’infanzia, come diritto umano. I bambini non hanno colpe da scontare, perché sono innocenti. La loro detenzione in carcere con le madri provoca – e non sono io a sostenerlo, ma studi di esperti del settore – non solo danni psicologici ma anche allo sviluppo motorio e cognitivo che si trascinano nel tempo. Non dimentichiamo che il nostro paese ha sottoscritto tutte le convenzioni internazionali a difesa dell’infanzia che è un diritto fondamentale ed inalienabile del bambino. E sui diritti, le convenzioni sono una condizione necessaria ma non sufficiente se non si intraprende la strada della concretezza e del rispetto della dignità della persona, nessuno escluso!

PROMOTRICE

DI

UNA

NUOVA

BAMBINI

L’ Associazione di volontariato opera nel ter-

la necessità da parte del territorio di una struttura che sappia accogliere minori dai zero ai dodici anni, perché proprio nel V° Municipio del Comune di Roma non vi è nessuna Casa Famiglia per Bambini. La Casa Famiglia Siloe sorge nel perimetro del terreno della Casa Famiglia Sichem, sorella maggiore all’interno della quale sono maturate le esperienze e le competenze necessarie a formare l’équipe professionale, infatti gli operatori di Siloe provengono dall’équipe di Sichem e Ain Karim. La comunità di tipo familiare è una struttura avente dimensioni e caratteristiche funzionali ed organizzative orientate al modello relazionale della famiglia, con capienza massima di sei bambini – più due che si possono accogliere solo in casi di emergenza – tale da garantire, anche attraverso progetti individualizzati, una conduzione ed un clima emotivamente ed educativamente significativi per il bambino.Ogni impegno volto alla cura dei bambini è un investimento per il futuro, perché significa promuovere un servizio di autentica prevenzione del quale la società di oggi ha grande necessità.

ROMADENTRO © Associazione Ora d’Aria con il contributo del Comune di Roma, Dipartimento V – U.O. Immigrazione e Inclusione sociale – Ufficio per i detenuti e/o ex detenuti direttore responsabile Carmen Bertolazzi segreteria di redazione Silvia Giacomini redazione Via della Mercede n.52, 00187 Roma – [email protected]

Si ringraziano per la disponibilità le Direzioni e le Aree trattamentali degli Istituti penitenziari romani. In collaborazione con il «Giornalino» (C.C. Femminile di Rebibbia) e il Gruppo Universitario Carcerecultura (C. R. di Rebibbia) illustrazioni di Agostino Iacurci progetto grafico orecchio acerbo editing e realizzazione Periscopio editoria e comunicazione Chiuso in stampa Dicembre 2010 c/o Futura grafica 70 s.r.l. N. 2 speciale/2010 Reg. n. 220 del 30/05/08 ROMADENTRO R

EVITARE

QUARTA

SPECIALE MONOGRAFICO [N.3]

ROMADENTRO R

dentroilcarceredentro

Viaggio nei meandri del carcere, seconda tappa a cura della Redazione di RomaDentro

C ontinua il nostro viaggio all’interno di un carcere che assomma alla pena da scontare, o per cui si è in attesa da troppo tempo, un surplus di condanna dovuta da una condizione oggettiva che avrebbe bisogno di altre risposte, e dunque di altri luoghi. Nel numero precedente di RomaDentro abbiamo parlato di anziani, di bambini innocenti, di stranieri, delle transessuali che avrebbero bisogno di un trattamento dedicato alla loro peculiarità di genere. In questo numero, troverete una panoramica della situazione nel Lazio da parte dell’associazione Antigone, che storicamente si occupa della realtà penitenziaria con ricerche nell’ottica di rappresentare un osservatorio permanente. Anche altri coordinamenti si sono assunti sul territorio di Roma questo compito, come la Consulta penitenziaria romana e il Forum regionale sulla salute in carcere. Troverete inoltre informazioni, analisi e proposte in particolare in ambito sanitario: persone malate, tossicodipendenti, sofferenti mentali, disabili. Per ribadire un concetto: fermo restando l’obbligatorietà di una condanna da scontare come deciso dalla magistratura, la persona detenuta deve restare un essere umano con l’integrità dei suoi diritti.

Fotografia di famiglia. La situazione e i numeri della detenzione nel Lazio a cura di Antigone onlus [Associazione per i diritti e le garanzie del sistema panale] I NUMERI GENERALI

Il Lazio con i suoi quattordici Istituti penitenziari ha un tasso di sovraffollamento pari al 137%. Ciò significa che per ogni cento posti letto vi sono ben centotrentasette detenuti. Gli stranieri costituiscono il 39% del totale della popolazione reclusa in Regione. La media italiana è di poco più bassa, ossia pari al 36%.[TABELLA N.1] IL SOVRAFFOLLAMENTO CARCERE PER CARCERE

Il carcere laziale più sovraffollato è quello di Latina, seguito da Velletri e Cassino e dal nuovo complesso di Civitavecchia. Rieti è ancora semi-vuoto, seppur nuovo. Manca il personale per farlo funzionare a regime. Regina Coeli è il più sovraffollato delle carceri romane. A Regina Coeli quasi la metà dei detenuti è di origine straniera. [TABELLA N.2]

quindi circa 500 le persone potenziali beneficiarie. Potenziali, perché la decisione è comunque rimessa alla discrezionalità della magistratura di sorveglianza che dovrà accertare se la persona è pericolosa e se ha una casa. Dal 16 dicembre il provvedimento di legge è comunque operativo. [TABELLA N.3]

duazione di misure cautelari extra-detentive aiuterebbe rispetto all’uscita dall’emergenza sovraffollamento. [TABELLA N.4] I LAVORANTI

La percentuale dei detenuti che lavora è pari a un quarto del totale della popolazione reclusa. I tre quarti non possono fare nulla. Sono solo centocinquanta quelli che lavorano per privati ossia fanno lavori utili alla risocializzazione. Infatti, i lavori alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria sono lavori perlopiù dequalificati come ad esempio quello di scopino, spesino, portavitto, scrivano. Nomi e denominazioni di altri tempi.

I PRESUNTI INNOCENTI IN CARCERE

Un dato allarmante è quello delle persone presunte innocenti che stanno in galera: esse sono il 46% del totale della popolazione reclusa nel Lazio. Una percentuale che per quanto riguarda il sottoinsieme degli stranieri supera addirittura il 50%. La custodia cautelare è usata in modo selettivo e discriminatorio. Il 21% dei detenuti non ha avuto neanche la condanna di primo grado, ossia è in carcere ad attendere gli esiti del processo. L’indivi-

I giovani sotto i trentacinque anni sono il 39% del totale dei detenuti. La questione carceraria è una questione giovanile. Ci sono poi ben quarantaquattro ultrasettantenni che potrebbero usufruire di detenzione domiciliare. FIGLI E FAMIGLIA

I laureati sono meno di quelli che non hanno mai studiato. Se si tiene conto che sono tantissimi quelli di cui il titolo di studio non

I detenuti lasciano spesso a casa famiglia e figli. I regolarmente sposati sono il 23% del totale. Il 32% ha figli fuori dal carcere. Circa un decimo dei detenuti ha più di tre figli. I DETENUTI NATI NEL LAZI

Manca ancora nel Lazio un istituto che consenta alle donne con bambini sotto i tre anni di stare in un ambiente non carcerario. Sarebbe sufficiente una casa di accoglienza di 400 metri quadri.

