Torino, maggio

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Canfora, «lei mi è apparsa e mi ha detto: “Chiama la polizia, mandala a casa: si de- ve parlare d'infarto”»-«Ho pensato che si riferisse a mia madre, e non l'ho ...
Le inquietanti rivelazioni di una parapsicologa di Torino

HO VISTO MORIRE MIMI’: NON HO POTUTO SALVARLA «Quando ancora nessuno sapeva che Mia Martini era morta», racconta Francesca Canfora, «lei mi è apparsa e mi ha detto: “Chiama la polizia, mandala a casa: si deve parlare d’infarto”»-«Ho pensato che si riferisse a mia madre, e non l’ho aiutata» ----------------------di RITA BRUNO------------------------Torino, maggio ia Martini è morta giovedì 11 maggio, alle 19,47 in punto. Dei suoi ultimi istanti di vita io so tutto. È stata lei stessa a raccontarmeli, dall'aldilà. Mi ha fatto rivedere la scena, come in un film, con le immagini al rallentatore: impressionante. No, non sono una pazza, non sono una visionaria. Sono una parapsicologa, una sensitiva: parlo spesso con i defunti e loro non mentono mai». In un mondo in cui i maghi finti sono più di quelli veri, in una giungla in cui il paranormale nasconde spesso l'imbroglio, di fronte a una rivelazione del genere non si può che restare un po' scettici. Ma chi parla è Giulia Corallo (a secolo, Francesca Canfora): una giovane donna che pensava di farsi suora e invece pare destinata, secondo il parere di molti esperti, a diventare l'erede del grande Gustavo Rol. Conduce trasmissioni, molto seguite, in televisioni private. Si rivolgono a lei, da anni, persone comuni ma anche attori, cantanti, persino magistrati: la consultano per sedute medianiche, ma soprattutto prima di prendere una decisione importante, per non sbagliare. E non sbagliano. Il suo primo contatto (terreno) con Mia Martini risale a molti anni fa. « vivevo ancora a Portorici, in provincia di Messina», racconta. «Mio padre, prima autista di pullman e camion e poi proprietario di un negozio di abbigliamento, era stato rovinato dagli usurai ed era morto per un tumore ai polmoni. Eravamo pieni di debiti. Io mi ero già accorta di avere

«M

“ERAVAMO AMICHE DA 12 ANNI” Torino. Francesca Canfora, 27 anni, la sensitiva che con il nome di Giulia Corallo conduce trasmissioni di successo su Tv private piemontesi: Quando aveva 15 anni scrisse a Mia Martini, e la cantante le rispose immediatamente, mettendola in guardia : «Attenta alla droga, Francesca, è un tunnel senza fine: io ci sono entrata e ho conosciuto la sofferenza, quella vera». «Ho visto le sequenze della sua morte», sostiene oggi la Canfora, «ma già due mesi fa, guardandola in Tv, capii che era condannata perché una vena del collo le si era gonfiata per un attimo a dismisura». (foto Lobera).

doti paranormali: guardavo negli occhi una persona e in quegli occhi leggevo il suo futuro, come in un libro aperto. Ma come molte ragazzine di quattordici o quindici anni, il mio sogno era quello di sfondare nel mondo dello spettacolo con i soldi guadagnati, avrei aiutato mia madre a

saldare i debiti. «Cominciai a scrivere ad attori, cantanti: chiedevo una foto e l'autografo. Ricordo che Al Bano e Romina mi risposero con un foglietto bianco su cui erano disegnati due cuori, una freccetta e Cupido. Mi rivolsi, naturalmente, anche a

Mia Martini. E lei, incredibilmente, mi mandò una lunga lettera, come se mi conoscesse da anni e volesse sfogarsi raccontando a me cose che forse non riusciva a raccontare a nessuno. «C'era scritto, tra l'altro: "Tu credi che le persone del mondo dello

spettacolo, come me, siano perfette: invece per-fetti sono i tuoi quindici anni, cara Francesca. Non devi sciuparli. Attenta alla droga, che è un tunnel senza fine: io ci sono entrata, in quel tunnel, e ho conosciuto la sofferenza, quella vera.

Chi manda in giro foto e dediche è un narciso: io voglio essere ricordata per ciò che dico e ciò che do il mio volto e il mio corpo non sono importanti". «Firmò semplicemente "Mia", con calligrafia piuttosto infantile: e ricordo che la “A” molto

grande, l'aveva trasformata in un pupazzo, disegnando all'interno occhi, naso bocca. Mostrai quella lettera al parroco del paese don Giuseppe Calabrese, che mi disse: "Evidentemente è una donna sola, che ha bisogno di affetto. E si fida di te, anche se non ti conosce"». Dopo aver preso due

diplomi (ragioneria e maturità linguistica), Francesca dieci anni fa si trasferì a Torino, lavorò per un po' come insegnante, poi apri uno studio di parapsicologia e prese il nome di Giulia Corallo. Dice che i suoi spiriti guida sono suo padre, il giudice Falcone ed Enzo Tortora. Ha 27

anni, capelli scuri con riflessi ramati, occhi verdi e uno sguardo a volte dolce, a volte penetrante. «Sapevo», dice piano, come se parlasse a se stessa, «che Mia sarebbe morta presto. L'avevo vista in televisione meno di due mesi fa, nello show Papaveri e papere, con Magalli e Baudo. Si era