[Tabella n. 2]

LE PENE BREVI

Come si vede i detenuti che hanno da scontare pene brevi sono moltissimi. Quelli che hanno una pena residua inferiore all’anno sono dieci volte di più degli ergastolani. Sono loro a essere la causa del sovraffollamento. Sono dentro principalmente per violazione della legge sulle droghe e violazione della legge sulla immigrazione. Si può notare, inoltre, che gli stranieri, in percentuale, commettono crimini di minore gravità visto che sono solo sette gli ergastolani stranieri nel Lazio, ossia poco più del 5% del totale dei condannati a vita. Gi stranieri salgono invece fino al 40% del totale di coloro i quali devono espiare una pena inferiore a un anno. QUANTI USUFRUIRANNO DELLA NUOVA LEGGE SULLA DETENZIONE DOMICILIARE

La nuova legge sulla detenzione domiciliare consente di scontare a casa l’ultimo anno di carcere. Vi sono però molti vincoli, molte eccezioni. Una delle quali concerne la disponibilità di un domicilio. Per cui gli stranieri irregolari ne sono esclusi. E gli stranieri ristretti nelle carceri sono praticamente tutti irregolari. Un altro 20% di reclusi incorre in altri divieti di fruizione del beneficio. Sarebbero

Capienza

Detenuti

Tasso di

Regolamentare

Presenti

Affollamento

61

61

100%

16

5

Frosinone

325

511

157%

133

0

Cassino

154

265

172%

81

0

Latina

86

166

193%

60

32

Rieti

306

94

30%

41

0

Velletri

208

394

189%

145

0

Regina Coeli

724

1053

145%

552

0

Rebibbia Penale

370

367

99%

54

0

36

37

103%

4

0

I detenuti di origine del nord producono ben 9.782 detenuti, quasi il 15% del totale dei detenuti e il 25% degli italiani in galera. Mai stati così tanti nella storia penitenziaria italiana. Si pensi che nel 2001 i detenuti nati in Lombardia erano poco più di un terzo rispetto a quelli nati in Campania. Oggi sono pochi di meno. Crollano le presenze di detenuti pugliesi, campani, calabresi, siciliani, sardi. Crescono moltissimo i detenuti emiliani e toscani. Crescono di circa 1.400 unità i laziali. I detenuti del centro Italia sono 9.291. I detenuti del sud e delle isole sono 17.612. Al centro-nord abbiamo più detenuti del centro-sud.

1194

1653

138%

568

0

SUICIDI E SOVRAFFOLLAMENTO

Rebibbia Femminile

274

385

141%

182

385

Civitavecchia N.C.

332

526

158%

300

38

Civitavecchia C.R.

105

77

73%

10

0

Viterbo

433

676

156%

201

0

Paliano

Rebibbia Terza Casa Rebibbia N.C.

Stranieri

[Tabella n. 3]

Pena residua inferiore a un anno

1.066 di cui 42 stranieri

Tra uno e due anni

586

Tra due e tre anni

473

Tra tre e cinque anni

473

Tra cinque e dieci anni

386

Tra dieci e venti anni

159

Più di venti anni

45

Ergastolani

125 di cui 7 stranieri

[Tabella n. 1]

14

[Tabella n. 4]

Capienza regolamentare

4.661

Detenuti in attesa di giudizio

Detenuti presenti al 30/10/2010

6.400

Appellanti

894

Detenuti stranieri

2.502

Ricorrenti

503

Imputati con più posizioni pendenti

168

442

Detenuti in semilibertà

77

Definitivi

Detenuti stranieri in semilibertà

10

Internati

1.377

2.942 di cui 1.382 stranieri 1 ROMADENTRO R

Detenute donne

L’ETA’ DEI DETENUTI LAZIALI

LAUREATI E ANALFABETI

I BAMBINI

Numero Istituti

è rilevato e che nella maggiorparte dei casi si tratta di persone anch’essa prive di un percorso significativo di studio si può notare che il sistema penitenziario seleziona i meno formati dal punto di vista educativo. Una adeguata offerta formativa aiuterebbe rispetto all’abbandono di percorsi devianti e ai rischi di recidiva.

PRIMA

Di cui donne

A CURA DELL’OSSERVATORIO PERMANENTE SULLE MORTI IN CARCERE. DA “RISTRETTI ORIZZONTI”

CATANIA “BICOCCA”, 2 suicidi su 234 detenuti nel 2010; 1 suicidio ogni 117 detenuti [sovraffollamento la 165%] FIRENZE “SOLLICCIANO”, 2 suicidi su 1.025 detenuti nel 2010; 1 suicidio su 512 detenuti [sovraffollamento al 206%] LECCE, 2 suicidi su 1.551 detenuti nel 2010; 1 suicidio ogni 775 detenuti [sovraffollamento al 228%] NAPOLI “POGGIOREALE”, 3 suicidi su 2.684 detenuti nel 2010, 1 suicidio ogni 894 detenuti [sovraffollamento al 159%] PADOVA CASA DI RECLUSIONE, 3 suicidi su 848 detenuti nel 2010; 1 suicidio ogni 282 detenuti [sovraffollamento al 13%] REGGIO EMILIA, 2 suicidi su 314 detenuti nel 2010; 1 suicido su 148 detenuti [sovraffollamento al 188%] ROMA REBIBBIA, 3 suicidi su 2.035 detenuti nel 2010; 1 suicidio ogni 678 detenuti [sovraffollamento al 136%] SIRACUSA, 4 suicidi su 515 nel 2010; 1 suicido ogni 128 detenuti [sovraffollamento al 166%] SULMONA, 3 suicidi su 444 detenuti del 2010; 1 suicidio ogni 148 detenuti [sovraffollamento al 166%]

R ROMADENTRO

SPECIALE MONOGRAFICO [N.3]

dentroilcarceredentro

Prima tossicodipendente o detenuto? di Sandro Libianchi (Medico specialista in medicina interna, in endocrinologia, tossicologia c l i n i c a p r e s s o U. O. C a s a d i R e c l u s i o n e R e b i b b i a — A S L R m B ) COME

ANCHE

GARANTIRE

SE

IL

DIRITTO

ALLA

CURA

E

AL

PERCORSO

TERAPEUTICO

CONDANNATO

A partire dagli anni ’70 una nuova figura di

Sono ormai numerosissime le esperienze nazionali ed internazionali che hanno dimostrato che il trattamento per le persone che abusano di sostanze stupefacenti o ne sono propriamente ‘dipendenti’ (v. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – DSM IV, 2002 ed.) migliora i risultati per reati di droga ed ha effetti benefici per la salute e la sicurezza pubblica. Un trattamento efficace riduce l’utilizzo futuro di droga e dei comportamenti criminali, migliora i rapporti dell’individuo con la sua famiglia e può migliorare le prospettive per l’occupazione. Gli esiti del trattamento per la sostanza di abuso possono essere migliorati quando il personale della giustizia penale lavora coordinandosi strettamente con i fornitori del trattamento stesso, sia all’interno come all’esterno del carcere, anche se una storia di consumo di droga non indica di per sé la necessità di un trattamento terapeutico. In generale però, ai trasgressori per reati di droga che rispondono a criteri diagnostici per ‘tossicodipendenza’, si deve dare priorità per il trattamento rispetto a coloro che hanno diagnosi differenti come quella di ‘abusatore’ o ‘consumatore occasionale’ o ‘consumatore stabile per scelta personale’ e che magari rifiuta ogni forma di trattamento. In quest’ultimo caso sono indicati interventi meno intensivi, come l’istruzione circa l’abuso di stupefacenti, la partecipazione a gruppi di auto-aiuto, ecc.. La diagnosi clinica (e medico-legale, per i riflessi sull’esecuzione della pena) appare pertanto essere un fattore centrale nel percorso che va dalla presa in carico alla dimissione clinica del paziente. Purtroppo in Italia, permanendo la raccolta dei dati circa i tossicodipendenti in carcere in carico al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), si è potuto stimare l’esistenza di un rilevante differenziale tra le persone che venivano censite come tossicodipendenti dal Ministero della Giustizia e quelle che invece venivano diagnosticate e censite come dipendenti, abusatori o consumatori occasionali dai servizi specialistici del SSN (Ser.T.). Questo problema è ancor più sentito nell’ambito della giustizia penale minorile, dove la dizione per indicare queste persone è: “assuntore”. Tale dizione non presenta alcun valore né clinico, né medico legale e né permette una presa in carico specialistica. La speranza è che ora il SSN metta a punto sistemi di captazio-

detenuto iniziava ad essere presente nelle carceri di tutto il mondo. Si trattava di alcune persone che avevano il ‘vizio’ di usare delle sostanze inconsuete, che in genere avevano la caratteristica di costare molto e che dopo un po’ di tempo e di uso, non se ne poteva fare più a meno. Così, prima o poi questi consumatori erano costretti a commettere reati in quanto erano necessarie somme di denaro sempre più importanti per continuare ad usarne. All’inizio, il sistema penitenziario, guardava a questa popolazione con atteggiamenti generalmente ispirati ad una visione negativa, di vizio e di volontà di castigo. Allora non si aveva la minima idea di come stavano le cose sia da un punto di vista biochimico-clinico, che socio-riabilitativo e la tendenza prevalente era di aspettare che la pena fosse espiata in modo che il tempo trascorso in carcere avrebbe dato la possibilità al soggetto di riflettere sul reato commesso e di smetterla con quella cattiva abitudine che l’aveva portato alla dissolutezza ed alla perversione. Prevaleva quindi un’interpretazione prettamente rigida, intransigente e moralistica, di un fenomeno che oggi – a quasi quaranta anni dalla sua esplosione nel mondo occidentale – è stato sottoposto a profonde revisioni, parallelamente alla enorme mole di conoscenze acquisite, sia con l’osservazione sperimentale, che con la ricerca clinica e la verifica delle terapie. Attualmente, in Italia, come in molti altri paesi europei e statunitensi, permangono ancora atteggiamenti discriminatori nei confronti di questi pazienti portatori di una ‘patologia da dipendenza’ specialmente se correlata ad un’altra patologia (comorbilità), di tipo psichiatrico od infettiva (HIV, HCV, ecc.). Nonostante ciò, per quanto riguarda l’Italia, questo atteggiamento appare in regressione, anche in rapporto al transito delle funzioni di cura e recupero di questi pazienti, in capo al Servizio Sanitario Nazionale (D.P.R. 309/90 art. 96 e 118, D. Lgs. 230/99). Per i tossicodipendenti è stata infatti riconosciuta la prevalenza dello stato di patologia, rispetto al fatto giudiziario, tanto da prevedere – a causa di quella malattia – una misura alternativa alla detenzione nel caso in cui il reo accettasse di farsi curare. Ma i trattamenti ai tossicodipendenti servono realmente a curare la persona ed a limitare le ricadute negative sul terreno sociale? La risposta a questa domanda è certamente affermativa.

ne, rilevazione e classificazione diagnostica di tipo specialistico. La bassa motivazione a partecipare al trattamento non deve precludere l’accesso alle cure ed in questi casi possono essere utili interventi di rinforzo motivazionale (tecniche di gestione dei colloqui motivazionali, ricompense tangibili in cambio di obiettivi del programma della riunione, pressione legale e terapeutica che incoraggiano l’astinenza e la partecipazione di trattamento). La maggior parte degli studi in materia suggeriscono che ‘la pressione terapeutica’ esercitata per coloro che sono entrati in trattamenti alternativi alla carcerazione, condizionano comportamenti positivi (maggiore partecipazione, più lunghi periodo di astinenza, tassi di ricaduta più bassi) rispetto a coloro che sono entrati in un trattamento senza una simile pressione che comporta una specifica azione di presa in carico, un trattamento intracarcerario, l’affidamento accompagnato all’esterno e la permanenza in strutture specializzate. Come già accennato, non raramente i tossicodipendenti detenuti presentano problematiche complesse, associando la patologia da dipendenza a quelle di altri settori come: difficoltà familiari, limitate abilità sociali, problemi educativi e di occupazione, disturbi mentali, malattie infettive ed altri problemi medici. Il trattamento deve tener conto di questi problemi, perché possono aumentare il rischio di ricaduta nell’uso di droga e la recidiva criminale, se non opportunamente affrontati. Per tali motivi il Piano Terapeutico deve essere ‘personalizzato’ (calibrato sulla persona), multidimensionale (coinvolgendo più competenze professionali), integrato (con le altre aree problematiche coinvolte) e strettamente controllato attraverso verifiche a tempi predefiniti ed all’occorrenza rivalutando e modificando il piano di trattamento iniziale, sia con l’aumento della “dose di trattamento”, sia con la modifica integrale del tipo di intervento terapeutico o, prorogandone i termini prefissati. Questa potenzialità di cambiamento del progetto terapeutico deve essere considerata normale, in quanto è molto difficile quantificare e prevedere una risposta terapeutica in tali persone. Inoltre, poiché la “dipendenza da sostanze stupefacenti è una malattia di tipo cronico e recidivante” (OMS, 2002), il percorso individuale di recupero di droga può prevedere il riavvio di un percorso terapeutico qualora se ne ravvedesse la necessità, anche dopo molto tempo dal suo termine. Ma perché la tossicodipendenza è considerata una “malattia cronica e recidivante”? Oggi siamo i grado di dare una risposta molto circostanziata circa le cause che ne deter-