voltata verso il maestro Bruno Canfora, si erano scambiati un sorriso. Poi lei aveva ripreso il microfono in mano e una vena, nel collo, le si era gonfiata a dismisura: questione di un attimo, un episodio quasi impercettibile. «Ma in quell'istante ebbi la sensazione, fortis-

sima, che la sua vita stava per finire. Ne rimasi turbata, cambiai velocemente canale, cercai di non pensarci più. Era impossibile: quell'immagine mi perseguitava, era molto più di un presentimento. Ma non avevo il coraggio di cercare Mia, di dirglielo. A che cosa

sarebbe servito? Speravo, con tutte le mie forze, di essermi sbagliata. Macche: la morte improvvisa di Mia, per me, non è stata affatto una sorpresa». Poi le è apparsa tre volte, in sogno. «Ma non è esatto», spiega la parapsicologa, «parlare semplicisticamente di sogni, che spesso hanno poca attinenza con la realtà: sono dei simboli, non sempre facili da interpretare. Quando una persona senza poteri ultrasensoriali si sveglia, i contorni di ciò che ha sognato quasi sempre sono sfumati. Ciò che succede a me è ben diverso: si tratta di torpore, non di sonno vero; e quando riapro gli occhi, rivedo perfettamente quelle scene, come se davvero le avessi vissute. Io non ho cercato lo spirito di Mia Martini: è stata lei a cercare me, a farmi avere i suoi messaggi. E spero che lo faccia di nuovo.

“Sono Domenica e di domenica mi ritroveranno” «La prima volta, sabato 13 maggio: Mia era morta da due giorni, ma nessuno lo sapeva ancora. Mi dice: "Devi chiamare la polizia e mandarla a casa, subito. Si deve parlare di infarto". Proprio così: "Si deve". Io penso a mia madre, che è in Sicilia e quattro anni fa ha avuto grossi problemi di cuore. Faccio e rifaccio il numero più volte, ma la linea è sempre occupata, saprò poi che il telefono era stato attaccato male. Mando qualcuno a vedere. Non è successo niente, per fortuna. Ma chi fosse scettico sulle mie visioni può informarsi se è vero o no che ho fatto controllare mia madre. «Mia mi appare di nuovo, la mattina dopo. È vestita color viola, ha un’espressione serena. Mi dice: “Hai mandato a cercare nel posto sbagliato. Il mio vero nome è Domenica e mi ritroveranno proprio oggi, domenica”. A quel punto so con certezza che Mia Martini è morta. Poche ore dopo, infatti, il suo corpo viene trovato nella palazzina di Cardano al Campo». L'ultima visione (ma sarà davvero l'ultima?) nella notte tra il martedì e

il mercoledì: «Siamo insieme a casa di mia madre, in Sicilia, in giardino: un tavolo tondo, due poltroncine. Lei ha una camicetta bianca, pantaloni e giacca neri, papillon nero. Stiamo sorseggiando una bibita. Mia mi dice: " Adesso ti faccio vedere come sono morta". Si alza, prende una cassetta, la inserisce nel videoregistratore. E vedo un film che nessuno vedrà mai». Si può credere o non credere al paranormale, ma il racconto di Francesca Canfora è impressionante: «Mia è in casa, indossa una felpa grigia. Le cade un orecchino, si china per raccoglierlo. Poi va in bagno: canticchia qualcosa, si profuma. Esce, si ferma davanti a uno specchio e fa un po' di ginnastica. Poi la scena si sposta: Mia è in cucina, incerta se mangiare qualcosa o no. Apre il frigo, sembra che non le piaccia niente, prende uno stuzzichino, richiude. Ora è in camera, si siede sul bordo del letto, accavalla la gamba destra sulla sinistra. Si stende e fa ancora un po' di ginnastica, con le mani dietro la nuca. Si alza, sembra un po' inquieta». E comincia il dramma: «Mia fa qualche passo, sembra che barcolli, si appoggia a una parete, poi torna a fatica verso il letto, si mette una mano sulla fronte e l'altra sul cuscino. Non riesce a mantenere l'equilibrio, forse ha l'impressione che tutto le giri intorno. Poi sembra che si stia riprendendo, ma subito sulla faccia le vedo una smorfia di dolore: è il secondo attacco. «Evidentemente sente un gusto dolciastro in bocca, perché tira fuori la lingua, si accorge che è sangue. Dice, piano: "Dio, aiuto". E ripete una seconda volta la stessa invocazione, ma a voce più alta, con tutto il fiato che le è rimasto. Poi basta. La cassetta è finita, Mia è ancora li, vicino a me, nel giardino. Mi offre un grande bouquet di rose rosse e sparisce». Resta il mistero di quella frase: «Si deve parlare di infarto». Perché «si deve?» Sulla causa della morte di Mia non sembrano esserci dubbi: sul referto dell'autopsia eseguita nell'obitorio di Busto Arsizio c'è scritto che la morte è stata causata da

«insufficienza cardiorespiratoria acuta». Ma il medico legale che l'ha eseguita, Massimo Cristina, ha aggiunto: «Dobbiamo stabilire che cosa l'ha provocata e qual è stata la sua dinamica». È l'ultimo mistero, è l'ultima domanda: ma Giulia Corallo per ora non sa rispondere. Forse risponderà Mia, dall'aldilà: se vorrà, e quando vorrà. RitaBruno

OGGI n° 22 - 31 Maggio 1995