Tossicodipendenze e carcere: il doppio della media europea DAL

VII°

RAPPORTO

DELL’OSSERVATORIO

NAZIONALE SULLE

SULLE

CONDIZIONI

CONDIZIONI

DI

DI

DETENZIONE

DETENZIONE

DI

ANTIGONE

L’ Italia detiene un non invidiabile primato in ambito europeo: secondo i dati forniti dal consiglio d’Europa, nel continente la media di persone detenute per reati previsti dalla legge sulle droghe è del 15,9%. Da noi è ristretto per i reati previsti dal solo art.73 del D.P.R. 309/90 il 38,2% dei detenuti. Una cifra dunque esorbitante, superiore al doppio della media europea. I tossicodipendenti in carcere sono 1 su 4. Data

Presenti

Tossicodipendenti

%

30/06/2006

61.264

16.145

26,4%

31/12/2006

39.005

8.363

21,4%

30/06/2007

43.957

10.275

23,4%

31/12/2007

48.693

13.424

27,6%

30/06/2008

55.057

14.743

26,8%

31/12/2008

58.127

15.772

27,1%

30/06/2009

63.630

15.870

24,9%

31/12/2009

64.791

15.887

24,5%

R ROMADENTRO

La tabella qui sotto indica invece il crollo delle misure alternative alla detenzione per condannati tossicodipendenti.

SECONDA

minano siffatte caratteristiche, mettendo in gioco un grande numero di fattori concorrenti: fattori neurobiologici, psicologici, sociali e ambientali. E’ noto infatti che l‘uso ripetuto di sostanze stupefacenti (ma esistono anche le dipendenze senza sostanza; es.: il gioco d’azzardo), modifica in modo irreversibile alcune funzioni cerebrali, seppure con sostanziali differenze tra sostanze. Queste modifiche del cervello accompagnano la transizione da consumo volontario di droga, a consumo compulsivo e non più controllabile, modificando sia le naturali inibizioni cerebrali che il funzionamento dei c.d. ‘centri della ricompensa’. In queste condizioni il desiderio di sostanza può essere innescato dai fattori più normali della vita di una persona: il contatto con le persone del gruppo sociale, la presenza in luoghi e cose precedentemente connesse con l’uso di droga, eventi stressanti. Ed è proprio lo stress a rappresentare un fattore che molto contribuisce alla ricaduta. Fattori di stress sono rappresentati dal ricongiungimento con i familiari, dalla sicurezza o meno di avere un alloggio a disposizione e lo stesso mantenersi conformi ai requisiti di vigilanza della giustizia penale, ecc. Molte delle normali decisioni quotidiane che la maggioranza delle persone riesce a fare automaticamente senza particolari difficoltà (stressors), possono rappresentare invece un fattore fortemente stressante specie in coloro che ad esempio, escono dopo lungo tempo da una situazione di ambiente altamente controllato, come il carcere. Un gruppo di pazienti che deve essere considerato in modo peculiare e più attento, è rappresentato dalle donne, le quali pur se presentano tassi di incarcerazione molto più bassi degli uomini, hanno visto crescere il valore assoluto di presenza in carcere, in modo costante in questi ultimi anni e maggiore rispetto agli uomini. Le donne risultano avere un diverso insieme di problemi e di necessità rispetto agli uomini. Ad esempio, le donne incarcerate, in trattamento presentano una significativa maggiore probabilità rispetto agli uomini incarcerati per avere più gravi storie di abuso di sostanze, così come di comorbilità fisica e di problemi psicologici. Circa il 50 per cento delle donne autrici di reato presentano storie di abusi fisici, sessuali e di violenza domestica. Per le donne detenute tossicodipendenti con figli, le responsabilità genitoriali possono essere in conflitto con la loro capacità di partecipare a trattamento farmacologico. Recuperare o mantenere la custodia dei loro figli può motivare maggiormente le madri a partecipare al trattamento.

R ROMADENTRO

SPECIALE MONOGRAFICO [N.3]

dentroilcarceredentro

Appunti di un medico non troppo disattento d i R a f f a e l e L i a r d o ( D i r i g e n t e m e d i c o A S L C a s e r t a , U. O. S a l u t e m e n t a l e – U. O. S. M . d i A v e r s a ) L’OSPEDALE

PSICHIATRICO

GIUDIZIARIO

L e profonde trasformazioni dell’assistenza psichiatrica in Italia, dalla chiusura dei manicomi a seguito della Legge 180 allo sviluppo di nuove pratiche sul territorio, hanno determinato varie modalità organizzative dei vari servizi psichiatrici ponendo l’accento sul fatto che tali attività influenzino il decorso e l’esito della malattia mentale. Da questo processo, ancora in corso, restano fuori come castelli arroccati nel passato gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) che non hanno mai recepito gli stimoli che sono propri dei Servizi Territoriali. All’interno di essi tutta l’attività è relegata all’attesa: attesa dell’udienza, attesa del pasto, attesa del perito, attesa del colloquio, attesa dello psichiatra. L’attività sanitaria sembra una procedura antica e mai mutata, quasi un rito: il colloquio, la storia vissuta, il reato commesso, l’interpretazione del fatto. L’infermiere che consola l’internato, gli regala una sigaretta, lo prega di fare il bravo altrimenti sarà peggio …… mentre l’agente osserva la scena. E poi la terapia: chi si rifiuta, chi dice che sta bene e non ne ha proprio bisogno, chi minaccia di denunziare l’abuso di potere; l’arrivo degli agenti calma gli animi e rimette tutto sul binario della “normalità”. R. D.F. chiede perché non esce avendo già scontato la pena e continua a restare in OPG. E’ in preda a sconforto perché ha ricevuto un’altra “stecca”, e non ne capisce la ragione. Forse non c’è stata una buona relazione dello psichiatra oppure la sua ASL non ha proposto un programma per la dismissione; forse il suo CSM non sa neanche che è un internato OPG. Le parole ed i pensieri si affollano nella sua mente e se ne va nella cella mesto e lento. P. C. ha ingoiato per protesta delle batterie scariche, poi qualche chiodo ed una piccola ser-

RACCONTATO

DA

DENTRO

ratura ed è stato posto in isolamento ad evitare che ingoi qualcos’altro; si lamenta che vuole andare in un centro clinico o in un ospedale vero perché deve essere curato. Non guarda nessuno in faccia, ripete sempre le stesse parole. Durante l’isolamento si procura dei graffi e si lacera la pelle del cuoio capelluto strofinando la testa contro le mattonelle del bagno. Sono passati alcuni mesi e P. ha assunto regolarmente la terapia, ha ridotto di molto i suoi disturbi comportamentali ma continua a ripetere che vuole andare in un ospedale vero. “Ho solo qualche batteria nello stomaco”, dice senza convinzione,”perché non mi mandate al mio CIM o a casa?” E guarda lo psichiatra con un sorriso ironico. L’accesso alle aree trattamentali è riservato a quelle persone, spesso o in buona parte, le stesse che accettano le regole ed i tempi. C’è la stanza dove si fanno i lavori di ceramica, quella di pittura, quella del corso di scuola media, lo spazio per la teatroterapia; poi fuori l’area verde con gli animali, tanti, con cui si gioca, si lavora, si impegna il tempo. C’è anche il laghetto al centro dello spazio verde con le tartarughe che mangiano gli avanzi del giorno prima con gli internati che guardano sorridenti. Le oche capitoline, le papere, le anatre sguazzano, corrono verso il cibo che si contendono ed evocano l’autonomia e la libertà. La riabilitazione è un processo che tende ad identificare, prevenire e/o minimizzare le molteplici cause di disabilità, aiutando le persone a sviluppare ed usare le proprie capacità e a far loro riacquistare fiducia e stima di sé. Riacquistare e potenziare le abilità nella cura del sé e nelle attività di vita quotidiana, recuperare funzionalmente la ripresa di competenze relazionali, di socializzazione e lavorative sono le aspirazioni e gli obiettivi di

Diversamente abili ma intrappolati I n c h i e s t a a c u r a d i S u p e r A b i l e. i t CINQUECENTO

DETENUTI

DISABILI

I l dato, fornito dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, riguarda la disabilità motoria e sensoriale ed è fermo al dicembre 2008. La maggioranza di detenuti disabili è in Lombardia (121), seguita da Campania (96) e Lazio (51). A Fossombrone, nelle Marche, sono detenuti 28 ipovedenti. Nel dicembre del 2008 nelle carceri italiane erano presenti 483 detenuti con disabilità motoria o sensoriale. Questo il dato più recente sulla presenza della disabilità in carcere in possesso dell’Ufficio Servizi sanitari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Un’identica rilevazione per il 2009 manca: “Le schede destinate alla compilazione erano state inviate anche lo scorso anno alle direzioni degli istituti di pena - spiegano dall’ufficio - ma l’indagine non è stata realizzata”. La regione italiana con il maggior numero di detenuti disabili risulta essere la Lombardia: alla fine del 2008 negli istituti di pena della regione risultavano reclusi 121 detenuti con disabilità fisica e motoria, di cui 13 a San Vittore e 82 a Opera. Fra le regioni più “affollate” anche la Campania con 96 detenuti, il Lazio (51), le Marche (34, di cui 28 ipovedenti detenuti nella struttura di Fossombrone) e la Toscana (31). Seguono Sicilia (34), Piemonte e Valle d’Aosta (23), Veneto, Trentino e Fvg (20), Puglia (17), Emilia-Romagna (16), Sardegna (16), Calabria (14), Umbria, Abruzzo-Molise, Liguria (tutte con 3 detenuti) e, infine, Basilicata (1). Parzialmente diversi gli esiti di una seconda indagine relativa alla sola disabilità motoria, svolta sempre nel 2006 ma in cui periodo dell’anno non specificato. Con 65 detenuti, la Lombardia resta la prima regione nella classifica della

NELLE

CARCERI

ITALIANE

numerosità, ma è stavolta seguita dalla Sicilia, con 51 detenuti disabili, dalla Sardegna, con 42 detenuti, e poi da Campania (37), Lazio (36), Emilia-Romagna (30), Puglia (26), Piemonte e Abruzzo-Molise (25), Marche (17), Toscana (15), Basilicata (11), Veneto (10), Umbria (6), Calabria (4) e Liguria (1). I luoghi, le norme e i numeri Non si sa quanti siano esattamente i disabili detenuti nelle carceri italiani, visto che non esiste un sistema di monitoraggio nazionale sulle condizioni di salute dei carcerati. Quattro le sezioni attrezzate per i “minorati fisici”, centoquarantatre posti in tutto, di cui novanta ancora inagibili. Sette le sezioni per disabili motori, per un totale di trewntadue posti; 1.238 gli “internati nei sei O.p.g. italiani, la cui capienza complessiva è di 951 posti. La malattia e la disabilità non sono incompatibili con la detenzione. Anzi accade spesso che chi varca la soglia del carcere porti con sé gli esiti di un trauma o di una malattia che hanno ridotto le sue capacità motorie o mentali. Non si sa quanti siano esattamente i disabili detenuti nelle carceri italiani, visto che non esiste un sistema di monitoraggio nazionale sulle condizioni di salute dei carcerati. Si sa però che “non esiste in Italia una normativa specifica per i detenuti disabili”, afferma Francesco Morelli, di Ristretti Orizzonti. “Uno dei principali riferimenti normativi per la disabilità in carcere - spiega Morelli - è l’articolo 47 ter dell’Ordinamento Penitenziario, relativo alla detenzione domiciliare”: in base al comma 3, “la pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell’arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privaR ROMADENTRO

QUASI

questa pratica. L’attività riabilitativa è tuttavia assicurata: si lavora alla costruzione di steccati, all’ampliamento del laghetto, all’allargamento dell’area coltivabile mentre le galline tendono ad invadere l’area coltivata a primizie ed i cani che le inseguono e le cacciano. Gli agenti controllano, guardano con sospetto chi utilizza un piccone, un martello, una sega. Si ordina con tono duro e autoritario di fare una certa cosa, chi sbaglia viene rimproverato aspramente. Il rientro in reparto avviene con la scorta, il pasto è una richiesta pietosa ed urgente in squallide ciotole di pasta, insalata e secondo (pesce o carne) in un’atmosfera da carcere “vero”. Che cosa sta succedendo in Campania e più specificamente ad Aversa dopo la pubblicazione della nuova normativa volta al superamento degli OPG? Alla fine del 2008 con il DPCM del 1° aprile 2008 la parte sanitaria dell’OPG diventa di competenza dall’ASL sotto il controllo e la gestione del DSM dell’ASL competente per territorio. Il personale sanitario diventa dipendente dall’ASL, i medici, tutti , tranne uno, sono consulenti e quindi in proroga in quanto dipendenti da altre ASL. Si inizia nel 2009 con il Progetto Regionale Campania – Azione 3 – “Linea di intervento n.1: la garanzia dei LEA” ex DGRC n° 858 del 8 maggio 2009 la costruzione di un percorso di dimissioni di tutti quegli internati in proroga della Misura di Sicurezza o di quelli in grado di usufruire di una Licenza Finale di Esperimento. Un’azione che è stata subito intrapresa e che tutt’ora continua, costellata da incomprensioni, ritardi, mancati coordinamenti con i CSM competenti per territorio dei vari pazienti che sta comunque determi-

nando una riduzione significativa della popolazione dell’OPG. E’ stato stabilito un bacino regionale di utenza competente per ogni OPG presente sul territorio nazionale per permettere ai ricoverati di essere vicino alle aree di provenienza (famiglie, servizi territoriali) così da poter essere più facilmente presi in carico dai CSM competenti oltre che poter essere più agevolmente visitati dai parenti. Il personale medico e paramedico ha iniziato a rivedere le procedure di visite, di trattamenti farmacologici, di valutazioni continue per accertamenti diagnostici vari come in un ospedale degno di questo nome al fine di individuare le patologie organiche oltre che psichiche dei soggetti ricoverati. L’Amministrazione Penitenziaria offre ampia collaborazione nella realizzazione degli interventi programmati ma spesso è preda delle pastoie burocratiche: il codice penale con i suoi cavilli blocca molti percorsi e ridisegna i progetti. Il superamento dell’OPG è iniziato ma sarà graduale e faticoso; non c’è una Legge 180 che obbliga la chiusura degli OPG ma è pur vero che la Legge 180 ha aspettato 20 anni per vedere la sua realizzazione. L’Osservatorio Permanente sulla Sanità Penitenziaria della Regione Campania ha già intrapreso questa strada organizzando ed istituendo un Coordinamento Regionale di delegati delle ASL campane che hanno la funzione di attivare e coordinare le procedure di dismissione degli internati premendo sui servizi territoriali competenti per territori per una presa in carico con lo strumento dei Progetti Terapeutici Riabilitativi Individuali (PTRI). La via è stata tracciata e dovrà essere percorsa fino alla fine.

ta dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza, quando trattasi di persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali”. È però necessaria la perizia di un medico, che - spiega Morelli, “può essere smentita dal perito peritorum, cioè dal tribunale di sorveglianza. Un’altra norma di riferimento è quella che riguarda il differimento della pena, che però viene utilizzata soprattutto per le detenute incinte. Infine c’è l’articolo 11 dell’Ordinamento penitenziario, che contempla i casi in cui il detenuto entri sano e si ammali all’interno del carcere. In questa eventualità, il direttore, prima del magistrato, può disporre il ricovero in ospedale con articolo 11. Se quindi è vero che non esiste una normativa precisa per la disabilità in carcere, va però detto anche che la legislazione italiana è l’unica che prevede l’incompatibilità con la detenzione per motivi di salute.” Nei casi in cui la perizia medica evidenza una disabilità che richiede un’assistenza specifica, i detenuti sono destinati ad alcune strutture specifiche. Per la precisione, esistono gli Ospedali psichiatrici giudiziari e alcune sezioni di osservazione per i detenuti con disabilità mentale; le sezioni attrezzate per “disabili” e le sezioni attrezzate per “minorati fisici”. Quest’ultima distinzione tra disabili e minorati, dal suono arcaico, è in realtà destinata a scomparire in tempi brevi ma ancora sopravvive per ragioni organizzative. In particolare, il termine “minorato” è utilizzato nei casi in cui la disabilità motoria sia più lieve rispetto alla vera e propria disabilità. Per passare dalla parole ai numeri, riportiamo le cifre dell’Amministrazione penitenziaria, aggiornate al 3 ottobre 2008 e relative alla capienza di queste “sezioni speciali” e al numero di presenze effettive al loro interno. Non dimenticando il fatto che non tutti, ma anzi probabilmente solo una minoranza di detenuti con disabilità si trova all’interno di queste sezioni, mentre molti altri sono nelle sezioni comuni. Minorati fisici. Sono quattro, in tutta Italia, le strutture con sezioni attrezzate per accogliere minorati fisici, per una capienza complessiva di 143 posti e 21 presenze oggi registrate: per la precisione, Castelfranco Emilia, con una capienza di 90 posti ma attualmente inagibile; Parma, con una capienza di 25 posti e 6

presenze; Ragusa, con capienza 14 e 12 presenze; Turi, con 14 posti e 3 presenze. Disabili. Per i detenuti con disabilità fisica esistono sezioni attrezzate in 7 istituti, per una capienza complessiva di 32 posti e 16 presenze: Udine, con 3 presenze, pari alla sua capienza; Pescara, con 4 presenze e due posti; Parma, con 9 posti e 9 presenze. A queste si aggiungono 4 strutture le cui sezioni attrezzate risultano attualmente vuote: Perugia, Fossano, Castelfranco Emilia e Brindisi. Internati in Opg. Gli Ospedali psichiatrici giudiziari in funzione sono sei, con una disponibilità di 951 posti e una presenza di 1.238 persone: Aversa (Ce), con una capienza di 259 posti e 265 ospiti; Barcellona Pozzo (Me), con una capienza di 186 posti, (204 tollerabili) 265 le presenze attuali; Castiglione Siviere (Mn), con una capienza di 193 posti (223 tollerabili) e 208 presenze; Montelupo Fiorentino, con una capienza di 80 posti e 101 presenze; Napoli Sant’Eframo, con una capienza di 103 posti, 117 tollerabili e 109 presenze; infine Reggio Emilia, con una capienza di 130 posti, 252 tollerabili e 290 presenze. Gli O.p.g. possono accogliere sia i detenuti prosciolti per vizio di mente (a causa di disturbi psichiatrici), che detenuti i quali pur avendo scontato la pena continuano ad essere internati. Internati in sezioni di osservazione. Nelle sezioni di osservazione, destinate a detenuti con problemi psichici e funzionanti presso alcuni istituti: precisamente, Bologna (2 presenze), Castelfranco Emilia (76), Favignana (37), Firenze Sollicciano (19), Isili (21), Livorno (8), Milano San Vittore (14), Modena Saliceta S. Giuliano (100), Monza (5), Napoli Secondigliano (9), Palermo Pagliarelli (5), Reggio Calabria (4), Roma Rebibbia (13), Sulmona (108), Torino Lorusso e Cutugno (35).

TERZA

Le illustrazioni di questo numero sono di Agostino Iacurci. Nato a Foggia nel 1986, vive e lavora a Roma. Il suo lavoro spazia dall’illustrazione editoriale ai murales, dall’aninazione scenografica. Collabora con case editrici, agenzie pubblicitarie, riviste e studi di animazione. Ha realizzato un murales di trecento metri per la scuola di Saba in Algeria. Ha collaborato al progetto Muralex dipingendo parte della cinta muraria del carcere di Rebibbia. I suoi lavori sono esposti in mostre e festival in Italia, Giappone, Corea, Taiwan e Stati Uniti. Collabora con l’Istituto Europeo di Design, come assistente alla testi di laurea.

R ROMADENTRO

SPECIALE MONOGRAFICO [N.3]

dentroilcarceredentro

I diritti, attraverso la lente della salute di Fabrizio Rossetti (FP–CGIL Coordinatore nazionale comparto sanità) L’ASSENZA

DI

PROGRAMMAZIONE

IN

P rovare a capire perché, dopo la riforma dell’assistenza sanitaria in carcere del 2008, il sistema dei Governi ( Nazionale e Regionali) non abbia saputo e voluto accompagnare il processo di estensione del diritto alla salute anche per le persone momentaneamente private della libertà personale è oggettivamente difficile se si utilizzano categorie astratte quali la garanzia di esigibilità dei diritti di cittadinanza, la solidarietà sociale, l’uguaglianza. Nessuna spiegazione è accessibile se la sua ricerca si dispiega partendo dal presupposto che la natura del servizio sanitario nazionale, così come prefigurato dalla Costituzione, sia “garantita” e stabile e che sia tutelata a prescindere anche la sua caratteristica universalistica. Non è possibile spiegare quel perché se prima non si abbandona quel terreno fatto di principi e valori: il diritto alla salute in Italia è garantito dalla Costituzione, ma non è di fatto garantito in intere realtà territoriali del Paese, il diritto ad una giustizia “giusta” ed “uguale” è parte fondamentale del nostro Patto Costituente, ma intere classi sociali (le più abbienti, le caste) non sono “uguali di fronte alla legge”, il diritto all’assistenza sociale ed ad un sistema di protezione per le persone più svantaggiate è uno dei più alti valori che quella stessa Carta ha saputo e voluto esprimere, ma sono sempre di più le persone abbandonate da quel sistema di solidarietà, lasciate indietro dalle scelte della politica e dai governi. E allora, la prima domanda sulla quale poter provare a comprendere quel perché penso debba essere più o meno questa: ”è o no in atto nel paese un attacco concentrico al sistema dei diritti di cittadinanza in quanto ultimo vero argine ad una nuova idea di società deregolata, senza tutele, diseguale, egoista, liberale (nella accezione più degenerata del termine)?.” Perché è solo se comprendiamo i termini di un disegno più generale di destrutturazione degli architravi del nostro sistema di welfare che possiamo provare a reagire; solo se cogliamo la strategia più complessiva (più tesa a distruggere ciò che c’è anziché offrire un’alternativa valida, credibile e condivisa) riusciamo a capire perché, ad esempio, nel nuovo Piano sanitario nazionale, presentato dal Ministro della salute Fazio e accettato dalle Regioni non c’è cenno all’assistenza sanitaria in carcere. Oppure il perché, a fronte di una tanto sbandierata idea di autonomia delle Regioni, di federalismo fiscale (di matrice separatista), di nuovi centralismi territoriali, il sistema delle Autonomie Locali continua a non accorgersi che vi sono pezzi di quel territorio tanto sbandierato (le carceri) nelle quali quelle responsabilità “statali” e “locali” non sono affatto esercitate, dove il sistema dei diritti non entra, non vive. Ciò che è mancato alla riforma dell’assistenza sanitaria in carcere (ma lo stesso ragionamento potrebbe essere esteso a molte altre riforme istituzionali) è il passare dall’enunciazione straordinaria dei principi alla pratica concreta di quelle enunciazioni. E allora il Ministro Fazio dimentica che nel carcere vivono circa 70.000 cittadini di questo Paese e che per quei cittadini devono essere individuate strategie e linee di indirizzo sanitarie che sappiano cogliere la peculiare condizione di “momentaneamente privo della libertà personale”. Non dovrebbe dimenticarlo nemmeno in una condizione “normale”, tanto più in una situazione di straordinario sovraffollamento. Il Ministro Tremonti tratta i circa 300 milioni di euro appostati dalla legge di riforma

AMBITO

SANITARIO

CARCERARIO

come qualsiasi altro “tesoretto” da utilizzare a ripianamento del debito pubblico. Così come il Presidente della conferenza delle Regioni dimentica che sono proprio le singole Regioni ad avere responsabilità di governo sull’assistenza sanitaria in carcere e, dimenticando ciò, non pretende dal Governo nazionale maggiore attenzione nella programmazione sanitaria e finanziaria per quelle donne e uomini che, pur privi della libertà, sono cittadini da amministrare, né più né meno di quelli cosiddetti “liberi”. E, infine, i Direttori Generali delle ASL che, nel mare delle evidenti difficoltà, troppo spesso si trincerano e si difendono utilizzando le dimenticanze di “altri”. Ogni persona di buon senso comprende che senza soldi, senza vincoli precisi ed indirizzi chiari è difficile amministrare realtà così complesse quali gli istituti penitenziari, sui quali, oltretutto, troppo spesso, si scaricano le pulsioni più retrive e strumentali. Il sistema dei diritti, la cui esigibilità fa capo proprio ai direttori generali delle ASL, costa: intelligenze, tempo, attenzione, sensibilità, equilibrio e anche soldi. Ma ci sono diritti che possono essere immediatamente garantiti solo agendo sull’organizzazione dei servizi, nella costruzione di un sistema di responsabilità istituzionali (giustizia/SSN) leale e collaborativo, sull’integrazione sociale e territoriale, sul semplice riconoscimento dei “detenuti” innanzitutto come cittadini. Alcuni esempi? Non costa nulla elaborare, illustrare ed assumere una Carta dei Servizi in ogni carcere, così come non ha esborsi il riconoscimento del diritto alla privacy (riservatezza delle cure, della gestione dei dati, degli ambienti). E non costano nulla nemmeno l’informazione, l’educazione, lo scambio di esperienze, “i patti di solidarietà per la salute in carcere” che possono essere attivati in collaborazione con altri enti pubblici e del territorio, né le campagne di sensibilizzazione. Non costa nulla, ad esempio, assumere il problema degli psicofarmaci e orientare l’assistenza in carcere verso soluzioni di gestione del disagio “diverse”. Non costa nulla, infine, esplicitare il diritto al rispetto, nella condizione detentiva, delle libertà individuali e di tutti i diritti di cittadinanza sociale, politica e del lavoro. E allora perché tutte queste “dimenticanze, queste “amnesie”? Innanzitutto perché, a mio parere, s’è oramai stratificata l’idea di marginalizzazione del disagio e dell’uso del carcere quale risolutore dei conflitti, delle contraddizioni, delle tensioni sociali. E poi perché continua ad essere “difficile” la comprensione su come un servizio sanitario nazionale, universalistico e solidale misuri il suo valore, la sua qualità democratica non solo su come riesce “normalmente” a garantire diritti ed accessibilità alle persone “normali” in situazioni “normali”, ma anche e soprattutto su come, al contrario, dimostra, nelle situazioni di “anormalità”, la sua forza, la sua determinazione, il suo coraggio. Il nostro servizio sanitario sarà sempre a rischio di destrutturazione fino a che non riuscirà a dare il meglio di sé proprio per quelle aree che sono ai margini della cosiddetta “normalità”. Il grado di civiltà di un sistema salute si misura in maniera direttamente proporzionale all’attenzione ed agli investimenti che quel sistema indirizza e facilita per l’assistenza ai disabili, alle marginalità, alla salute mentale, alle dipendenze, ai non autosufficienti. E, ovviamente, all’assistenza in carcere.

La “crisi” entra in carcere a cura della Comunità di Sant’Egidio MALATTIA, OSSERVA

SOVRAFFOLLAMENTO, LE

CARCERI

DISAGIO

L a situazione delle carceri Italiane è oggi particolarmente difficile a causa della crescita del numero dei detenuti, che ha generato un sovraffollamento quale mai si era verificato nella storia del paese. Il sovraffollamento, come è intuitivo, non è solo un problema di spazio vitale individuale, ma ha effetti negativi su tutto il processo trattamentale di rieducazione e di reintegrazione e anche sulle quotidiane condizioni di vita dei detenuti e, non in ultimo, sulla loro salute. Questa condizione si accompagna anche alla diminuzione delle risorse e del personale. Il carcere è specchio della società e la crisi economica in atto, unita ad un orientamento legislativo che ha di fatto esposto i più fragili (i tossicodipendenti, gli stranieri, i senza dimora) a condanne molto severe, ha avuto come conseguenza l’aumento delle carcerazioni. L’impoverimento riguarda ormai molti, oggi anche tra la classe media e gli anziani troviamo un numero crescente di persone che vivono sotto la soglia della povertà. Così mentre fuori dal carcere cresce il numero dei poveri, ancor più cresce il numero dei poveri che entrano in carcere. Cresce la povertà e il disagio nel carcere. Nelle visite ai detenuti come volontari della Comunità di Sant’Egidio verifichiamo quotidianamente che le richieste che ci pervengono nascono principalmente dalle loro condizioni di povertà. Un punto critico è anche l’aumento dei detenuti malati. Sono più numerosi gli anziani e i malati di gravi patologie, o le persone che soffrono di disagio psichico. Molti degli anziani/e o malati, attualmente detenuti, sarebbero nella condizione giuridica idonea alla concessione di una misura in libertà, ma restano all’interno degli Istituti penali per l’assenza di strutture di accoglienza sia sociali che socio-sanitarie. Da qui l’affollamento nelle infermerie, che cominciano a somigliare a reparti di lungodegenza, perché accolgono oltre ai malati “acuti”, anche i “cronici”. In queste infermerie è indispensabile avere una disponibilità di ausili e presidi sanitari e ortopedici di ogni genere. La presa in carico del paziente da parte del servizio medico del carcere è resa più complicata oltre che a causa dei trasferimenti di malati in Istituti lontani, anche per i tempi che intercorrono tra l’ingresso in carcere e le visite specialistiche. Si deve infine considerare l’estrema difficoltà che i medici affrontano per l’organizzazione e la gestione quotidiana del loro servizio. L’Istituzione fa fatica a far fronte a questa condizione. Da più parti viene segnalata la diminuzione dei quantitativi di cibo distribuiti e di alimenti abitualmente acquistati in sopravvitto dai detenuti. Ci è stato segnalato un calo di cibo al minorile di Roma, a Rebibbia

ROMADENTRO © Associazione Ora d’Aria con il contributo del Comune di Roma, Dipartimento V – U.O. Immigrazione e Inclusione sociale – Ufficio per i detenuti e/o ex detenuti direttore responsabile Carmen Bertolazzi segreteria di redazione Silvia Giacomini redazione Via della Mercede n.52, 00187 Roma – [email protected]

Si ringraziano per la disponibilità le Direzioni e le Aree trattamentali degli Istituti penitenziari romani. In collaborazione con il «Giornalino» (C.C. Femminile di Rebibbia) e il Gruppo Universitario Carcerecultura (C. R. di Rebibbia) illustrazioni di Agostino Iacurci progetto grafico orecchio acerbo editing e realizzazione Periscopio editoria e comunicazione

ROMADENTRO R

Chiuso in stampa Dicembre 2010 c/o Futura grafica 70 s.r.l. N. 3 speciale/2010 Reg. n. 220 del 30/05/08

QUARTA

...

LA

COMUNITÀ

DI

SANT’EGIDIO

ITALIANE

Terza Casa, in altri Istituti laziali e liguri e ci è riferita una diminuzione dei quantitativi un po’ in tutti gli Istituti. I volontari ormai oltre agli indumenti distribuiscono anche zucchero, caffè e sapone. Ci sono famiglie italiane che mantengono in carcere non soltanto i propri figli o congiunti ma anche i loro compagni di cella che famiglia non hanno, italiani o stranieri che siano! A fronte di questa maggiore domanda di salute la riforma è oggi più che mai opportuna. Grazie alla riforma sanitaria, che ha gestito il trasferimento delle competenze sanitarie al Servizio Sanitario Nazionale, sono state immesse nuove figure professionali, è quindi possibile dare una più adeguata risposta nella qualità e nella quantità. In alcuni Istituti è stato avviato uno screening infettivologico sulla popolazione detenuta in ingresso, che ha fatto emergere un quadro preoccupante per il numero di infettati dal virus delle Epatiti B e C, Sifilide, contagio da HIV, TBC e altre malattie infettive sulle quali occorre intervenire. La strategia preventiva richiede risorse, alcune di queste malattie sono ad alto rischio di contagio, come l’Epatite B reattiva, per la quale le terapie antiretrovirali danno una buona risposta terapeutica con l’azzeramento della carica virale. Si constata però che ad oggi molti detenuti infettati non sono arruolati in terapie specifiche. Una delle ragioni di questa mancanza è da attribuire, oltre che all’elevato numero dei casi da seguire, anche al problema dei trasferimenti in altri Istituti Penitenziari e alla difficoltà di garantire la continuità terapeutica. Inoltre nel caso di quella popolazione detenuta risultata negativa al test dell’Epatite B si può realizzare un buon controllo del contagio anche attraverso l’uso del vaccino. Sarebbe più che opportuno avvalersi del tempo della carcerazione per curare tali pazienti e tenere sotto controllo il rischio di contagio, certamente all’interno del carcere, ma anche all’esterno, una volta che queste persone saranno uscite. Anche per la salute del personale sanitario e non operante all’interno del carcere è estremamente importante estendere il più possibile la diagnostica preventiva infettivologica. Ma tutte le patologie andrebbero attentamente indagate, controllate e affrontate dal punto di vista terapeutico in maniera tempestiva (come le patologie a carico dei reni, del cuore, i dismetabolismi di cui tanti soffrono). È fuori da ogni dubbio che sul carcere si scarica una gran mole di problemi di natura sociale e sanitaria che non costituiscono il principale mandato dell’Istituzione Penitenziaria. Anche per questo motivo l’istituzione non è più in grado di essere un luogo di rieducazione e di recupero.